mercoledì 9 luglio 2008

Perché la Chiesa tace?

Immigrati, don Fabbro: «Perché la Chiesa tace?»

UDINE. Lasciato solo dalla Chiesa, nessuno è intervenuto a difendere don Luigi Fabbro, presidente dell'Efa, che aveva dato la disponibilità ad accogliere i rifugiati politici provenienti da Lampedusa. «Quello che mi ha colpito è che né vescovi, né sacerdoti sono intervenuti. Il primo sarebbe dovuto essere il parroco di Aviano, che dovrebbe avere in mano un Vangelo come me». Don Luigi Fabbro, presidente dell'Efa, è amareggiato e non risparmia critiche neppure al clero della Destra Tagliamento per come è finita la vicenda dei rifugiati che sarebbero dovuti arrivare all'hotel Doimo.

Un silenzio, quello del mondo cattolico (il vescovo di Pordenone è in missione in Africa), che lo ha colpito e che ha criticato severamente: «È inutile fare le processioni contro le guerre - ha continuato don Fabbro - e poi quando si tratta di raccogliere i frutti amari delle guerre comportarsi così. Allora le manifestazioni sono carnevalate, smettano di farle». Non ha peli sulla lingua il sacerdote che dice di «parlare chiaro, da uomo, da uomo cristiano e prete». Di fronte a quanto accaduto «mi sono arreso con rabbia e amarezza».

Don Fabbro ha raccontato di aver issato bandiera bianca venerdì pomeriggio: «Ho telefonato io al Viminale - ha assicurato - per dire che mi astenevo dal proseguire. Non sono state né le telefonate di Saro né di altri esponenti politici a fermare il trasferimento dei profughi». L'altroieri, vedendo che la soluzione all'hotel di Aviano risultava sempre più problematica, il presidente dell'Efa ha cercato altre strade: «Per quaranta profughi - ha affermato - avevo trovato una soluzione a Polcenigo, in un albergo che li avrebbe ospitati. Per altri quaranta erano in corso trattative. Poi il sindaco di Aviano ha telefonato alle amministrazioni comunali vicine e allora mi sono arreso».

Una resa che il sacerdote ha definito dolorosa «perché sono tutti rifugiati anche per motivi religiosi» e anche per questo don Fabbro ha detto che avrebbe auspicato una presa di posizione da parte del mondo cattolico pordenonese. Il sacerdote ha chiarito anche che la soluzione Aviano «era provvisoria». Una vicenda chiusa tra proteste e anche insulti per il sacerdote: «Io sono il presidente di un'opera che fa assistenza - ha concluso don Fabbro - e mi pareva fosse naturale aiutare questa gente. Si è parlato anche dei soldi, ma la realtà è che noi ne abbiamo rimessi».

Solidarietà arriva da dieci sacerdoti del Friuli Venezia Giulia, e uno del Veneto, che hanno lanciato un forte messaggio contro ogni forma di razzismo. Nel corso di un incontro, al centro Balducci di Zugliano, hanno ribadito che «in questo clima persecutorio è necessario fare un passo per creare delle coscienze». E per farlo hanno stilato una «lettera aperta a tutta la comunità - ha spiegato don Pierluigi Di Piazza - in cui evidenziamo l'importanza di pronunciarsi. Clandestinità - ha concluso - non è sinonimo di criminalità».

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