Su Adista del 20 dicembre compare una lunga riflessione del gesuita padre Wolfang Seibel svolta all'assemblea di Noi Siamo Chiesa l'otto novembre scorso. Traggo alcuni brevi pensieri.
La prima è del filosofo della religione Eugen Biser, che il 26 giugno 2000 scriveva: "Viviamo
in un periodo che
devo indicare come una fase di abolizione delle conquiste del Concilio Vaticano II. Ciò che il Concilio ci ha donato viene distrutto e ritrattato pezzo per pezzo. Ed una Chiesa che fa questo, che compie questo atto di autodistruzione, non ha più bisogno di nemici, perché è una Chiesa che da sola si rovina e crea le ragioni della sua mancanza di credibilità".
La seconda citazione è dell'esperto di teologia fondamentale Hansiürgen Verweyen, che nel 2007 ha affermato: si può parlare "di un 'momento fatale dell'umanità' (Stefan Zweig) prima del quale i discepoli di Gesù erano ancora addormentati (cfr. Mt 26, 40)".
Si tratta di un'immagine relativamente cupa della situazione attuale della Chiesa. Ma bisogna guardare in faccia la realtà, perché non ha alcun senso farsi illusione. Questa analisi, tuttavia, non può costituire l'ultima parola. La Chiesa non è composta solo dal papa, dalla Curia romana e dai vescovi. Nulla impedisce, laddove la Chiesa sia veramente vitale, cioè alla base, nelle comunità, di richiamarsi alle direttive del Concilio Vaticano II
La peggiore risposta all'attuale corso degli eventi ai vertici della Chiesa sarebbe quella della rassegnazione. Vorrebbe dire semplicemente fare il gioco degli avversari del rinnovamento conciliare. Bisogna, piuttosto, sperare ed agire. Non restare a braccia conserte, non limitarsi a piangere e a lamentarsi, per quanto ve ne sia motivo. È molto più importante fare tutto il possibile perché le iniziative del Concilio non vengano insabbiate, ma diventino parte integrante della vita della Chiesa.