Che è successo tra noi è il nostro corpo da farci diventare come due estranei?
Non pensiamo che a lui, non ci preoccupiamo che di lui. Non abbiamo altro che lui. Eppure non riusciamo più a sentirlo, ad ascoltare in presa diretta la sua fisicità nuda e cruda. Che ci parla chiaro come un libro aperto. Ma noi non siamo più in grado di intendere le sue ragioni che, diceva Nietzsche, sono superiori a qualunque saggezza. E ne affidiamo l’interpretazione a un esercito di specialisti, che fanno da interfaccia tra noi e lui. Dal nutrizionista al naturopata, dall’allergologo allo psicologo, dal chirurgo estetico al personal trainer. Applicazioni in carne e ossa che professionalizzano il rapporto che abbiamo con il nostro corpo. Ma soprattutto lo mediano e lo medicalizzano. E di fatto si interpongono fra lui e noi. Si installano come software normalizzatori nel nostro narcisismo scontento. Nel nostro desiderio di corrispondere a un format ideale, che non sempre è alla nostra portata.
In realtà nel culto contemporaneo dell’immagine, metà estetico metà ascetico, sempre ossessionato dall’inestetismo, dall’inadeguatezza, dalla decadenza, c’è qualcosa di apocalittico, di punitivo. Finiamo per trattare il corpo come un peccatore cui imporre continue penitenze. Col risultato di disconnetterci da noi stessi. Come Narciso che si perde per inseguire la sua immagine.
(Marino Niola, L’Espresso)