Prega, medita, affronta la tentazione.
Ripartiamo dalla Parola, dunque. Ma come? Quali letture del testo biblico consentono alla voce divina di raggiungerci? E quali, invece, le impediscono di risuonare? Sappiamo bene che non si tratta di domande accademiche, riservate ai teologi di professione. Le differenti prese di posizione da parte delle chiese (quelle che così spesso animano le pagine di questo giornale) sorgono da contrastanti approcci al testo biblico. A valle ci si accapiglia su aborto, divorzio, benedizione di coppie omosessuali; ma il problema è a monte e riguarda l’ermeneutica biblica. Con i lettori di questa pagina – più interessati a nutrire il cammino spirituale, che ad interpellare Hermes, il dio dell’interpretazione – vorrei condividere un’intuizione di Lutero che mi ha aiutato a comprendere meglio «come» vada letta la Scrittura. Nel testo, che trovate parzialmente riportato in questa pagina, Lutero propone di leggere il testo biblico seguendo questa scansione: oratio, meditatio, tentatio. Ovvero, perché il testo parli, è necessario pregare, meditare ed essere sottoposti alla tentazione. Lasciamo ad altri la ricostruzione del contesto in cui si situa questa proposta. Limitiamoci ad apprezzarla in termini evocativi, quale suggerimento per chi, nel proprio itinerario spirituale, desidera riprendere il corpo a corpo con la Parola.
Innanzitutto, l’indicazione primaria è quella di pregare, prima ancora di leggere, domandando la luce dello Spirito. Non è questione di mettere a tutti i costi una patina religiosa sull’atto di lettura. Qui è in gioco il riconoscere la differenza di cui è portatrice la Scrittura: essa tratta nientemeno che della vita eterna. Come dire: non è libro da sfogliare per cercare informazioni, per conoscere l’opinione dell’autore a proposito di qualche tema che ci sta a cuore. È Parola rivolta a me, nel segreto della mia stanza, per la mia conversione.
Proprio perché si tratta di una parola altra, differente dalla chiacchiera che ne offende il senso, occorre leggerla e rileggerla. La meditazione è il gesto di chi non si limita ad ingurgitare e digerire ma gusta lentamente, assapora senza fretta quella Parola che richiede tempo.
Infine, Lutero parla della tentazione. Mi sembra una mossa geniale, che dice l’intelligenza spirituale del riformatore. Se la Parola è per la vita, è nella condizione conflittuale propria di ogni esistenza che si potrà sperimentarne la verità. La Scrittura deve essere letta nel segreto di un luogo appartato e silenzioso; ma solo quando, per fedeltà ad essa, ti metterai in gioco sulla scena storica, plurale e dialettica, in mezzo a voci contrastanti, a proposte allettanti (che a volte combattono la fede apertamente, ma perlopiù la blandiscono) potrai dire che c’è stato effettivo ascolto. La Scrittura necessita di tempo per essere «ruminata» a lungo; ma la sua comprensione non è solo una questione di studio approfondito: è nel far fronte alle tentazioni della vita quotidiana che si riconosce chi vi ha prestato ascolto.
La fede tentata
È nella tentazione che si affina la fede. È nel confronto con l’insidioso fascino degli idoli che s’impara a riconoscere il volto del vero Dio e, contemporaneamente, ci si prende cura delle vicende umane, senza fuggire.
Ma solo un cristianesimo umile e non presuntuoso può ascoltare così la Parola. Un cristianesimo che non svende la Parola nei talk show ma la ascolta per convertirsi. Cristiani che ripartono da sé, che ricominciano, con tenacia, dall’ascolto.
Alla frenesia del fare, quasi sempre accompagnata dal lamento perché gli altri non fanno abbastanza, preferiamo coltivare l’arte dell’ascolto. Che è sequela felice ed esigente di quella Voce che sta «in principio» e si fa carne «in mezzo» alla battaglia della vita.
(di Angelo Reginato, Riforma del 14 ottobre)