venerdì 24 febbraio 2012

CURARE I GAY?

 Siccome a Pinerolo Paolo Rigliano presenterà il libro Curare i gay? Sabato 25 febbraio alle ore 21 presso il Salone dei Cavalieri di via Giolitti (in centro della città), ecco la presentazione che ricavo da Delia Vaccarello (L’Unità del 13 febbraio):

 

“Curare i gay? Piuttosto «liberarli». Sono davvero «terapie» le cure per i gay? Per nulla: traducono in termini pseudo scientifici i pregiudizi popolari e nel vano tentativo di modificare l’orientamento sessuale alimentano il disprezzo del paziente verso se stesso e della società verso l’omosessualità, colpendo al cuore la democrazia degli affetti.

A smontare gli assunti dei terapisti «riparativi», mostrandone fragilità e inefficacia e indicando le nuove linee delle terapie affermative, è un testo fresco di stampa dal titolo Curare i gay? (Cortina) scritto da Paolo Rigliano, Jimmy Ciliberto, Federico Ferrari. Un testo scientifico non privo di fervore politico, secondo il quale la questione centrale oggi rispetto all’omosessualità è favorire la liberazione del paziente nell’ottica del diritto di ciascuno di vivere in maniera legittima la propria affettività e del diritto-dovere della società di essere equa e rispettosa.

CHI SONO ALLORA?

L’assunto da cui partono i riparativi è invece la negazione degli omosessuali, i quali semplicemente non esisterebbero. Chi sarebbero allora? «Eterosessuali con problemi di omosessualità». L’unione tra persone dello stesso sesso sarebbe solo un atto sessuale compulsivo, qualcosa di secondario, e quindi una deviazioe da correggere rispetto al vero progetto biologico che vede Natura e volontà divina coincidere. È questo il credo dei fondamentalisti impegnati a trasformare la psicoterapia in una teopsicologia e ad appoggiare il più retrivo conservatorismo.

«L’unione eterosessuale rimane il progetto di Dio per l’Umanità», dice uno degli assertori tesi a parlare soprattutto di omosessualità maschile. Opposto è l’atteggiamento degli autori del testo che, passando al setaccio le terapie riparative, ne mostrano i presupposti di oppressione. Fanno riferimento tra gli altri agli assunti dell’American Psychological Association: non solo dal 1973 a oggi l’omosessualità è considerata una variante normale e positiva dell’orientamento sessuale umano, ma essa non va vista come un elemento isolato, un gusto, qualcosa che si aggiunge, e che si può «togliere». Invece coinvolge l’interezza della persona, a partire dal nucleo centrale fino all’atto sessuale più concreto. L’omosessualità ha pari dignità rispetto all’eterosessualità, ed è anche parimenti preferibile.

Eppure, nata circa venti anni fa in America, l’associazione Narth è capofila di tentativi per modificare l’orientamento sessuale di pazienti afflitti da un sistema sociale e familiare svalutante, le cui sofferenze andrebbero alleviate e che si vedono sottoposti a mortificazioni per raggiungere al massimo l’esito repressivo di limitare qualcuno dei comportamenti.

Dopo aver smontato la tentazione di alcuni terapeuti di promettere impossibili conversioni, il libro indica alla comunità scientifica nuove strade mettendo a nudo la passione civile che lo anima. «L’obiettivo primo del paziente deve essere la sua liberazione». La relazione terapeutica offre al paziente l’occasione per sperimentare la fiducia in sé e nel proprio sentimento d’amore e di erotismo. Questa stessa ottica spinge gli autori a valorizzare nella terapia con le persone omosessuali credenti l’esperienza di molte realtà cristiane di base e le letture alternative del messaggio cristiano che parla di amore, di comunione, e di realizzazione piena di sé nel consorzio umano.

L’obiettivo è quello di costruire con il paziente omosessuale un’apertura «su un orizzonte di valori» di giustizia e di eguaglianza. In ballo c’è per la comunità scientifica la sfida di liberare e sostenere il paziente dentro un orizzonte sociale e politico che tuteli la persona e legittimi la pluralità delle identità sessuali.”