1) Se percorro i documenti del magistero cattolico, in essi trovo a chiare lettere la condanna della esperienza omosessuale, vissuta nella sua pienezza affettiva e sessuale. Non ripeto qui ciò che ho scritto in parecchi miei libri in merito ad un linguaggio della compassione e della misericordia, del rispetto e dell’accoglienza: tale linguaggio tenta inutilmente di coprire la realtà della condanna e suona oggettivamente offensivo ed ipocrita per gli omosessuali.
Nel Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica si legge: “ Sono peccati gravemente contrari alla castità l’adulterio, la masturbazione, la fornicazione, la pornografia, la prostituzione, lo stupro, gli atti omosessuali. Questi peccati sono espressione del vizio della lussuria” (n° 492).
Le affermazioni del “contro natura”, dell’anomalia e dell’intrinseco disordine appartengono, sul piano dell’antropologia e della psicanalisi, all’area del prescientifico e del pregiudizio. Tali affermazioni non hanno quindi nessun supporto dalle scienze umane.
Voglio dire però che oggi la chiesa- popolo di Dio, nelle sue varie articolazioni, si esprime con accenti molto diversi. Esiste una ricerca esegetica, morale (Piana, Chiavacci…) ed ermeneutica che anche in Italia ci ha liberati da questa prigione del tradizionalismo e del pregiudizio. Moltissimi teologi e teologhe considerano da decenni l’omosessualità una realtà del tutto normale. Sono soprattutto milioni di gay e lesbiche credenti che vivono con profonda serenità la loro condizione, esperimentando che tra esperienza cristiana ed esperienza omoaffettiva non esiste alcuna contraddizione. Questa profezia invita tutta la chiesa alla conversione. Senza questa conversione la gerarchia cattolica dovrà pentirsi di un caso più grave del “caso Galileo”. Si tratta di una vera svolta, non di qualche aggiustamento, ritocco o addolcimento pastorale: conversione significa cambiare strada, ritrattare gli errori. Niente di meno.
2) Oggi usare la Bibbia per condannare l’omosessualità costituisce un’operazione ideologica e fondamentalista, in evidente contrasto con tutte le acquisizioni delle scienze bibliche. Il lettore e la lettrice consultino la rivista internazionale di teologia Concilium nel numero 1/2008 su “Le omosessualità” e troveranno quanto venga squalificato questo metodo “citatorio” dei singoli versetti biblici contro o a favore dell’omosessualità. Alla Bibbia vanno poste le domande giuste ( Romer- Bonjour, L’omosessualità nella Bibbia e nell’Antico Vicino Oriente e AA.VV. Bibbia e omosessualità, Ed . Claudiana). La letteratura teologica e biblica al riguardo è immensa e non posso certo qui segnalarla dettagliatamente.
Essa ci porta a riconoscere che “ spesso non ci accorgiamo che ciò di cui parlava la Bibbia e ciò di cui parliamo noi, sono due cose molto diverse, tanto che sono giunto alla conclusione che la Bibbia non offra in pratica nessun insegnamento diretto sull’omosessualità così come noi la intendiamo oggi” ( Jeffrey Siker).
In ogni caso, non possiamo mai prescindere dal contesto storico e culturale in cui la Bibbia venne redatta: “ Occorre ricordare, a mo’ di esempio, che gli autori biblici considerano la schiavitù un dato naturale e non concepiscono l’uguaglianza tra uomo e donna” (Romer-Bonjour pag 130). Cercare ricette nella Bibbia o risposte morali pronte all’uso è un’operazione che espone la stessa Scrittura al ridicolo. Altro è leggere la Bibbia per ascoltarne il messaggio, altro è fare del testo un prontuario moralistico “immobile”.
3)E’ decisiva la prassi di Gesù, parola vivente di Dio per me come uomo che cerca di seguire le sue tracce. La sua è una prassi inclusiva totale. Consiglio la lettura di due Autori al riguardo: Alberto Maggi (Versetti pericolosi, Fazi Editore) e James Alison (Fede oltre il risentimento, Transeuropa- Einaudi).
Con stupore, pieno di gratitudine verso Dio, in questi lunghi cinquant’anni di ministero ho tentato ogni giorno di scoprire l’inclusività amorosa di Dio innamorandomi del Gesù storico. Ho imparato, nell’ascolto delle persone omosessual, a scoprire in loro il dono di Dio e la loro vocazione all’amore. Come ogni vocazione, essa certo deve compiere un cammino di relazione, di stabilità, di fedeltà, di fecondità esistenziale, di testimonianza. La comunità cristiana oggi spesso è così arida perché ha “costretto” l’amore a dirsi entro schemi prestabiliti. Ma gli uomini e le donne che amano hanno rotto gli argini sospinti dal “vento di Dio” che nessun magistero riuscirà ad imbrigliare.
4) Le adozioni costituiscono un punto delicato e controverso sul quale in Italia esiste una letteratura sterminata (Gruppo Arcobaleno, Reti varie, Lingiardi, Lalli, Rigliano….) ed una esperienza in forte crescita. I dati che provengono dalle ricerche internazionali ormai quarantennali confermano che i figli nati o/e cresciuti in famiglie omogenitoriali non evidenziano disagi percentualmente diversi da quelli cresciuti in famiglie eterosessuali. La “garanzia” dell’adozione sta nella stabilità della coppia, nella sua capacità di accudimento amoroso e di buon inserimento nell’ambiente sociale dove si realizzano sanamente e concretamente i processi di identificazione.
In ogni caso, dire che la volontà di “fare famiglia” degli omosessuali e delle lesbiche rappresenti un attentato al matrimonio e alla famiglia eterosessuale, mi sembra una barzelletta. Il concetto di famiglia è antropologicamente plurale perché esiste una pluralità di forme che trova espressione nei millenni. Si pensi anche solo alle ricerche del professor Remoti negli ultimi vent’anni.
5) Quando benedico le nozze omosessuali (o meglio, quando annuncio la benedizione di Dio alle coppie omosessuali, come faccio dal 1978) intendo compiere un atto di ministero ecclesiale che esprime l’amore inclusivo di Dio, reso visibile comunitariamente, pubblicamente. Con gioia registro la partecipazione di tanti bimbi e bimbe di famiglie diverse, accompagnati da nonni, genitori, amici e parenti che ringraziano gli sposi o le spose per questa esperienza di apertura umana ed evangelica.
I testi scolastici e il catechismo dovrebbero, a mio avviso, documentare queste situazioni per educare al superamento della ideologia del modello unico di famiglia.
Ovviamente, la benedizione delle nozze omosessuali nella mia esperienza viene vissuta come un vero e proprio matrimonio e viene preparata con incontri personali e di gruppo per almeno un anno.
Concludendo,non posso tacere una mia constatazione che è accompagnata da un grande dolore e da una immensa fiducia.
Soffro nel vedere che la chiesa gerarchica, in larga misura, allontana molte persone, non solo omosessuali (separati, divorziati, donne, bisessuali, transessuali, preti innamorati, preti gay, teologi e teologhe…) per le sue posizioni antievangeliche e ormai fuori dalla storia. Siccome ho conservato sempre un profondo amore verso la mia chiesa, verso taluni pastori e migliaia di donne e di uomini veramente al seguito di Gesù, questa rigidità dogmatica che difende certezze scadute, mi addolora.
Ma resto estremamente fiducioso. Penso che, per amore delle persone, del Vangelo, della propria coscienza e anche per amore della propria chiesa, sia necessario osare la trasgressione delle norme canoniche e celebrare ogni vero amore come un dono di Dio, da viversi sotto il Suo sorriso, con la Sua benedizione. Per tali motivi, né gli sposi né il sottoscritto sentono la necessità di chiedere permesso alle autorità ecclesiali.
Sono particolarmente contento quando constato che alcuni presbiteri stanno muovendosi nella stessa direzione.
Forse se la chiesa gerarchica imparasse a vedere ed apprezzare le lotte per i diritti che avvengono nella società (vedasi Comune di Milano), la sua “conversione” sarebbe più sollecita.
Don Franco Barbero
Pinerolo, 12 agosto 2012