Sì, è davvero importante avere dei buoni pastori. Lo abbiamo visto in molti casi: una chiesa senza pastori umili, competenti, evangelicamente autorevoli e profetici rischia di diventare una istituzione sacra ed aggressiva oppure di dissolversi in gruppi autoreferenziali.
Ogni comunità cristiana, come vado ripetendo da decenni, deve aver cura di scoprire, riconoscere e anche formare uomini e donne che assumano il servizio della "cura pastorale". Nei miei anni di ministero questa è sempre stata una attenzione particolare. Vedo con gioia che in alcuni gruppi e comunità che ho fondato negli ultimi 40 anni questa "formazione" di pastori è in pieno svolgimento.
Nello stesso tempo è importante, a mio avviso, saper individuare qua e là, nelle varie esperienze ecclesiali, quei pastori e quei profeti che possono diventare per noi dei punti di riferimento. La chiesa popolare delle comunità di base latinoamericane seppe "aggregare", cioè "conquistare" al proprio cammino non pochi presbiteri e teologi che si convertirono al Vangelo della liberazione e, scendendo dai loro palazzi, diventarono pastori dalla parte dei poveri.
Il servizio di cura pastorale e il ministero specifico del pastore possono coniugarsi in modo proficuo con la crescita dei carismi e degli altri ministeri nella vita comunitaria. Ne vede una illuminante testimonianza nella chiesa valdese di Pinerolo, di Torino, di Milano, di Trapani e altre.
La esplicita e riconosciuta presenza del pastore/pastora evita anche il profilarsi di esperienze in cui compare il leader nascosto, che può in realtà essere una presenza che, sotto l'apparente scomparsa del ruolo riconosciuto dalla comunità, costituisce un pericolo per la democrazia e l'illusione di aver superato il ruolo pastorale.