Quello di Lemanski non è l'unico caso di prete espulso come corpo estraneo dal corpo ecclesiale polacco. Riflette un clima ampiamente diffuso di intolleranza nelle gerarchie, caratterizzate da un atteggiamento compatto e frontale, rispetto ad un certo pluralismo insito nel cattolicesimo polacco, accettato e condiviso dalla base, ma anche rispetto a una società civile sempre più laica. Molti i preti che hanno abbandonati il sacerdozio, lasciandosi dietro aspri conflitti. Nel 2011, la congregazione dei marianisti polacca vietò al suo ex superiore generale, p. Tadeusz Boniecki, ogni contatto con i media dopo che questi aveva accusato alcuni vescovi di aver reagito eccessivamente a delle critiche da lui mosse. Nel 2009, un dovente della Facoltà teologica di Poznan, Josef Baniak, venne obbligato a "cancellare" un sondaggio che mostrava come la metà del clero polacco fosse favorevole alla fine del celibato obbligatorio. Ancora più paradossale la vicenda di p. Thomas Weclaeski, docente di Teologia dogmatica e fondamentale, membro della Commissione internazionale di Teologia di Roma, che nel 2007 dovette lasciare la Chiesa e cambiare cognome dopo aver contribuito alle dimissioni forzate di mons. Juliusz Paetz, vescovo di Poznan, accusato di molestie sessuali. Stessa sorte per p. Tadeusz Bartos, domenicano, noto studioso di San Tommaso, colpevole di aver pubblicato una biografia molto critica di Giovanni Paolo II, diventata un best-seller.
Per alcuni membri più illuminati della gerarchia cattolica, questa realtà ha molto a che fare con l'atteggiamento frontale e difensivo della Chiesa sotto il regime comunista. "Noi ci aspettiamo la critica e la affrontiamo", ha detto al National Catholic Reporter mons. Tadeusz Pieronek, già segretario della Conferenza episcopale polacca. "Ma i comportamenti variano quando si deve capire come reagire. Mentre alcuni vescovi accettano che ogni istituzione abbia bisogno di una varietà creativa di voci, altri considerano ogni differenza di opinione come un atto di slealtà e un potenziale scisma". Opinione, questa, da lui espressa già nel 1993: "La Chiesa cattolica polacca manca di apertura al dialogo e ha molta difficoltà ad accogliere idee nuove", aveva detto in un'intervista al quotidiano Zycie Warsawy (v. Adista n. 27/93). E questo accade perché essa vuole restare una forza potente nella società". Vent'anni, evidentemente, non sono serviti a cambiare le cose.
(Ludovica Eugenio, Adista)