domenica 5 aprile 2015

Ovadia: "È la dignità la madre di ogni diritto"

«LA DIGNITÀ non è solo un diritto, semmai è la madre dei diritti. Non si può ignorare quando si discute di una vera democrazia. Eppure in Italia non ne sento molto parlare ». Attore, regista, scrittore, Moni Ovadia sarà oggi a Biennale Democrazia (alle 16 al Teatro Carignano) per parlare di questo principio, introdotto da Paola Bertolone.
Ovadia, lei dice che sono stati i Padri costituenti tedeschi i più avanti in questo campo. Perché?
«Perché solo loro, usciti dal nazismo, sapevano molto bene che senza dignità non si può vivere ma solo sopravvivere. E per questo la misero all'articolo 1 della loro Costituzione, dicendo che era intangibile e che tutti i poteri dello Stato avrebbero dovuto garantire questa intangibilità. Le uniche altre a affermare in modo diverso lo stesso principio sono state le grandi religioni monoteiste, la Bibbia, il Corano, che sanciscono la dignità sia nella lettera sia nelle leggi che ne seguono e che ogni fedele dovrebbe rispettare».
E da noi?
«Non sento discutere a sufficienza di dignità. Prendiamo un tema centrale, il lavoro. Oggi un padrone potrebbe sottoporti a carichi di lavoro insopportabili, minacciare la tua salute, cambiare il tuo orario, argomentando che questi sono i tempi, che occorre prendere o lasciare. Senza sapere che non c'è né crisi economica né compenso in denaro che possa rendere accessibile la dignità di un lavoratore. Una donna che lavora potrebbe essere sottoposta a stalking, licenziata e non reintegrata. Come chiamiamo questo? Ne abbiamo sufficiente coscienza? Non mi pare».
È necessario spiegare la dignità?
«In un certo senso no, come ha scritto benissimo Saramago quando era prigioniero: "Diteci che cos'è un albero perché possiamo sapere che qualche cosa può crescere al di là di queste mura, diteci che cos'è la giustizia affinché possiamo toglierle la benda e mostrale verso chi è stata giusta. Ma non che cos'è la dignità, perché lo sappiamo, ed è quella che ci ha reso liberi anche quando eravamo prigionieri". Non c'è definizione migliore».
La democrazia può sospendere i diritti. O no?
«In molti casi sì. Per esempio, può imprigionare, privandolo della libertà, chi si è reso colpevole di gravi reati. Ma sospendere la dignità è qualcosa che non è nel potere giuridico né politico, neanche quando dall'altra parte c'è il più efferato criminale. Non si può parlare di democrazia effettiva, e soprattutto non si può parlare di una società di giustizia se il principio di una dignità intangibile non acquista la durezza che è necessaria. Né tanto meno si può accettare che essa sia scalfita dalle ragioni dell'economia».
Vera Schiavazzi

(Repubblica 26 marzo)