Julie Hopkins, Verso una teologia femminista, Queriniana ED.pgg.246.
Le riflessioni cristologiche al femminile vengono ripercorse con grande ampiezza e competenza.
E' radicale la rimessa in discussione delle formulazioni di Nicea e Calcedonia, nella consapevolezza che " una cristologia dogmatica universale non è possibile" (pag.24). "Le donne cristiane che formano la spina dorsale delle loro comunità non credono più nelle dottrine cristologiche che odono ogni settimana esposte dal pulpito o liricamente descritte nel loro innario" (pag. 32).
Calcedonia, con la sua formula del vero Dio e vero uomo può essere capita solo come "simbolo esistenziale"pag.97.....dell'incarnazione del divino nella nostra umanità.
La dottrina della Trinità per la nostra Autrice risulta essere un "dogma confuso" (pag.103).
Anche la formula di Calcedonia può essere interpretata intendendo che Gesù era un essere umano veramente guidato da Dio: " Gesù è importante soltanto se era pienamente e unicamente umano. Altrimenti parliamo di qualcosa-qualcuno che non aveva una relazione piena e unicamente umana con Dio, con le sue sorelle e con i suoi fratelli" (C.Heyward, pag.144).
Per l'Autrice la "divinizzazione di Gesù" cominciò quando nella missione i cristiani cercarono di dare espressione al loro senso della salvezza nel mondo greco- romano.
Se il dogma di Calcedonia è sorto in un contesto culturalmente a noi estraneo, è evidente che noi oggi dobbiamo sentirci di formulare comprensioni diverse e usare altri linguaggi. La cristologia deve riscoprirsi plurale e questa prospettiva, con un rinnovato approccio alle Scritture, non può farci paura.
E' evidente che ripetere Nicea e Calcedonia nel Credo domenicale significa oggi pronunciare parole prive di senso. Sarebbe tempo di capire che i secoli non passano invano e i linguaggi non sono pietre.
Franco Barbero