Oliver
Meiler, Süddeutsche Zeitung, Germania
In
una democrazia rappresentativa i grandi cambiamenti vanno decisi in
parlamento, non su internet
La
democrazia diretta è una buona cosa. Più si dà la parola al
popolo, più il sistema è democratico. Almeno in linea di principio.
In Italia esiste un partito, il Movimento 5 stelle, che ha inserito
questo principio nella sua filosofia fondativa in maniera così
radicale da portare a un’estrema conseguenza, cioè rendere
obsolete le istituzioni rappresentative della repubblica italiana.
I
parlamentari? Superflui.
Le aule di camera e senato? Musei.
Affinché
tutto funzioni in modo rapido e semplice, da qualche anno i
cinquestelle hanno lanciato una piattaforma online a cui hanno dato
un nome pomposo e ambizioso: Rousseau. La piattaforma è gestita da
un'azienda privata che non è soggetta ad alcun controllo esterno.
Alla piattaforma sono iscritti (”certificati‟, assicurano i
leader del movimento) 115mila utenti. Oltre al partito e all'azienda
nessuno sa chi siano questi 115mila utenti.
Ma
il 3 settembre gli utenti hanno tenuto gli italiani con il fiato
sospeso fino a sera: sono stati loro, infatti, a decidere se
l'Italia, che è pur sempre un paese del G7, avrebbe ha avuto un
nuovo governo composto dai cinquestelle e dal Partito democratico, di
centrosinistra. L'hanno fatto con un clic. Già subito dopo l'inizio
della votazione il sistema si è bloccato impedendo qualche migliaio
di accessi, e non è la prima volta che durante la votazione su
Rousseau si verificano intoppi di questo tipo.
Gli hacker si
divertono a forzare la piattaforma. Trasparenza? Nessuna.
In
ogni caso, alla fine gli utenti hanno detto sì, e quella dubbia
procedura si è allineata al percorso costituzionale di formazione di
un governo in una democrazia Parlamentare a cui avevano assistito
nelle settimane precedenti. Se gli iscritti a Rousseau avessero
bloccato la formazione del governo presieduto da Giuseppe Conte, si
sarebbe rischiata una catastrofe: una presa in giro del parlamento,
della repubblica, della democrazia.
Tempistica
sbagliata
Viene
da chiedersi, poi, perché il Movimento 5 stelle abbia aspettato che
le contrattazioni con il Partito democratico fossero quasi finite
prima di organizzare la consultazione online. Sarebbe stato più
corretto far votare gli iscritti subito dopo la rottura del patto con
la Lega, in una fase in cui ancora si discuteva delle politiche
future di un possibile nuovo governo. Invece si è aspettato il
momento in cui i parlamentari cinquestelle avevano già dato il loro
assenso a un'alleanza con il centrosinistra e il presidente della
repubblica aveva conferito al premier dimissionario Giuseppe Conte un
nuovo incarico per formare un governo, esattamente come afferma la
costituzione.
Anche
in altri paesi esistono partiti che consultano i loro iscritti sugli
accordi di coalizione, ma non lo fanno su una piattaforma come
Rousseau. È vero che in settant’anni di storia il parlamento ha
già conosciuto sconvolgimenti clamorosi, con tanto di scambi di
poltrone: i 65 governi lo dimostrano in modo quasi grottesco. Ma
finché esistono le regole, devono valere per tutti. In una
democrazia rappresentativa tutti i grandi cambiamenti - compresa la
nascita di un nuovo governo - vanno decisi in parlamento. Sono
questioni su cui si devono pronunciare i parlamentari in quanto
rappresentanti del popolo, non una piccola minoranza con i suoi Clic.
Internazionale
6 settembre 2019