martedì 10 settembre 2019

LA FARSA DEL VOTO ONLINE

Oliver Meiler, Süddeutsche Zeitung, Germania

In una democrazia rappresentativa i grandi cambiamenti vanno decisi in parlamento, non su internet

   La democrazia diretta è una buona cosa. Più si dà la parola al popolo, più il sistema è democratico. Almeno in linea di principio. In Italia esiste un partito, il Movimento 5 stelle, che ha inserito questo principio nella sua filosofia fondativa in maniera così radicale da portare a un’estrema conseguenza, cioè rendere obsolete le istituzioni rappresentative della repubblica italiana. 
I parlamentari? Superflui. 
Le aule di camera e senato? Musei.
   Affinché tutto funzioni in modo rapido e semplice, da qualche anno i cinquestelle hanno lanciato una piattaforma online a cui hanno dato un nome pomposo e ambizioso: Rousseau. La piattaforma è gestita da un'azienda privata che non è soggetta ad alcun controllo esterno. 
Alla piattaforma sono iscritti (”certificati‟, assicurano i leader del movimento) 115mila utenti. Oltre al partito e all'azienda nessuno sa chi siano questi 115mila utenti.
   Ma il 3 settembre gli utenti hanno tenuto gli italiani con il fiato sospeso fino a sera: sono stati loro, infatti, a decidere se l'Italia, che è pur sempre un paese del G7, avrebbe ha avuto un nuovo governo composto dai cinquestelle e dal Partito democratico, di centrosinistra. L'hanno fatto con un clic. Già subito dopo l'inizio della votazione il sistema si è bloccato impedendo qualche migliaio di accessi, e non è la prima volta che durante la votazione su Rousseau si verificano intoppi di questo tipo. 
Gli hacker si divertono a forzare la piattaforma. Trasparenza? Nessuna.
  In ogni caso, alla fine gli utenti hanno detto sì, e quella dubbia procedura si è allineata al percorso costituzionale di formazione di un governo in una democrazia Parlamentare a cui avevano assistito nelle settimane precedenti. Se gli iscritti a Rousseau avessero bloccato la formazione del governo presieduto da Giuseppe Conte, si sarebbe rischiata una catastrofe: una presa in giro del parlamento, della repubblica, della democrazia.

Tempistica sbagliata
Viene da chiedersi, poi, perché il Movimento 5 stelle abbia aspettato che le contrattazioni con il Partito democratico fossero quasi finite prima di organizzare la consultazione online. Sarebbe stato più corretto far votare gli iscritti subito dopo la rottura del patto con la Lega, in una fase in cui ancora si discuteva delle politiche future di un possibile nuovo governo. Invece si è aspettato il momento in cui i parlamentari cinquestelle avevano già dato il loro assenso a un'alleanza con il centrosinistra e il presidente della repubblica aveva conferito al premier dimissionario Giuseppe Conte un nuovo incarico per formare un governo, esattamente come afferma la costituzione.
   Anche in altri paesi esistono partiti che consultano i loro iscritti sugli accordi di coalizione, ma non lo fanno su una piattaforma come Rousseau. È vero che in settant’anni di storia il parlamento ha già conosciuto sconvolgimenti clamorosi, con tanto di scambi di poltrone: i 65 governi lo dimostrano in modo quasi grottesco. Ma finché esistono le regole, devono valere per tutti. In una democrazia rappresentativa tutti i grandi cambiamenti - compresa la nascita di un nuovo governo - vanno decisi in parlamento. Sono questioni su cui si devono pronunciare i parlamentari in quanto rappresentanti del popolo, non una piccola minoranza con i suoi Clic.
Internazionale 6 settembre 2019