Ancora
“Figlio di Dio”
“Già
nell’Antico Testamento il popolo di Dio veniva detto “figlio di
Dio”, ma era chiamato così soprattutto il re di Israele, che
all’atto dell’intronizzazione veniva proclamato “figlio di
Jahvé”.
Ora questo epiteto viene applicato a Gesù: mediante la
risurrezione e la glorificazione egli, Gesù di Nazareth, viene
“costituito Figlio di Dio”, secondo l’espressione desunta da un
salmo.
Qui indubbiamente non si allude alla generazione, ma soltanto
alla posizione giuridica di prestigio di Gesù, non quindi a una
figliazione fisica, come nel caso dei figli degli dèi e degli eroi
pagani, ma ad una elezione ed investitura da parte di Dio. Più di
altri nomi, quello di “Figlio di Dio” doveva chiarire agli uomini
di quel tempo quanto strettamente l’uomo Gesù appartenesse a Dio,
quale rilievo avesse la sua posizione al fianco di Dio; non più
nella comunità, nel mondo, ma ora di fronte alla comunità e al
mondo, subordinato soltanto al Padre e a nessun altro” (H. Kung, 24
Tesi sul problema di Dio, pag. 133).
“In
questo riferimento a Dio e completa dimenticanza di sé, a quel Dio
che Gesù chiamava suo Creatore e Padre, sta la definizione, cioè
l’autentico significato di Gesù” (Ed. Schillebeeckx, La
questione cristologica. Un bilancio, Queriniana, Brescia 1980, pag.
161).