lunedì 20 gennaio 2020

"CAROLA RACKETE NON ANDAVA ARRESTATA"

L’ira del leader leghista
Dice di non temere il venerdì 17, ma da quando ha messo piede in Calabria riceve solo brutte notizie Matteo Salvini.
 E se i fischi di giovedì sera a Lamezia Terme gli hanno reso amaro l'arrivo, già rabbuiato dal no della Consulta al referendum sulla legge elettorale, a guastare definitivamente la trasferta calabrese al leader della Lega è stata la decisione della Cassazione sull'arresto di Carola Rackete. 
Per la Suprema Corte, la comandante della Sea Watch non doveva finire in manette. Nella notte fra il 28 e il 29 giugno, quando ha deciso di ignorare l'alt della Finanza ed entrare nel porto di Lampedusa per far sbarcare i migranti soccorsi e da venti giorni in attesa di un ‟porto sicuro”, ha solo adempiuto al dovere di portarti in salvo. 
Una notizia che sorprende Salvini quando sta per andare via da Catanzaro, ma è a Riace che si sfoga. Nell'ex paese dell'accoglienza, oggetto dei suoi strali quando a governarlo era Mimmo Lucano e fra gli scalpi più pregiati delle amministrative che hanno regalato la vittoria ad una lista a trazione leghista, il leader del Carroccio arriva furibondo. «È incredibile l'ingiustizia in Italia. Per qualche giudice una signorina tedesca che ha rischiato di uccidere 5 militari italiani non merita la galera» sbotta, appena messo piede in piazza.
 Non c'è molta gente, codazzo elettorale incluso saranno sì e no 250 persone. Salvini mette su il sorriso migliore e sul palco si conforta «sono contento. Oggi è un giorno lavorativo, magari qualcuno di voi ha dovuto chiedere un permesso per essere qui» dice. Ma è livido, si vede. Sa che in Giunta per il regolamento al Senato è in corso la battaglia per posticipare il più possibile il voto sull’autorizzazione a procedere nei suoi confronti per il blocco della nave Gregoretti. 
Ed è cosciente che, per quanto i suoi possano tentare di rinviare «probabilmente lunedì voteranno per mandarmi a processo» E la cosa non gli va giù. «Vogliono processare il ministro che ha difeso i confini del suo Paese e bloccato gli sbarchi. Questa non è giustizia, è una vergogna. Mi mandi a processo, ma ci sarà bisogno di un tribunale molto grande perché la stragrande maggioranza degli italiani sarà con me» grida alla folla. I cavalli di battaglia - ospedali da riaprire, statale 106 da sistemare, infrastrutture mancanti e agricoltura da tutelare - vengono snocciolati in pochi minuti. 
È sull'immigrazione che Salvini si vuole concentrare. A Riace, l'ex Ministro dell'Interno torna ai temi a lui cari quando stava il Viminale, prima di mandare il governo a gambe all'aria dal Papeete. «Prima i calabresi e gli italiani e poi il resto del mondo», gli strali contro «la sinistra che accoglie perché ci guadagna un sacco di quattrini», la promessa che «quando andrò al governo, bloccherò gli sbarchi di migranti e chiuderò i porti perché in Calabria vogliamo i turisti che pagano, non quelli che sono pagati». I pochi in piazza applaudono, ma su al borgo la Riace dell'accoglienza, insieme all’ex sindaco Mimmo Lucano, continua a presidiare il paese. «Pensavano di cancellarci con le amministrative, ma qui - dice soddisfatto Lucano - c'è un focolaio resistente».

Alessia Candito, la Repubblica 18 gennaio