Ai democratici mancano i voti, l’assoluzione di Trump è certa
Il Manifesto
01.02.2020
Marina Catucci
Il
destino del processo di impeachment di Trump pare essere segnato e la
sua assoluzione certa. A deciderne l’esito sono stati il senatore Lamar
Alexander, visto come il voto decisivo sull’opportunità di sentire nuovi
testimoni, e la senatrice Lisa Murkowski, in bilico fino all’ultimo. Ai
democratici sarebbero serviti quattro voti del Gop per convocare nuovi
testimoni, tra cui John Bolton, ma questi voti non ci sono.
L’ex
capo della sicurezza nazionale sarebbe stato un testimone importante:
avrebbe sentito in prima persona Trump riferirsi a quello con l’Ucraina
come a uno scambio per agevolare la sua campagna elettorale, screditando
Biden.
Murkowski
ha così giustificato la propria decisione: «Non ci sarà un processo equo
in Senato. Non credo che il proseguimento di questo processo cambierà
nulla. È triste per me ammettere che, come istituzione, il Congresso ha
fallito».
Per
Alexander, invece, «non sono necessarie ulteriori prove per dimostrare
qualcosa che è già stata dimostrata e che non soddisfa la definizione
costituzionale di “offesa incommensurabile”». Come a dire: anche se
abuso di potere c’è stato, non è questa gran cosa.
I
democratici hanno risposto cercando di rilanciare il processo, anche se
con poche speranze. La portavoce dem alla Camera, Nancy Pelosi, ha
affermato che se il Senato si rifiuterà di chiamare nuovi testimoni,
l’assoluzione non sarà legittima.
Il
capo della Commissione di Intelligence Adam Schiff ha cercato di
confutare l’idea che nuove testimonianze prolungherebbero troppo il
processo e ha suggerito di limitare le deposizioni a una settimana, come
accaduto per il processo di impeachment di Clinton.
Per
assicurarsi il voto Mitch McConnell, leader della maggioranza rep al
Senato, nei giorni scorsi ha sottoposto i repubblicani riottosi al
cosiddetto «tattamento», vale a dire un’opera di persuasione capillare e
martellante, durante incontri personali in cui ha spiegato ai senatori
che votare per la convocazione di nuovi testimoni sarebbe contro il loro
interesse personale, rovinerebbe il partito e costituirebbe un
precedente pericoloso.
La
senatrice Collins, che con Romney, Murkowski e Alexander formava il
quartetto necessario ai democratici, mercoledì è rimasta a colloquio con
McConnell per cinque ore. Collins, come Romney, ha deciso di votare a
favore delle nuove testimonianze, ma anche se Murkowski si fosse unita a
loro, i democratici non avrebbero avuto i voti di cui hanno bisogno: un
pareggio del 50-50 in un processo di impeachment significa che la
mozione fallisce.
Il
giudice supremo John Roberts potrebbe decidere di rompere questa prassi
(le regole dell’impeachment sono vaghe e ci sono alcuni precedenti) ma è
improbabile che lo faccia. Dopo quattro ore di dibattito sulla
questione dei testimoni nel tardo pomeriggio/sera (troppo tardi per noi)
il Senato voterà per gli articoli di impeachment.
Secondo
i media Usa, il voto finale per scagionare The Donald potrebbe essere
rinviato a mercoledì, dopo i caucus democratici dell’Iowa e il discorso
del presidente su lo stato dell’Unione.