La
Quaresima non è tempo di mortificazioni, ma di vivificazioni
p.
Alberto MAGGI
Con
il mercoledì
delle ceneri è
iniziata la Quaresima. Per
comprendere il significato di questo periodo occorre esaminare la
diversa liturgia pre e post-conciliare.
Prima
della riforma liturgica, l’imposizione delle ceneri era
accompagnata dalle lugubri parole “Ricordati
che sei polvere e in polvere ritornerai”,
secondo la maledizione del Signore all’uomo peccatore contenuta nel
Libro della Genesi (Gen 3,19). E con
questo funereo monito, nel quale è completamente assente la novità
dell’annuncio evangelico, iniziava un periodo caratterizzato da
penitenze e digiuni,
da rinunzie e sacrifici, e dalle mortificazioni, più orientato verso
il Venerdì santo che alla Pasqua di Risurrezione.
Oggi
l’imposizione delle ceneri è accompagnata dall’invito di
Gesù “Convertitevi
e credete al vangelo” (Mc
1,15). Le prime parole pronunciate dal Cristo secondo il Vangelo di
Marco, sono un invito al cambiamento, in un continuo processo di
rinnovamento che deve essere il motore della vita del credente.
E credere
al vangelo significa orientare la propria esistenza al bene
dell’altro.
L’uomo
non è polvere, e non tornerà polvere, ma è figlio di Dio, e per
questo ha una vita di una qualità tale che è chiamata eterna, non
tanto per la durata, indefinita, ma per la qualità, indistruttibile,
capace di superare la morte, come Gesù ha assicurato: “Se
uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte”; “Chiunque
vive e crede in me, non morirà mai” (Gv
8,51; 11,25).
In
queste due diverse impostazioni teologiche sta il significato della
Quaresima. Mai
Gesù ha invitato a fare penitenza, a mortificarsi, vocaboli assenti
nel suo insegnamento, e tanto meno a fare sacrifici. Anzi,
ha detto esattamente il contrario: “Misericordia
io voglio e non sacrifici” (Mt
9,13; 12,7). Ciò che Dio chiede non è un culto verso lui
(sacrificio),
ma l’amore verso gli altri (misericordia).
I sacrifici e le penitenze centrano l’uomo su se stesso, sulla
propria perfezione spirituale, e nulla può essere più pericoloso e
letale di questo ingannevole atteggiamento, che illude la persona di
avvicinarsi a Dio quando in realtà serve solo ad allontanarla dagli
uomini. Paolo di Tarso, che in quanto fanatico fariseo era un
convinto assertore di tutte queste devote pratiche, una volta
conosciuto Gesù, arriverà a scrivere nella Lettera ai Colossesi che
tali atteggiamenti “in
realtà non hanno alcun valore se non quello di soddisfare la
carne” (Col
2,23), e per questo non esita a definirli “spazzatura” (Fil
3,8).
La
Quaresima pertanto non è tempo di mortificazioni, ma di
vivificazioni.
Per questo l’azione di Gesù non è quella di abbattere l’albero
che non porta frutto, ma di concimarlo per dargli nuovo vigore (Lc
13,8), perché lui non è venuto a spezzare la canna incrinata o a
spegnere la fiamma smorta (Mt 12,20), ma a liberare nell’uomo le
energie d’amore che sono sopite e fargli scoprire forme inedite,
originali e creative di perdono, di generosità e di servizio, che
innalzano la qualità del proprio amore per metterlo in sintonia con
quello del Vivente, e così sperimentare la Pasqua non solo come
pienezza della vita del Risorto ma anche della propria. Così, come i
contadini sul finire dell’inverno distribuivano sul terreno le
ceneri accumulate nel tempo freddo per dare nuovo vigore alla terra,
la Parola del Signore è capace di infondere nuove energie agli
uomini.