L'aiuto ai migranti irregolari rimane un reato in Svizzera
Claudio Geymonat da RIFORMA 13/3
Aiutare
i migranti rimane un crimine in Svizzera. Il 4 marzo il Consiglio
nazionale elvetico ha votato contro (102 voti contro 89) la proposta di
modifica dell’articolo 116 della legge federale sugli stranieri avanzata
da Lisa Mazzone, parlamentare del Partito ecologista svizzero.
L’articolo
attualmente recita: «è punito con una pena detentiva sino a un anno o
con una pena pecuniaria chiunque soggiorna in Svizzera o all’estero,
facilita o aiuta a preparare l’entrata, la partenza o il soggiorno
illegali di uno straniero»; l’iniziativa chiedeva di aggiungere un comma
per evidenziare la non punibilità di coloro che aiutano i migranti
privi di documenti per «motivi onorevoli».
Nelle
motivazioni della richiesta di modifica, il testo della senatrice
Mazzone recita fra l’altro che «Nel 2017 si contano in Svizzera 1175
condannati per incitazione all'entrata, alla partenza o al soggiorno
illegali di uno straniero. Per ammissione dello stesso legislatore,
l'articolo 116 mirava inizialmente a combattere la criminalità operata
dai passatori. La legge federale concernente la dimora e il domicilio
conteneva infatti una disposizione secondo la quale prestare aiuto non
era punibile in certe situazioni se i motivi erano onorevoli. Questa
disposizione è scomparsa nel 2008 quando la legge federale è stata
sostituita dalla nuova norma.
Pertanto,
nel suo tenore attuale, l'articolo 116 incoraggia la non assistenza e
provoca la criminalizzazione in Svizzera di persone che agiscono per
motivi puramente umanitari. Questa criminalizzazione è contraria al
diritto internazionale, il quale esige dagli Stati che proteggano le
persone o le associazioni attive nella protezione dei diritti umani.
Secondo il protocollo addizionale contro la criminalità organizzata
transnazionale per combattere il traffico di migranti, entrato in vigore
nel 2006, deve essere perseguito penalmente chiunque tragga un
vantaggio finanziario o materiale dal traffico di migranti ma non un
membro della famiglia o di gruppi non statali o religiosi che aiutano i
migranti a entrare in uno Stato in modo illegale per ragioni umanitarie o
a scopo non lucrativo.
In
diversi Paesi europei vigono disposizioni legali che proteggono le
persone che favoriscono l'entrata, il soggiorno o la partenza illegali
di stranieri se lo fanno per motivi umanitari o senza scopo di lucro. In
Francia il Consiglio costituzionale, competente per verificare la
conformità delle leggi alla Costituzione, ha affermato all'inizio di
luglio 2019 che un aiuto disinteressato al soggiorno irregolare di
stranieri non può essere considerato illegale e ha invitato dunque il
legislatore a modificare talune leggi. Anche in Svizzera l'articolo 116
deve essere modificato per non criminalizzare più le persone che
prestano aiuto se l'atto è disinteressato e queste persone non ne
traggono alcun profitto personale».
Come riporta il sito swissinfo.ch
«la Svizzera è particolarmente severa con le persone che aiutano i
migranti privi di documenti, come rivela un’indagine condotta da Amnesty
International in otto paesi europei (Svizzera, Croazia, Francia, Gran
Bretagna, Grecia, Spagna, Italia, Malta). Nel 2018 972 persone sono
state per aver violato l'articolo 116 della legge sugli stranieri.
La
stragrande maggioranza di queste condanne non concernevano passeur o
trafficanti di esseri umani (32 casi sono stati considerati
"aggravati"), ma cittadini che avevano prestato aiuto per pura
solidarietà. Amnesty fa l'esempio di Anni Lanz, punita per aver
riportato in Svizzera dall'Italia un richiedente l’asilo malato,
costretto a dormire per strada. O di Valérie, una richiedente l’asilo
che ha accolto un amico in situazione irregolare e a cui è stata
inflitta una multa e l'iscrizione nel suo casellario giudiziale».
Tra
le vittime di questa legge c’è anche il pastore Norbert Valley, che fra
un paio di settimane affronterà l’udienza al tribunale di Neuchâtel, a
cui ha fatto ricorso dopo la condanna nel 2018 per avere «favorito il
soggiorno illegale di un cittadino togolese offrendogli in più occasioni
vitto e alloggio». Valley aveva prestato assistenza a un membro della
comunità cui era appena stata respinta la domanda di asilo, e che quindi
si trovava in una situazione molto difficile, e si è dichiarato
disposto ad appellarsi fino alla Corte europea dei diritti umani.
A
partire dalla condanna del pastore, la società civile e la politica si
sono mobilitate per abrogare l’articolo 116. Con esiti nefasti come
abbiamo visto.