venerdì 20 marzo 2020

UNA RICERCA AFFASCINANTE

Il significato della morte di Gesù
Carissimo don Franco,
Ci siamo lasciati nell'ultimo incontro al corso biblico di Torino con l'intesa che la prossima volta avresti presentato, partendo da Patterson, il tema del significato della morte di Gesù. Poi è successo l'imprevedibile e siamo stati bloccati, ma le letture continuano ed ho trovato nell'ultimo numero di “Annali di storia dell'esegesi”, il n. 36/2 del 2019, un bellissimo intervento di Adriana Destro e Mauro Pesce che puntualizza, secondo me, in modo chiaro come mai è stato fatto, i termini della questione. Provo a fare una breve sintesi.
La tesi di fondo dei due autori è che Gesù fu condannato e ucciso dai Romani perché, ai loro occhi, rappresentava un pericolo per l'ordine pubblico, a causa di quello che aveva detto nella sua predicazione e per gli atti che aveva compiuto. Non fu ucciso per essere entrato in conflitto con la teologia giudaica, né per aver cercato la morte come strumento di salvezza per l'umanità.
Per giungere a questa conclusione gli autori esaminano i contenuti della predicazione di Gesù e alcuni suoi atti significativi come risultano dalle testimonianze dei vangeli storicamente credibili secondo l'esegesi più avanzata.
Il centro della predicazione di Gesù è stato l'annuncio del Regno di Dio, con il quale nell'immaginario ebraico del tempo si evocava la visione descritta dal capitolo 7 del libro di Daniele di un “figlio dell'uomo” ad opera del quale Dio instaurerà un regno finale della storia umana che metterà fine ai regni terreni. Il Regno di Dio predicato da Gesù corrisponde al quinto regno del libro di Daniele, regno terreno in cui sarà finalmente instaurata la giustizia e nel quale tutti i popoli del mondo si uniranno ad Israele convertendosi al vero Dio, il Dio di Israele.
Tuttavia l'azione di Gesù non era propriamente politica. Egli pensava che l'avvento del regno sarebbe stata opera di Dio e non di un'azione umana. Egli si propone di preparare questo avvento attraverso una radicale conversione degli individui tale da creare nuove relazioni sociali. Egli non si poneva l'obiettivo di rovesciare il potere romano; tuttavia predicando e operando per un cambiamento nei rapporti sociali e annunciando un imminente giudizio contro le ingiustizie poteva indurre le autorità sia giudaiche che romane nella convinzione di essere un pericoloso agente politico.
Questa convinzione appare verosimile se si esaminano i contenuti della predicazione di Gesù: in primo luogo, le parole di Gesù secondo le quali non si può servire Dio e mammona sono una presa di posizione forte contro il potere ingiusto dei ricchi che coinvolge un'intera classe sociale e fa presagire un rivolgimento della situazione di ingiustizia. In secondo luogo, Gesù richiese ai seguaci che lo seguivano una scelta radicale di abbandono della famiglia e di vita itinerante; anche a chi rimaneva sedentario chiedeva di condividere le ricchezze creando conflitti anche aspri nelle famiglie e nei gruppi sociali. In conclusione, anche se Gesù non operava come un agente politico, la sua predicazione toccava le condizioni primarie di vita ed i bisogni reali e materiali delle persone.
Gli autori esaminano poi alcuni episodi della vita di Gesù che poterono indurre le autorità a considerarlo un sovversivo: 1) la cacciata dei mercanti dal Tempio è un atto contro un luogo pubblico e sacro che creò grande scompiglio e disturbo e che non poteva passare inosservato alle autorità giudaiche. 2) la entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme, accolto dalla folla come “re dei Giudei” può aver avuto un impatto sociale sulla attribuzione a Gesù della funzione messianica di annunciatore del Regno di Dio.
Le autorità giudaiche, che erano subordinate all'autorità romana e in quanto tali erano tenute a garantire l'ordine pubblico, temevano una repressione da parte dei romani nel caso di movimenti sovversivi della folla dei seguaci di Gesù. Ciò risulta chiaramente da un passo del Vangelo di Giovanni: (11, 47 e sgg.). Inoltre, nei racconti della passione è possibile individuare un elemento di convergenza, al di là delle numerose discrepanze, nel fatto che l'accusa da parte delle autorità giudaiche presentata a Pilato contro Gesù era quella di essersi proclamato “re dei Giudei”, l'unica accusa, di natura politica, che abbia una certa attendibilità storica.
Gesù non voleva morire perché era in attesa dell'arrivo imminente del regno di Dio. Sono stati i suoi seguaci che, per superare la tremenda delusione della sua morte, hanno trovato la spiegazione che Gesù stesso aveva annunciato la sua morte. Sia Marco che Giovanni attribuiscono a Gesù la predizione della sua morte in modo da presentarla non come un fallimento, ma come un piano divino, annunciato dalle sacre Scritture. Ma l'esame dettagliato dei testi induce l'esegesi ad arguire che questa spiegazione sia dei discepoli dopo la morte e non corrisponda ad una reale predizione di Gesù. Certamente è possibile che Gesù avesse previsto la possibilità di essere ucciso, dopo quanto era accaduto a Giovanni Battista, data l'ostilità incontrata con le autorità ed anche in riferimento all'immaginario escatologico giudaico relativo alla sofferenza e alle tribolazioni che accompagnavano i profeti; ma questo non significa che la sua morte fosse il risultato di un piano divino predisposto per la salvezza dell'umanità.
Questo modo di vedere è abbastanza simile a quello di Stephen G. Patterson, per il quale Gesù è stato condannato dai romani con l'accusa di sedizione politica per aver predicato un Impero alternativo e criticato e forse agito contro il Tempio istituzione politico religiosa. La stessa posizione è di John D. Crossan, organizzatore del Jesus Seminar negli anni 80-90 in ambiente protestante americano. La posizione di questo gruppo si differenzia però per la convinzione che Gesù non fosse un profeta apocalittico che annunciava un imminente intervento violento di Dio per sconfiggere i suoi e i nostri nemici. Al contrario, secondo questa interpretazione, il messaggio di Gesù dice che l'Impero di Dio si costruisce oggi con le azioni quotidiane di vivere con fedeltà verso Dio; la dimensione apocalittica apparterrebbe non a Gesù ma agli evangelisti (in particolare Marco) e sarebbe stata determinata dalle tragiche vicende storiche della guerra giudaica che si concluse con la distruzione di Gerusalemme.
Nella visione di Destro e Pesce mi sembra si sottolinei invece l'aspetto apocalittico della predicazione di Gesù, che annunciava l'imminenza della venuta del regno e quindi insisteva sull'urgenza della conversione per essere preparati ad essa.
 Guido Allice