Il
significato
della morte di Gesù
Carissimo don Franco,
Ci
siamo lasciati nell'ultimo incontro al corso biblico di Torino con
l'intesa che la prossima volta avresti presentato, partendo da
Patterson, il tema del significato della morte di Gesù. Poi è
successo l'imprevedibile e siamo stati bloccati, ma le letture
continuano ed ho trovato nell'ultimo numero di “Annali di storia
dell'esegesi”, il n. 36/2 del 2019, un bellissimo intervento di
Adriana Destro e Mauro Pesce che puntualizza, secondo me, in modo
chiaro come mai è stato fatto, i termini della questione. Provo a
fare una breve sintesi.
La
tesi di fondo dei due autori è che Gesù fu condannato e ucciso dai
Romani perché, ai loro occhi, rappresentava un pericolo per l'ordine
pubblico, a causa di quello che aveva detto nella sua predicazione e
per gli atti che aveva compiuto. Non fu ucciso per essere entrato in
conflitto con la teologia giudaica, né per aver cercato la morte
come strumento di salvezza per l'umanità.
Per
giungere a questa conclusione gli autori esaminano i contenuti della
predicazione di Gesù e alcuni suoi atti significativi
come risultano dalle testimonianze dei vangeli storicamente
credibili secondo l'esegesi più avanzata.
Il centro della predicazione di Gesù è
stato l'annuncio del Regno di Dio, con il quale nell'immaginario
ebraico del tempo si evocava la visione descritta dal capitolo 7 del
libro di Daniele di un “figlio dell'uomo” ad opera del quale Dio
instaurerà un regno finale della storia umana che metterà fine ai
regni terreni. Il Regno di Dio predicato da Gesù corrisponde al
quinto regno del libro di Daniele, regno terreno in cui sarà
finalmente instaurata la giustizia e nel quale tutti i popoli del
mondo si uniranno ad Israele convertendosi al vero Dio, il Dio di
Israele.
Tuttavia l'azione di Gesù non era
propriamente politica. Egli pensava che l'avvento del regno sarebbe
stata opera di Dio e non di un'azione umana. Egli si propone di
preparare questo avvento attraverso una radicale conversione degli
individui tale da creare nuove relazioni sociali. Egli non si poneva
l'obiettivo di rovesciare il potere romano; tuttavia predicando e
operando per un cambiamento nei rapporti sociali e annunciando un
imminente giudizio contro le ingiustizie poteva indurre le autorità
sia giudaiche che romane nella convinzione di essere un pericoloso
agente politico.
Questa convinzione appare verosimile se
si esaminano i contenuti della predicazione di Gesù: in primo luogo,
le parole di Gesù secondo le quali non si può servire Dio e mammona
sono una presa di posizione forte contro il potere ingiusto dei
ricchi che coinvolge un'intera classe sociale e fa presagire un
rivolgimento della situazione di ingiustizia. In secondo luogo, Gesù
richiese ai seguaci che lo seguivano una scelta radicale di
abbandono della famiglia e di vita itinerante; anche a chi rimaneva
sedentario chiedeva di condividere le ricchezze creando conflitti
anche aspri nelle famiglie e nei gruppi sociali. In conclusione,
anche se Gesù non operava come un agente politico, la sua
predicazione toccava le condizioni primarie di vita ed i bisogni
reali e materiali delle persone.
Gli autori esaminano poi alcuni episodi
della vita di Gesù che poterono indurre le autorità a considerarlo
un sovversivo: 1) la cacciata dei mercanti dal Tempio è un atto
contro un luogo pubblico e sacro che creò grande scompiglio e
disturbo e che non poteva passare inosservato alle autorità
giudaiche. 2) la entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme, accolto
dalla folla come “re dei Giudei” può aver avuto un impatto
sociale sulla attribuzione a Gesù della funzione messianica di
annunciatore del Regno di Dio.
Le autorità giudaiche, che erano
subordinate all'autorità romana e in quanto tali erano tenute a
garantire l'ordine pubblico, temevano una repressione da parte dei
romani nel caso di movimenti sovversivi della folla dei seguaci di
Gesù. Ciò risulta chiaramente da un passo del Vangelo di Giovanni:
(11, 47 e sgg.). Inoltre, nei racconti della passione è possibile
individuare un elemento di convergenza, al di là delle numerose
discrepanze, nel fatto che l'accusa da parte delle autorità
giudaiche presentata a Pilato contro Gesù era quella di essersi
proclamato “re dei Giudei”, l'unica accusa, di natura politica,
che abbia una certa attendibilità storica.
Gesù non voleva morire perché era in
attesa dell'arrivo imminente del regno di Dio. Sono stati i suoi
seguaci che, per superare la tremenda delusione della sua morte,
hanno trovato la spiegazione che Gesù stesso aveva annunciato la sua
morte. Sia Marco che Giovanni attribuiscono a Gesù la predizione
della sua morte in modo da presentarla non come un fallimento, ma
come un piano divino, annunciato dalle sacre Scritture. Ma l'esame
dettagliato dei testi induce l'esegesi ad arguire che questa
spiegazione sia dei discepoli dopo la morte e non corrisponda ad una
reale predizione di Gesù. Certamente è possibile che Gesù avesse
previsto la possibilità di essere ucciso, dopo quanto era accaduto a
Giovanni Battista, data l'ostilità incontrata con le autorità ed
anche in riferimento all'immaginario escatologico giudaico relativo
alla sofferenza e alle tribolazioni che accompagnavano i profeti; ma
questo non significa che la sua morte fosse il risultato di un piano
divino predisposto per la salvezza dell'umanità.
Questo
modo di vedere è abbastanza simile a quello di Stephen G. Patterson,
per il quale Gesù è stato condannato dai romani con l'accusa di
sedizione politica per aver predicato un Impero alternativo e
criticato e forse agito contro il Tempio istituzione politico
religiosa. La stessa posizione è di John D. Crossan,
organizzatore del Jesus Seminar negli anni 80-90 in ambiente
protestante americano. La posizione di questo gruppo si differenzia
però per la convinzione che Gesù non fosse un profeta apocalittico
che annunciava un imminente intervento violento di Dio per
sconfiggere i suoi e i nostri nemici. Al contrario, secondo questa
interpretazione, il messaggio di Gesù dice che l'Impero di Dio si
costruisce oggi con le azioni quotidiane di vivere con fedeltà verso
Dio; la dimensione apocalittica
apparterrebbe non a Gesù ma agli evangelisti (in particolare Marco)
e sarebbe stata determinata dalle tragiche vicende storiche della
guerra giudaica che si concluse con la distruzione di Gerusalemme.
Nella
visione di Destro e Pesce mi sembra si sottolinei invece l'aspetto
apocalittico della predicazione di Gesù, che annunciava l'imminenza
della venuta del regno e quindi insisteva sull'urgenza della
conversione per essere preparati ad essa.
Guido Allice
Guido Allice