Ho preparato questa meditazione e questa preghiera
pasquale per favorire un momento di sosta meditativa
delle persone che non avessero la fortuna di celebrare la
Pasqua in modo comunitario.
Preghiera
e meditazione pasquale.
DIO CREA SEMPRE VITA NUOVA
G.
Fratelli e sorelle, tante cose possono farci credere che sia vero
proprio
il contrario, ma Gesù, è realmente
presente presso il
Padre
e vive godendo la vita piena di Lui. Egli, allora, è
vivo
anche per noi e presso di noi. Anzi il fermento di Gesù, la
sua
parola e la sua opera, è in azione ovunque, in tutto il
mondo
e i molti fuori.
T.
Ti chiediamo, o Padre, di sapere vedere Gesù all'opera là dove
la
sua Parola feconda e solleva, là dove essa inquieta e
converte,
là dove risuscita la speranza e conserva la gioia.
Amen!
CANTO:
PASQUA DEL SIGNORE
I^ PARTE:
HANNO
FATTO DI TUTTO PER CANCELLARE GESÙ, MA IL PADRE…
Tutte
le strade hanno tentato per screditarlo, per scoraggiarlo, per
metterlo in difficoltà. Hanno puntato sulla Bibbia, hanno cercato di
fargli i tranelli politici, hanno giocato la strada efficace di
separarlo dal popolo, hanno approfittato della debolezza dei
discepoli e della particolare posizione di Giuda. Gesù non era un
eroe. Le sue forze erano scarse e la sua sofferenza gli assediava il
cuore. Perché il Padre permetteva tutto questo?
1^ lettura:
Marco 14, 32-42
1^ lettura:
Marco 15, 16-22
3^ lettura:
Marco 15, 29-37
Ma
ecco il fatto: dalla morte Dio fa puntare la vita e Gesù è più
vivo che mai. Egli entra nella gioia e nella vita di Dio e resta a
noi la presenza vivificante della sua opera e della sua parola.
La
strada che percorriamo è una strada con Lui.
È
questa presenza, creduta con tutto il cuore, che dà senso e
orientamento alla nostra vita.
Ci
sarà, certo, la sofferenza, ma essa acquista prospettiva. Resta
intera la nostra debolezza, ma Dio ci risolleva come ha fatto per
Gesù e ci risospinge sul sentiero dell'amore e dell'impegno.
Ecco
la nostra speranza. Il seme del vangelo non muore. I tempi, però, li
conosce solo Dio. Ma...porterà frutto, appunto «a suo tempo».
CANTO:
IL SIGNORE HA MESSO UN SEME
2^
PARTE: LA PRASSI SOLLEVATRICE DI DIO, NOSTRO PADRE
Lo
stesso linguaggio con cui il Nuovo Testamento ci parla di
risurrezione (anistemi ed egeiro) contiene un grappolo di significati
che indicano un'azione di Dio nella vita di Gesù, in una direzione
ben precisa: Dio lo fa sorgere, lo mette in piedi, lo rialza, lo
risuscita, lo risveglia, lo anima... Proprio per questa potenza di
Dio Gesù è il Risorto, colui che vive presso il Padre e presso di
noi. In Gesù si manifesta la prassi di Dio; quella che risveglia
e mette e rimette in piedi. Il messaggio profondo della pasqua di
risurrezione è proprio questo «risuscitamento» operato da Dio in
Gesù Cristo. Gesù prende progressivamente vita, che è la forza di
Dio a operare in Lui e, per questa convinzione, è l'erede della fede
dei profeti. A Pasqua prendiamo ancora una volta coscienza di questa
prassi di Dio che entra in noi, dentro la vita d’ogni giorno. La
tendenza dominante è quella che conduce ad addormentarsi, ad
allinearsi, a sedersi e a volte anche solo il restare in piedi è già
un mezzo miracolo. Lo scontro sociale e politico in atto, le
stagnazioni e i tempi quasi eterni di un eventuale alternativa... non
aiutano certo a restare svegli. Gli incidenti di percorso e i
parziali arretramenti che a volte dobbiamo registrare sul fronte
della liberazione non portano affatto vento di risurrezione. Il più
delle volte ci si trova, anche se non è affatto sempre così, a
dover resistere con i denti per non mollare gli spazi faticosamente
conquistati.
È
qui che avvertiamo l'azione pasquale come la
mano di Dio che solleva,
sostiene, rialza, rimette in piedi. Per una fede militante questa
dimensione, consapevolmente vissuta, è essenziale. La parola di Dio
non è forse in noi operatrice di risurrezione? Non la leggiamo forse
per essere illuminati e rinvigoriti al di dentro di questo esistere
pieno di sfide?
L'azione
«sollevatrice» di Gesù di Nazareth verso i poveri e gli oppressi,
il suo impatto vivificante con chi è umiliato e incurvato sotto i
colpi del potere che emargina e calpesta, è il segno storicamente
decifrabile della direzione dell'azione di Dio attraverso la sua
carne. Questo stare in piedi dentro la realtà senza arrenderci e
mollare, non è qualcosa che possediamo in proprio.
Anche noi, come Gesù, lo riceviamo da Dio sorgente
di «risuscitamento»
quotidiano.
Fede
povera: vogliamo farne qualcosa di più e di meglio di uno slogan
pietrificato e vago? Forse non sarà inutile rimetterci davanti al
Padre come fanciulli, come gente che non ha meriti da vantare e forza
da ostentare proprio per lasciarci
far dono
di questo continuo a risuscitamento che solo Dio può operare. A me
sembra che noi giochiamo troppo agli eroi e, con la scusa di non
volere un Dio tappa-buchi, siamo finiti nella presunzione
dell'autosalvezza. Proprio sul fronte della lotta, nella prospettiva
di chi è diventato consapevole delle proprie non trasferibili
responsabilità, questo restare evangelicamente fanciulli ci può
aiutare a rigenerare un rapporto con Dio sorgivo di speranza e di
pace. Siamo proprio noi che abbiamo bisogno di essere svegliati e
rimessi in piedi perché siamo nell'impossibilità di rigenerarsi
continuamente a partire dalle nostre sole forze.
Il Dio
biblico ci viene presentato come colui che rialza il piccolo e il
debole; «solleva
dalla polvere il misero
e innalza il povero dalle immondizie» (1 Sam 2, 8; Re 16, 2 Sal.113,
7). Non è forse questa opera sollevatrice di Dio che esperimentiamo
nella vicenda personale e nell’orizzonte più ampio della
liberazione? Come non esperimentare, durante questi anni di difficile
tenuta delle lotte e delle speranze, questa azione sollevatrice
«portatrice» di Dio nei riguardi degli oppressi? Il linguaggio
biblico è pieno di questa sollecitudine di Dio per il popolo che
cammina nella debolezza e nella fragilità: «Non
spaventarti e non avere paura; là nel deserto hai visto come il
Signore tuo Dio ti ha portato, come un uomo porta il proprio figlio,
per tutto il cammino... fino alla meta»
(Deut. I, 31).
Il
Cantico di Mosè esprime la stessa opera «portatrice» di Dio con
parole di altissima poesia: «Il
signore trovò il suo popolo in una terra deserta… lo circondò, lo
allevò, lo custodì come pupilla del suo occhio. Come un'aquila che
vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali, lo prese e sulle ali lo
portò»
(Deut. 32, 11). Questa sollecitudine amorosa di Dio per il suo popolo
itinerante e spesso zoppicante sfocia in una preghiera calda di
fiducia e suscitatrice di speranza «Ci
porta il Dio che è il nostro aiuto»
(Sal. 68 28).
Tutto
questo non come invito a incrociare le braccia perché...
intanto è il Signore che costruisce la casa, ma come sollecitazione
ad agire, a fare tutto ciò che dipende da noi restando dei semplici
servitori anche quando abbiamo fatto tutto, come dice l’evangelo.
Mi
pare che ricordarci tutto questo e cercare di viverlo non
sia intimismo, ma conferire radici
e spessore
al nostro vivere umano d’ogni giorno. Il nostro fronte di lotte,
con la sua estenuante battaglia di logoramento,
non ha certo meno bisogno di questa pratica sollevatrice e
risuscitatrice di quanto ne abbiano bisogno coloro che sono impegnati
in Nicaragua o in Guatemala o in El Salvador. Si tratta di
dislocazioni diverse di un’unica battaglia in cui è continuamente
necessario fare rifornimento di speranza e di energia, di motivazioni
e di perseveranza.
Il
nostro peccato sta proprio in questa illusione di essere noi soli,
senza confessare e riconoscere con gioia l'azione di Dio, i
costruttori della libertà e del futuro. Illusione dicevo, perché
crediamo che per affermare la grandezza umana sia necessario
cancellare il nome di Dio o togliergli spazio. Non abbiamo ancora
capito che la grandezza di Dio e la pienezza dell'uomo non sono
affatto in contrapposizione. L'uomo che si riconosce creatura e
sviluppa pienamente se stesso non ruba nulla a Dio, ma ne celebra le
lodi proprio in questo suo realizzarsi e costruire. Come mai siamo
tentati di separare l'uomo da Dio proprio mentre la fede ci offre la
gioia di esperimentare la forza umanizzatrice della fede?
Non
la secolarizzazione è il male, ma un tale inaridirsi della vita
quotidiana che soffoca anche Dio, gli toglie spazio. Nelle nostre
comunità noi leggiamo la Parola di Dio e facciamo memoria delle sue
azioni liberatrici per
fare rinascere continuamente dentro di noi il suo nome e il suo volto
e perché il vento gelido dell'aridità non ce lo porti via. Mi
sembra che oggi questo non
lasciarci strappare Dio
dal cuore e dalle labbra sia già un gesto di fede e un rifiuto
dell’allineamento.
G.
Il Dio che la Bibbia ci fa conoscere ed amare è un Dio che ci
invita
a «rialzarsi», a «risorgere», a «ripartire», proprio come
abbiamo
sentito e proprio come il brano biblico che ora
ascoltiamo
ci insegna.
L.
Leggiamo la vicenda dal profeta Elia dal 1° libro dei Re capitolo
19,
versetti 1-8.
G.
Alla luce di questa azione di Dio che, in Gesù e nei profeti e nel
suo
popolo (anzi per tutti gli oppressi), si è mostrato a noi
come
colui che solleva, reinterpretiamo e celebriamo
l'eucaristia.
Non
è forse essenziale per tutti noi e per ciascuno di noi
essere
rialzati dall'azione e dalla mano di Dio e rimessi, come
Elia,
in cammino?
3^
PARTE: RINNOVIAMO IL NOSTRO IMPEGNO BATTESIMALE
In
questa veglia pasquale i primi cristiani celebravano unitamente
battesimo e cena del Signore. Noi, se già li abbiamo ricevuti, li
vivifichiamo.
Siamo
gente in cammino?
Rivolgiamoci
questo interrogativo mentre cantiamo: C’È SOLO LA STRADA
PREGHIERA
BATTESIMALE
T.
Un giorno scegliemmo, O Signore,
il
nostro «sì» al vangelo di Gesù:
ma
siamo sulla strada della sequela?
L.
La mia vita non può darlo per scontato:
debbo
propormi e ripropormi la domanda,
ascoltare
e riascoltare la voce di Gesù: «vieni
e seguimi».
L
. Sono lieto, o Signore, della «chiamata»?
Tu
sei contento, o Padre della mia risposta
così
come avviene giorno dopo giorno?
L.
Sono davvero lieto del dono della fede?
Oppure
essa costituisce un tesoro
che
il mio cuore deve ancora imparare ad apprezzare?
nella
nostra vita
che
siamo sulla strada di Gesù?
L.
Come so riconoscere il dono degli altri
e
ringraziare Te, o Padre,
di
avere dei compagni di viaggio e di speranza?
L.
Ti prego, o Padre, fa’ che testimoniamo ai bambini
di
questa nostra comunità che per noi
seguire
Gesù è vita e speranza concreta.
L.
Fa’ che la comunità ci offra stimoli
per
il nostro impegno per la giustizia e per la pace
e
viva per servire il vangelo e i poveri.
L.
Che nessuno di noi si vergogni delle sue poche forze,
ma
piuttosto, nell'umiltà, mantenga
il
cuore aperto al vento di Dio che sospinge.
L.
Tieni accesa in tutti noi la fiamma della fede
e
rendi vigilanti i nostri cuori
e
operose le nostre mani, nella sequela di Gesù.
A
questo punto o membro della comunità presenta, alzandolo, il
Vangelo. Poi dice: «Fratelli
e sorelle, sia il Vangelo la roccia su cui costruiamo la nostra
vita».
Tutti.
«Un
tempo eravamo tenebra, ora siamo luce nel Signore. Comportiamoci
perciò come figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni
bontà, giustizia e verità».
4^ PARTE: CELEBRAZIONE
DELLA CENA DEL SIGNORE
Cantiamo:
DALLE LACRIME ALLA GIOIA
T.
Ti preghiamo, o Padre, come se fosse la prima volta
perché
tu resti la stella che non tramonta,
la
luce che non cessa di illuminare il nostro sentiero,
la
sorgente da cui sgorgano, inesauribili, le acque della vita.
Come,
o Padre, non cantare il Tuo amore senza confronti?
Tu
hai accolto presso di Te, vivo per sempre,
quell'uomo
sconfitto che ti amiamo Gesù di Nazareth
e
ci hai reso possibile seguire le sue tracce.
O
Padre, che non scegli le vie spianate e vittoriose,
ma
hai fatto Tua la causa persa di Gesù, lo sconfitto,
fa’
che perseveriamo nei sentieri fragili e bersagliati
lungo
i quali tentiamo di vivere l’evangelo di Tuo figlio.
Rendici
attenti ai germogli di futuro, ovunque compaiano;
decisi
a farli nostri con prontezza e sincerità.
Rendici
disponibili a tagliare i rami secchi della nostra vita
per
farla finita con quanto ci mantiene nella indecisione.
Ma
se ci sei venuto incontro nella carne di un uomo impotente
e
se Ti sei compiaciuto in quest’uomo rifiutato,
allora
possiamo credere che il germe della risurrezione
sia
all'opera nei deboli, nei poveri, nei maledetti.
Gesù
era a tavola con i dodici in quella notte piena di congiura. Ormai
era chiaro: bisognava pagare con la vita le cose fatte, dette ed
insegnate. Il cuore di Gesù faceva i conti con la paura, ma Gesù
concentrò il suo amore e le sue forze e, volgendosi ai discepoli,
dopo aver lodato il nome santo di Dio, diede a ciascuno un pezzo di
pane e disse: «Prendete
e mangiate. Questo pane spezzato è il segno della mia vita. Quando
farete questo, lo farete per ricordarvi di me, di ciò che ho fatto e
detto».
Poi prese la coppa del vino, ne porse da bere a tutti dicendo:
«Questo
calice è il segno dell'alleanza nuova che Dio ha stipulato con
l’umanità, non dimenticate che a me la fedeltà è costata fino al
sangue».
Continua,
o Padre, ad essere la nostra resurrezione,
risuscitandoci
dalle nostre stanchezze e sonnolenze,
dai
nostri tradimenti più o meno camuffati,
Tu
che conosci meglio di noi l'umana fragilità.
Soprattutto
metti la Tua speranza nei cuori e nelle mani
di
coloro che gemono nell’oppressione più brutale;
apri
per loro sentieri di giustizia e di libertà,
Tu
che sai prendere per mani deboli della terra.
La
gioia della risurrezione di Gesù è visibile là
ove
popoli oppressi, come risorti, balzano da nuovi protagonisti
dal
letto della schiavitù e dal letargo dell’oppressione
per
affacciarsi con speranza ad una vita nuova.
Per
tutto questo noi cantiamo la Tua gloria
e
proclamiamo la nostra fede in Te.
PADRE
NOSTRO
COMUNIONE
DEL PANE E DEL VINO
PREGHIERA
SPONTANEA
CANTO
BENEDIZIONE
L.
«Alleluia!
Alleluia! Alleluia!
Togliamo
via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché
siamo
azzimi. Infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato!
Celebriamo
dunque la festa non con il lievito vecchio, né con
lievito
di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di
verità»
(1° Cor. 5, 7-8).
T.
Lode a Te, o Dio,
che
hai dato una vita nuova a Gesù.
Possano
le nostre opere
cantare
la Tua lode nel mondo.
Ti
benedica tutta la terra,
tutto
il creato canti la Tua gloria.