venerdì 10 aprile 2020

MEDITAZIONE E PREGHIERA


Ho preparato questa meditazione e questa preghiera

 pasquale per favorire un momento di sosta meditativa 

delle persone che non avessero la fortuna di celebrare la

 Pasqua in modo comunitario.  


Preghiera e meditazione pasquale.

DIO CREA SEMPRE VITA NUOVA

G.  Fratelli e sorelle, tante cose possono farci credere che sia vero 
     proprio il contrario, ma Gesù, è realmente presente presso il    
     Padre e vive godendo la vita piena di Lui. Egli, allora, è 
     vivo anche per noi e presso di noi. Anzi il fermento di Gesù, la    
     sua parola e la sua opera, è in azione ovunque, in tutto il 
     mondo e i molti fuori. 
T.  Ti chiediamo, o Padre, di sapere vedere Gesù all'opera là dove 
     la sua Parola feconda e solleva, là dove essa inquieta e 
     converte, là dove risuscita la speranza e conserva la gioia.    
     Amen!

CANTO: PASQUA DEL SIGNORE

I^ PARTE:
HANNO FATTO DI TUTTO PER CANCELLARE GESÙ, MA IL PADRE…

Tutte le strade hanno tentato per screditarlo, per scoraggiarlo, per metterlo in difficoltà. Hanno puntato sulla Bibbia, hanno cercato di fargli i tranelli politici, hanno giocato la strada efficace di separarlo dal popolo, hanno approfittato della debolezza dei discepoli e della particolare posizione di Giuda. Gesù non era un eroe. Le sue forze erano scarse e la sua sofferenza gli assediava il cuore. Perché il Padre permetteva tutto questo?

1^ lettura: Marco 14, 32-42

1^ lettura: Marco 15, 16-22 

3^ lettura: Marco 15, 29-37

Ma ecco il fatto: dalla morte Dio fa puntare la vita e Gesù è più vivo che mai. Egli entra nella gioia e nella vita di Dio e resta a noi la presenza vivificante della sua opera e della sua parola.
La strada che percorriamo è una strada con Lui.
È questa presenza, creduta con tutto il cuore, che dà senso e orientamento alla nostra vita.
Ci sarà, certo, la sofferenza, ma essa acquista prospettiva. Resta intera la nostra debolezza, ma Dio ci risolleva come ha fatto per Gesù e ci risospinge sul sentiero dell'amore e dell'impegno.
Ecco la nostra speranza. Il seme del vangelo non muore. I tempi, però, li conosce solo Dio. Ma...porterà frutto, appunto «a suo tempo».

CANTO: IL SIGNORE HA MESSO UN SEME

2^ PARTE: LA PRASSI SOLLEVATRICE DI DIO, NOSTRO PADRE

Lo stesso linguaggio con cui il Nuovo Testamento ci parla di risurrezione (anistemi ed egeiro) contiene un grappolo di significati che indicano un'azione di Dio nella vita di Gesù, in una direzione ben precisa: Dio lo fa sorgere, lo mette in piedi, lo rialza, lo risuscita, lo risveglia, lo anima... Proprio per questa potenza di Dio Gesù è il Risorto, colui che vive presso il Padre e presso di noi. In Gesù si manifesta la prassi di Dio; quella che risveglia e mette e rimette in piedi. Il messaggio profondo della pasqua di risurrezione è proprio questo «risuscitamento» operato da Dio in Gesù Cristo. Gesù prende progressivamente vita, che è la forza di Dio a operare in Lui e, per questa convinzione, è l'erede della fede dei profeti. A Pasqua prendiamo ancora una volta coscienza di questa prassi di Dio che entra in noi, dentro la vita d’ogni giorno. La tendenza dominante è quella che conduce ad addormentarsi, ad allinearsi, a sedersi e a volte anche solo il restare in piedi è già un mezzo miracolo. Lo scontro sociale e politico in atto, le stagnazioni e i tempi quasi eterni di un eventuale alternativa... non aiutano certo a restare svegli. Gli incidenti di percorso e i parziali arretramenti che a volte dobbiamo registrare sul fronte della liberazione non portano affatto vento di risurrezione. Il più delle volte ci si trova, anche se non è affatto sempre così, a dover resistere con i denti per non mollare gli spazi faticosamente conquistati.
È qui che avvertiamo l'azione pasquale come la mano di Dio che solleva, sostiene, rialza, rimette in piedi. Per una fede militante questa dimensione, consapevolmente vissuta, è essenziale. La parola di Dio non è forse in noi operatrice di risurrezione? Non la leggiamo forse per essere illuminati e rinvigoriti al di dentro di questo esistere pieno di sfide?
L'azione «sollevatrice» di Gesù di Nazareth verso i poveri e gli oppressi, il suo impatto vivificante con chi è umiliato e incurvato sotto i colpi del potere che emargina e calpesta, è il segno storicamente decifrabile della direzione dell'azione di Dio attraverso la sua carne. Questo stare in piedi dentro la realtà senza arrenderci e mollare, non è qualcosa che possediamo in proprio. Anche noi, come Gesù, lo riceviamo da Dio sorgente di «risuscitamento» quotidiano.
Fede povera: vogliamo farne qualcosa di più e di meglio di uno slogan pietrificato e vago? Forse non sarà inutile rimetterci davanti al Padre come fanciulli, come gente che non ha meriti da vantare e forza da ostentare proprio per lasciarci far dono di questo continuo a risuscitamento che solo Dio può operare. A me sembra che noi giochiamo troppo agli eroi e, con la scusa di non volere un Dio tappa-buchi, siamo finiti nella presunzione dell'autosalvezza. Proprio sul fronte della lotta, nella prospettiva di chi è diventato consapevole delle proprie non trasferibili responsabilità, questo restare evangelicamente fanciulli ci può aiutare a rigenerare un rapporto con Dio sorgivo di speranza e di pace. Siamo proprio noi che abbiamo bisogno di essere svegliati e rimessi in piedi perché siamo nell'impossibilità di rigenerarsi continuamente a partire dalle nostre sole forze.
Il Dio biblico ci viene presentato come colui che rialza il piccolo e il debole; «solleva dalla polvere il misero e innalza il povero dalle immondizie» (1 Sam 2, 8; Re 16, 2 Sal.113, 7). Non è forse questa opera sollevatrice di Dio che esperimentiamo nella vicenda personale e nell’orizzonte più ampio della liberazione? Come non esperimentare, durante questi anni di difficile tenuta delle lotte e delle speranze, questa azione sollevatrice «portatrice» di Dio nei riguardi degli oppressi? Il linguaggio biblico è pieno di questa sollecitudine di Dio per il popolo che cammina nella debolezza e nella fragilità: «Non spaventarti e non avere paura; là nel deserto hai visto come il Signore tuo Dio ti ha portato, come un uomo porta il proprio figlio, per tutto il cammino... fino alla meta» (Deut. I, 31).
Il Cantico di Mosè esprime la stessa opera «portatrice» di Dio con parole di altissima poesia: «Il signore trovò il suo popolo in una terra deserta… lo circondò, lo allevò, lo custodì come pupilla del suo occhio. Come un'aquila che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali, lo prese e sulle ali lo portò» (Deut. 32, 11). Questa sollecitudine amorosa di Dio per il suo popolo itinerante e spesso zoppicante sfocia in una preghiera calda di fiducia e suscitatrice di speranza «Ci porta il Dio che è il nostro aiuto» (Sal. 68 28).
Tutto questo non come invito a incrociare le braccia perché...  intanto è il Signore che costruisce la casa, ma come sollecitazione ad agire, a fare tutto ciò che dipende da noi restando dei semplici servitori anche quando abbiamo fatto tutto, come dice l’evangelo.
Mi pare che ricordarci tutto questo e cercare di viverlo non sia intimismo, ma conferire radici e spessore al nostro vivere umano d’ogni giorno. Il nostro fronte di lotte, con la sua estenuante battaglia di logoramento, non ha certo meno bisogno di questa pratica sollevatrice e risuscitatrice di quanto ne abbiano bisogno coloro che sono impegnati in Nicaragua o in Guatemala o in El Salvador. Si tratta di dislocazioni diverse di un’unica battaglia in cui è continuamente necessario fare rifornimento di speranza e di energia, di motivazioni e di perseveranza.
Il nostro peccato sta proprio in questa illusione di essere noi soli, senza confessare e riconoscere con gioia l'azione di Dio, i costruttori della libertà e del futuro. Illusione dicevo, perché crediamo che per affermare la grandezza umana sia necessario cancellare il nome di Dio o togliergli spazio. Non abbiamo ancora capito che la grandezza di Dio e la pienezza dell'uomo non sono affatto in contrapposizione. L'uomo che si riconosce creatura e sviluppa pienamente se stesso non ruba nulla a Dio, ma ne celebra le lodi proprio in questo suo realizzarsi e costruire. Come mai siamo tentati di separare l'uomo da Dio proprio mentre la fede ci offre la gioia di esperimentare la forza umanizzatrice della fede?
Non la secolarizzazione è il male, ma un tale inaridirsi della vita quotidiana che soffoca anche Dio, gli toglie spazio. Nelle nostre comunità noi leggiamo la Parola di Dio e facciamo memoria delle sue azioni liberatrici per fare rinascere continuamente dentro di noi il suo nome e il suo volto e perché il vento gelido dell'aridità non ce lo porti via. Mi sembra che oggi questo non lasciarci strappare Dio dal cuore e dalle labbra sia già un gesto di fede e un rifiuto dell’allineamento. 

G. Il Dio che la Bibbia ci fa conoscere ed amare è un Dio che ci 
    invita a «rialzarsi», a «risorgere», a «ripartire», proprio come 
    abbiamo sentito e proprio come il brano biblico che ora 
    ascoltiamo ci insegna.

L. Leggiamo la vicenda dal profeta Elia dal 1° libro dei Re capitolo 
   19, versetti 1-8.

G. Alla luce di questa azione di Dio che, in Gesù e nei profeti e nel 
   suo popolo (anzi per tutti gli oppressi), si è mostrato a noi   
   come colui che solleva, reinterpretiamo e celebriamo 
   l'eucaristia.
   Non è forse essenziale per tutti noi e per ciascuno di noi 
   essere rialzati dall'azione e dalla mano di Dio e rimessi, come    
   Elia, in cammino? 

3^ PARTE: RINNOVIAMO IL NOSTRO IMPEGNO BATTESIMALE

In questa veglia pasquale i primi cristiani celebravano unitamente battesimo e cena del Signore. Noi, se già li abbiamo ricevuti, li vivifichiamo.
Siamo gente in cammino?
Rivolgiamoci questo interrogativo mentre cantiamo: C’È SOLO LA STRADA

PREGHIERA BATTESIMALE

T.  Un giorno scegliemmo, O Signore,
     il nostro «sì» al vangelo di Gesù:
     ma siamo sulla strada della sequela?

L.  La mia vita non può darlo per scontato:
     debbo propormi e ripropormi la domanda,
     ascoltare e riascoltare la voce di Gesù: «vieni e seguimi».

L . Sono lieto, o Signore, della «chiamata»?
     Tu sei contento, o Padre della mia risposta
     così come avviene giorno dopo giorno?

L.  Sono davvero lieto del dono della fede?
     Oppure essa costituisce un tesoro
     che il mio cuore deve ancora imparare ad apprezzare?
T.  Dove si può vedere, o Padre,
    nella nostra vita
    che siamo sulla strada di Gesù?

L.  Come so riconoscere il dono degli altri
     e ringraziare Te, o Padre,
     di avere dei compagni di viaggio e di speranza?

L.  Ti prego, o Padre, fa’ che testimoniamo ai bambini
     di questa nostra comunità che per noi
     seguire Gesù è vita e speranza concreta.

L.  Fa’ che la comunità ci offra stimoli
     per il nostro impegno per la giustizia e per la pace
     e viva per servire il vangelo e i poveri.

L.  Che nessuno di noi si vergogni delle sue poche forze,
     ma piuttosto, nell'umiltà, mantenga
     il cuore aperto al vento di Dio che sospinge.

L.  Tieni accesa in tutti noi la fiamma della fede 
     e rendi vigilanti i nostri cuori
     e operose le nostre mani, nella sequela di Gesù. 

A questo punto o membro della comunità presenta, alzandolo, il Vangelo. Poi dice: «Fratelli e sorelle, sia il Vangelo la roccia su cui costruiamo la nostra vita». 
Tutti. «Un tempo eravamo tenebra, ora siamo luce nel Signore. Comportiamoci perciò come figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità».

4^ PARTE: CELEBRAZIONE DELLA CENA DEL SIGNORE

Cantiamo: DALLE LACRIME ALLA GIOIA

T.  Ti preghiamo, o Padre, come se fosse la prima volta
    perché tu resti la stella che non tramonta,
    la luce che non cessa di illuminare il nostro sentiero,
    la sorgente da cui sgorgano, inesauribili, le acque della vita.

    Come, o Padre, non cantare il Tuo amore senza confronti?
    Tu hai accolto presso di Te, vivo per sempre,
    quell'uomo sconfitto che ti amiamo Gesù di Nazareth
    e ci hai reso possibile seguire le sue tracce.

    O Padre, che non scegli le vie spianate e vittoriose,
    ma hai fatto Tua la causa persa di Gesù, lo sconfitto,
    fa’ che perseveriamo nei sentieri fragili e bersagliati
    lungo i quali tentiamo di vivere l’evangelo di Tuo figlio.

    Rendici attenti ai germogli di futuro, ovunque compaiano;
    decisi a farli nostri con prontezza e sincerità.
    Rendici disponibili a tagliare i rami secchi della nostra vita
    per farla finita con quanto ci mantiene nella indecisione.

    Ma se ci sei venuto incontro nella carne di un uomo impotente
    e se Ti sei compiaciuto in quest’uomo rifiutato,
    allora possiamo credere che il germe della risurrezione
    sia all'opera nei deboli, nei poveri, nei maledetti. 

Gesù era a tavola con i dodici in quella notte piena di congiura. Ormai era chiaro: bisognava pagare con la vita le cose fatte, dette ed insegnate. Il cuore di Gesù faceva i conti con la paura, ma Gesù concentrò il suo amore e le sue forze e, volgendosi ai discepoli, dopo aver lodato il nome santo di Dio, diede a ciascuno un pezzo di pane e disse: «Prendete e mangiate. Questo pane spezzato è il segno della mia vita. Quando farete questo, lo farete per ricordarvi di me, di ciò che ho fatto e detto». Poi prese la coppa del vino, ne porse da bere a tutti dicendo: «Questo calice è il segno dell'alleanza nuova che Dio ha stipulato con l’umanità, non dimenticate che a me la fedeltà è costata fino al sangue». 

    Continua, o Padre, ad essere la nostra resurrezione,
    risuscitandoci dalle nostre stanchezze e sonnolenze,
    dai nostri tradimenti più o meno camuffati,
    Tu che conosci meglio di noi l'umana fragilità.

    Soprattutto metti la Tua speranza nei cuori e nelle mani
    di coloro che gemono nell’oppressione più brutale;
    apri per loro sentieri di giustizia e di libertà,
    Tu che sai prendere per mani deboli della terra.

    La gioia della risurrezione di Gesù è visibile là
    ove popoli oppressi, come risorti, balzano da nuovi protagonisti
    dal letto della schiavitù e dal letargo dell’oppressione
    per affacciarsi con speranza ad una vita nuova. 

    Per tutto questo noi cantiamo la Tua gloria
    e proclamiamo la nostra fede in Te.

PADRE NOSTRO

COMUNIONE DEL PANE E DEL VINO

PREGHIERA SPONTANEA

CANTO

BENEDIZIONE

L.  «Alleluia! Alleluia! Alleluia! 
    Togliamo via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché  
    siamo azzimi. Infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato!   
    Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con 
    lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di 
    verità» (1° Cor. 5, 7-8).

T.  Lode a Te, o Dio,
    che hai dato una vita nuova a Gesù.
    Possano le nostre opere
    cantare la Tua lode nel mondo.
    Ti benedica tutta la terra,
    tutto il creato canti la Tua gloria.