sabato 2 ottobre 2021

AUMENTANO I BAMBINI CHE LAVORANO : IN TUTTO IL MONDO

Lavoro minorile: aumentano in tutto il mondo i ragazzini costretti a lavorare, sono ormai 160 milioni

Mondo solidale

La Repubblica

Giugno 2021

Secondo Il nuovo rapporto congiunto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) e del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF), il numero di bambini costretti nel  lavoro minorile nel mondo è salito a 160 milioni, un incremento di 8,4 milioni di bambini negli ultimi 4 anni, con altri milioni a rischio a causa degli impatti del COVID-19. Il rapporto Child Labour: Global estimates 2020, trends and the road forward – pubblicato in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile che si celebra il 12 giugno - evidenzia che i progressi per porre fine al lavoro minorile si sono arrestati per la prima volta in 20 anni, invertendo il precedente trend che vedeva il lavoro minorile diminuire di 94 milioni tra il 2000 e il 2016. 

Aumentano i bambini da 5 a 11 anni. Il rapporto sottolinea una crescita significativa del numero di bambini tra i 5 e gli 11 anni coinvolti nel lavoro minorile, che rappresentano poco più della metà del numero globale totale. Il numero di bambini tra i 5 e i 17 anni coinvolti in lavori pericolosi – definiti come lavori che potrebbero minacciare la loro salute, sicurezza o integrità – è di 79 milioni, con un aumento di 6,5 milioni dal 2016. La questione di fondo, dunque, non è solo quella che i ragazzini lavorino e per questo non frequentano la scuola, con tutto quello che questo significa. Il fatto è che la povertà diffusa in troppe aree del mondo impone ai piccoli di esporsi a lavori pesantissimi, pericolosi e soprattutto senza nessuna garanzia, né diritti da vantare.  

Altri dati nel rapporto. Nel settore agricolo è impiegato circa il 70% dei bambini costretti nel lavoro minorile (112 milioni) seguito dal 20% in servizi (31,4 milioni) e 10% nelle fabbriche (16,5 milioni).  Il 28% circa dei bambini tra i 5 e gli 11 anni e il 35% dei bambini tra i 12 e i 14 anni costretti nel lavoro minorile non vanno a scuola. Il lavoro minorile è maggiormente diffuso tra i ragazzi rispetto alle ragazze in ogni età. Quando si prendono in considerazione i lavori domestici svolti per almeno 21 ore alla settimana, il divario di genere nel lavoro minorile si riduce. La diffusione del lavoro minorile nelle aree rurali (14%) è circa di 3 volte più alta rispetto alle aree urbane (5%). 

Un campanello d'allarme. “Le nuove stime sono un campanello d’allarme. Non possiamo restare a guardare mentre una nuova generazione di bambini è a rischio”, ha affermato il direttore generale dell’OIL, Guy Ryder. “Un sistema di protezione sociale inclusivo permette alle famiglie di poter mandare i propri figli a scuola anche in un contesto di vulnerabilità e difficoltà economica. È essenziale aumentare gli investimenti nello sviluppo rurale e nel lavoro dignitoso in agricoltura. Ci troviamo in un momento cruciale e molto dipende dalla qualità della nostra risposta. E’ il momento di rinnovare con forza il nostro impegno per invertire la rotta e spezzare il ciclo della povertà e del lavoro minorile”.  

I dati inquitanti che riguardano il futuro. In Africa Subsahariana, la crescita della popolazione, le crisi ricorrenti, la povertà estrema e le misure di protezione sociale inadeguate hanno portato a ulteriori 16,6 milioni di bambini coinvolti nel lavoro minorile negli ultimi 4 anni. Anche in regioni in cui era stato fatto qualche passo in avanti dal 2016, come in Asia e nel Pacifico e in America Latina e nei Caraibi, il COVID-19 sta mettendo a rischio i progressi. Il rapporto avverte che, a livello globale, altri 9 milioni di bambini rischiano di incorrere nel lavoro minorile entro la fine del 2022 a causa della pandemia. Un modello di simulazione mostra che questo dato potrebbe raggiungere i 46 milioni se non sarà garantito accesso a una copertura di protezione sociale di base.

"Stiamo perdendo terreno nella lotta a questo fenomeno". Ulteriori crisi economiche e chiusure delle scuole causate dal COVID-19, per i bambini già costretti in forme di lavoro minorile, potrebbero causare orari di lavoro prolungati o condizioni di lavoro peggiori, mentre molti altri potrebbero essere costretti alle peggiori forme di lavoro minorile a causa della perdita di lavoro e di reddito nelle famiglie vulnerabili. “Stiamo perdendo terreno nella lotto contro il lavoro minorile, e lo scorso anno non ha reso questa lotta più semplice,” avverte Henrietta Fore, direttore generale UNICEF. “Ora, nel secondo anno di lockdown, chiusura delle scuole, interruzioni economiche e bilanci nazionali in contrazione a livello globale, le famiglie sono costrette a fare scelte molto difficili. Chiediamo ai governi e alle banche di sviluppo internazionali di dare priorità agli investimenti nei programmi che possano allontanare i bambini dal lavoro, per ritornare a scuola, e in programmi di protezione sociale che possano aiutare le famiglie a evitare innanzitutto di fare queste scelte.” 

I danni fisici e mentali connessi. I bambini e adolescenti costretti nel lavoro minorile rischiano di subire danni fisici e mentali. Il lavoro minorile compromette l’istruzione dei bambini, restringendo i loro diritti e limitando le loro opportunità future, e porta a un ciclo vizioso di povertà e lavoro minorile che ha un impatto su diverse generazioni. 

Le richieste dell'OIL  e l’UNICEF

- Protezione sociale adeguata a tutti, che comprenda assegni familiari universali. 

- Aumentare gli investimenti per garantire un’istruzione di qualità e riportare tutti i bambini a scuola – compresi i bambini che non frequentavano le scuole anche prima del COVID-19. 

- Promuovere lavori dignitosi per gli adulti, così che le famiglie non debbano ricorrere all’aiuto dei bambini per generare un reddito familiare. 

- Porre fine a pericolose norme di genere e discriminazione che hanno un impatto sul lavoro minorile. 

Investire in sistemi di protezione sociale, sviluppo agricolo, servizi pubblici rurali, infrastrutture e mezzi di sostentamento. 

In Italia il fenomeno non è per niente marginale. "Il Governo si dedichi al contrasto del fenomeno ancora presente tra i minori e adolescenti italiani": è questo il richiamo dell'’Associazione Cammino che chiede sinergia tra Ministero del Lavoro, MISE e MIUR per attuare il principio sancito dall’art. 32 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea. Lo scopo è quello di sensibilizzare i governi ad attuare azioni legislative e politiche e porre fine così al fenomeno che purtroppo ha ancora una rilevanza globale. «Nella Giornata Internazionale per l’Eliminazione del Lavoro Minorile - dice l'avvocato Maria Minotti, vicepresidente nazionale dell'area-centro dell'Associazione Cammino - è necessario mettere in evidenza che in Italia, Paese che dal 1967 ha vietato il lavoro per i minori degli anni sedici, il fenomeno non è affatto marginale e non è mai scomparso –  anche per i legami potenziali tra le esperienze di lavoro precoce tra i preadolescenti e l’altro preoccupante fenomeno della dispersione scolastica dei giovani, di cui l’Italia detiene il più alto tasso tra i paesi europei».

Numerose le esperienze di lavoro precoce. Esistono molti giovani italiani che non hanno un titolo di scuola secondaria superiore o una qualifica professionale, che vengono privati della loro infanzia, della loro dignità e che sono ad alto rischio di un inserimento debole in un mercato del lavoro senza regole e tutele, caratterizzato da bassi salari, mansioni non specialistiche e scarso apprendimento di contenuti professionali. Le esperienze di lavoro precoce - nel settore ristorazione, agricolo, commercio e artigianato - nascono, infatti, come forma di sostegno alle attività professionali delle famiglie, all’interno quindi del mondo delle micro-imprese, quando i genitori si convincono che non tutti sono portati per lo studio, con la conseguenza che, invece di investire per i propri figli su un percorso scolastico a medio e lungo termine, preferiscono far loro imparare velocemente un mestiere e andare a lavorare.

L'inserimento debole nel mercato del lavoro. «Il grande rischio è che queste esperienze di attività comunque illegali – prosegue l'avvocato Minotti – contribuiscano a un inserimento debole nel mercato del lavoro, esponendo una quota di giovani adolescenti a una probabilità più alta di essere i lavoratori poveri del futuro, con profili professionali poco qualificati, bassi salari e scarse risorse per contrattare un buon posizionamento nel mondo del lavoro». L’allargamento delle aree di povertà seguite alla pandemia del COVID-19 e una scuola che non sa appassionare i ragazzi, che non sa trattenere “i più difficili”, che non differenzia la propria offerta formativa in funzione delle diverse intelligenze individuali, rischia ora di aggravare la situazione.

L'ultimo sondaggio è del 2013. «L'Associazione Cammino evidenzia la necessità di intraprendere un serio monitoraggio del lavoro minorile (fermo a una ricerca ISTAT del 2013) che vedeva già occupati illegalmente nel nostro paese oltre 340.000 minori al di sotto dei 16 anni – afferma la presidente nazionale, Maria Giovanna Ruo – per arginare la progressiva crescita dello sfruttamento del lavoro dei minori e degli adolescenti. Ma ancor di più ritiene necessario, per la realizzazione dell’obiettivo comune di prevenire, combattere e proteggere i minori anche dallo sfruttamento nell’ambito lavorativo, un impegno costante e interventi tesi a promuovere politiche finalizzate all’inclusione scolastica, alla crescita economica dei territori e di sostegno alle famiglie».