domenica 28 novembre 2021

CRISI IN BOSNIA - ERZEGOVINA

 Crisi in Bosnia Erzegovina, il cortile di periferia

Sarajevo - Maurizio Gjivovich

Osservatorio Balcani e Caucaso

17/11

La crisi in Bosnia Erzegovina si è definitivamente internazionalizzata. Tutti gli attori internazionali sono coinvolti: spesso abituati a usare il paese come il cortile di periferia delle proprie dispute globali ma senza mai concretizzare i propri proclami, sono chiamati ora a battere un colpo

Nel suo rapporto per il Consiglio di Sicurezza per lONU, Christian Schmidt è stato esplicito: la Bosnia Erzegovina corre un pericolo imminentedi dissoluzione, e c’è una reale possibilità di nuove divisioni e conflitti. Il documento di Schmidt, ex-ministro tedesco, in carica dal luglio 2021 come Alto Rappresentante (il supervisore degli accordi di pace, in rappresentanza dei 55 paesi coinvolti nella loro applicazione) non era pubblico, ma è stato filtrato dal Guardian lo scorso 2 novembre. È allora che la notizia della crisi politica in Bosnia Erzegovina, che già occupava lattenzione della regione post-jugoslava, è improvvisamente rimbalzata nelle agenzie di stampa di tutto il mondo.

La crisi è iniziata, ricordiamo, alla fine del luglio scorso, con il boicottaggio - e la conseguente paralisi - delle istituzioni statali da parte del partito di Milorad Dodik. Dodik è, dal 2018, il membro serbo della presidenza statale e, dal 2006, leader assoluto de facto della Republika Srpska (RS, una delle due entità della Bosnia Erzegovina). Il casus belli del boicottaggio è stato la legge, introdotta dal predecessore di Schmidt ad Alto Rappresentante Valentin Inzko, che creava il reato di negazionismo per crimini di guerra e genocidio…

Dodik ha poi rilanciato, annunciando a metà ottobre la creazione, entro la fine dellanno, di varie istituzioni autonome a livello dellentità: unagenzia sanitaria, unagenzia di imposte indirette, una struttura giudiziaria e, infine, lesercito, che riassumerebbe quindi le funzioni dellArmata della Republika Srpska (VRS), responsabile di diversi crimini di guerra nel 1992-95 e definitivamente disciolta nelle Forze armate bosniache unificate nel 2005.

L’annuncio scaturito da un incontro tra Dodik e il ministro degli Esteri russo Lavrov, che avrebbe dato luce verde” all’operazione, secondo ambienti diplomatici riportati da Balkan Insight - ha generato reazioni drammatiche da parte degli avversari politici di Dodik, e un clima di paura e panico tra i cittadini. Non importa che si tratti di un tentativo di secessione completa, oppure di una disconnessione più graduale pur nei termini di uno stato centrale. Queste misure, attuate in modo unilaterale e al di fuori del quadro costituzionale, avrebbero costi finanziari e sociali pesanti. Nel caso dellesercito, genererebbero pericoli per l’incolumità e la sicurezza dei cittadini, anzitutto quelli delle varie comunità in RS. In altri termini, il rischio di conflitti, quantomeno localizzati e a bassa intensità, potrebbe essere alto.

La vita politica recente del paese non è affatto nuova a crisi, provocazioni, minacce di questo tipo, sempre cadute nel nulla o quasi. E potrebbe andare di nuovo così. Ma questa volta sono state oltrepassate diverse linee rosse, in particolare quella del monopolio della forza e della sicurezza…

Il giorno seguente alla rivelazione del Guardian, la crisi bosniaca si è internazionalizzata. Schmidt non ha potuto dirigersi, come era previsto, al Consiglio di Sicurezza, per il veto di Cina e Russia. Mosca supporta la RS e, insieme a Pechino, preme da tempo per chiudere lufficio dellAlto rappresentante, di cui non riconosce la legittimità. Dopo la mediazione con USA, UE e Regno Unito, le parti hanno raggiunto un teso e misero, ma inevitabile, compromesso: il 3 novembre, in cambio del mancato intervento di Schmidt (richiesta russo-cinese) il Consiglio ha rinnovato la missione di peacekeeping EUFOR Althea a guida UE di stanza nel paese (volontà USA-UE-UK).

Da allora, lescalation sembra essere in stato di sospensione: non ci sono stati movimenti chiari, né in avanti, né indietro. Le previsioni restano dunque incerte. a ed energia…

La lettura più realistica è che, semplicemente, lUnione sia troppo divisa e incapace di raggiungere una sintesi politica...Questo si aggiunge agli altri fattori che stanno facendo percepire l'UE come sempre più distante nel paese: la sensazione di scarico di responsabilità nella gestione della rotta dei migranti, lassenza di una prospettiva credibile e di tempistiche realistiche per lallargamento, la percezione di disinteresse verso lintera regione dei Balcani occidentali.

In questo quadro, non sorprende affatto che il rapporto annuale della Commissione UE sullo stato del processo di allargamento in Bosnia Erzegovina, che in passato era una notizia da prima pagina per tutti i media nazionali, quest’anno sia passato completamente in sordina: non solo perché sovrastato dalla crisi politica, ma anche perché esplicitamente negativo nel constatare un non-progresso in ogni ambito.