lunedì 6 dicembre 2021

Il ritmo della preghiera

Ognuno ha il suo ritmo nella preghiera, come ognuno ha il suo passo. E' inutile copiare o scimmiottare ritmi di culture lontane da noi, senza capirle profondamente, come riuscirono a fare P. Murray Rogers o Dom Le Saux. E' una scimmiottatura che non arricchisce. Sono esotismi ambigui ed estetizzanti. Anche la preghiera è esposta a grandissime ambiguità, compresa la preghiera monastica.

La preghiera raggiunge la sua verità quando crea un "distacco appassionato" dalle cose, e ci fa più coscienti, più equilibrati, più attenti, più lungimiranti, con un giudizio non precipitoso, ma più maturo e sereno.

Frutto della preghiera è una accresciuta coscienza del mistero di Dio da cui siamo abitati ed animati, che ci conduce lentamente a un abbandono nelle sue mani. Abbandono, consegna, affidamento, che non sono segnati dalla passività, ma da una fedeltà creativa, come quella del seme che si "consegna" alla zolla oscura, ma amica.

La preghiera ci aiuta a interiorizzare i momenti essenziali dell'esperienza evangelica. La pietra di paragone della preghiera autentica non è il ripiegamento su di sé o il gusto intimistico che ci spinge a trovare soddisfazioni personali, ma la fatica ed il travaglio creativo della "Divina Poiesis evangelica". La preghiera è "Poesia in azione", che dà la forza di affrontare e di vivere positivamente anche le "ore oscure"; non cancella nulla, trasfigura tutto, come l'allodola di San Francesco; che va a raccogliere il granello anche nel letame e con quel granello nutre il suo volo ed i suoi piccoli.

Don Michele DO, Come il fiore del campo, pag. 51