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di ERNESTO AYASSOT (continua)
Vi è ancora un argumentum e silentio che ci offrono i testi dei Vangeli contro la Sindone e che non va trascurato. Lasciamo la questione della dimensione della tela e chiediamoci: se una di quelle tele viste dai discepoli di Gesù avesse presentato qualche segno particolare di notevole ampiezza (come sarebbero appunto le immagini visibilissime della Sindone torinese), è mai pensabile che i discepoli non le avessero viste e non ne facessero parola? È possibile che proprio Giovanni - che osservò così bene e così fedelmente annotò i teli e la loro disposizione: le bende a terra e il sudario piegato a parte -, non vedesse e non riferisse la cosa più straordinaria di tutte, ossia l'esistenza di un disegno, magari poco decifrabile a prima vista, ma certo tale da incuriosire?
Dinanzi a tale imbarazzante constatazione alcuni sindonologi hanno sostenuto che le immagini sarebbero apparse solo in un secondo tempo e che i discepoli avrebbero così raccolte le tele senza sapere quale sorpresa l'«effetto ritardato» delle radiazioni o emanazioni, o altra causa non meno misteriosa, avrebbe riserbato successivamente.
Comunque sia, secondo questa leggenda, che è di pura invenzione e di cui né il Nuovo Testamento né altri documenti storici dei primi secoli, fanno cenno, si sostiene che i discepoli avrebbero raccolto le tele per farne dono a Maria, la madre di Gesù. Bel regalo davvero! Ma chi si sognerebbe di regalare ad una madre che piange la tragica morte di un figlio... il lenzuolo nel quale il cadavere era stato avvolto? Per immaginare una cosa del genere bisogna proprio avere una ben lugubre fantasia! Si noti infatti che ciò sarebbe avvenuto quando i discepoli, e con loro i familiari di Gesù, non avevano ancora alcuna fede nella risurrezione, tanto da reputare un vaneggiamento ciò che le prime testimoni andavano dicendo. Che se poi, per caso, l'asportazione dei teli fosse avvenuta successivamente, quando le apparizioni del Risorto avevano già convinto i suoi cari, ancor meno è pensabile che essi si preoccupassero di quegli oggetti con i quali il Risuscitato non aveva più nulla a che fare.
Ma c'è un argomento, a nostro avviso ben più forte, per escludere in modo ancora più certo che i discepoli asportassero i teli funebri. È che essi erano ebrei osservanti e che la Legge di Mosè, che essi osservavano religiosamente, proibiva in modo tassativo di avere contatto, e tanto più conservare, quanto apparteneva ad un sepolcro. Per gli ebrei tutto quello che aveva avuto contatto con un morto era considerato immondo e non poteva essere conservato. Persino le persone che avevano avuto contatto con un cadavere, o con oggetti connessi col cadavere, erano considerate impure, e dovevano ritenersi tali per sette giorni e sottomettersi a riti di purificazione.
Chiunque avrà toccato un uomo morto... o un osso di uomo, o un sepolcro, sarà impuro per sette giorni... e tutto quello che l'impuro avrà toccato sarà impuro.
Così si esprime uno dei tanti precetti della Legge (Numeri 19:16-22), comminando addirittura la pena di morte per i trasgressori.
È impossibile pensare che i primitivi credenti di Gerusalemme, che si dimostrarono ancora per molto tempo così osservanti del legalismo giudaico (come appare dalle polemiche che l'apostolo Paolo dovette sostenere con loro), si peritassero di trasgredire la Legge in modo così flagrante, raccogliendo e conservando oggetti impuri provenienti da un sepolcro.
Quanto poi a dire, come alcuni fanno, che i discepoli avrebbero sfidato la Legge di quella che era ancora la religione che osservavano fedelmente, per il gran desiderio di avere delle reliquie, significa prestare loro un atteggiamento e dei sentimenti religiosi (?) assolutamente anacronistici, perché è solo molto più tardi che l'amore delle reliquie penetrò nella chiesa, sotto l'influenza del paganesimo, fino a diventare una vera e propria necrofilia religiosa ed a raggiungere il livello di un vero e proprio culto dei morti.
E allora, se non furono i discepoli, chi avrebbe asportato il famoso lenzuolo? Abbiamo già citato, dedicandogli forse più spazio di quanto meriti, la leggenda che attribuisce a Malco, il servo del Sommo Sacerdote, il privilegio di avere ricevuto dalle mani stesse di Gesù risuscitato la «Sindone» e di averla conservata con grande giovamento della sua anima e della sua borsa... e non ci riesce pertanto di trovare altra spiegazione, per quanto assurda, con cui si sia tentato di chiarire il mistero.
Dopo quel primo silenzio dei Vangeli, ci attende un gran silenzio di secoli prima che possiamo trovare un accenno al santo lenzuolo in documenti storici…
così conclude lo scrittore salesiano già più volte citato, il quale rimane però, nonostante tutto, un assertore dell'autenticità della Sindone torinese, assai più convinto di quanto non lo sia ufficialmente la sua stessa chiesa.