La vittima eterna di quella atrocità mostrata a tutti
La vittima dello stupro di Piacenza è stata riconosciuta a partire dal video pubblicato su alcuni siti e poi diffuso anche da Giorgia Meloni, e si dispera.
Lo ha detto lei stessa ieri alla stampa. Chi non si dispererebbe, d'altronde, sapendo che chiunque, per ore e ore, ha avuto accesso alle immagini del proprio stupro? Chi poteva anche solo immaginare che un post come quello della leader di Fratelli d'Italia fosse davvero solidale con la vittima e non una brutta strumentalizzazione a fini elettorali di un orrendo crimine?
Ammettiamo pure la buona fede di Meloni e l'ignoranza di chi non sa che le immagini della violenza subita non sono altro che violenza supplementare. È ammissibile che un aspirante leader non abbia la minima idea delle conseguenze delle proprie azioni? È concepibile che un giorno pubblichi il video di uno stupro e il giorno dopo inviti a combattere le devianze giovanili, incluse l'obesità e l'anoressia, per creare nuove generazioni di italiani sani e determinati? «Se aprite Internet – dice Meloni per rispondere al segretario del PD – Wikipedia dice che le devianze sono comportamenti che violano le norme. Dunque Enrico Letta, viva le devianze?». Se aprite Internet? Wikipedia dice? Mi viene il dubbio di essermi sbagliata o di non aver capito bene: non può essere l'aspirante leader a esprimersi così, vero? Le hanno messo in bocca le parole di un adolescente, no? Poi, mi devo arrendere all'evidenza: Giorgia Meloni sa cosa sono le devianze perché ha aperto Internet ed è andata su Wikipedia. E gli scritti di Michel Foucault? E le analisi di Georges Canguilhem? E i quintali di inchiostro versati per cercare di spiegare come le norme siano sempre frutto di una costruzione culturale e come, persino in medicina, sia complicato (se non impossibile) distinguere chiaramente ciò che è "normale" da ciò che è "patologico"? Ma lasciamo perdere Foucault e Canguilhem, e passiamo ai contenuti. Che pure presentano un grosso problema, visto che non si può sostenere che la devianza è un comportamento che viola una norma e poi qualificare come "devianti" alcuni modi di essere. Com'è possibile confondere il dover fare con il dover essere?
È raro che durante una campagna elettorale i toni siano pacati. Mai prima di oggi, però, i toni sono stati così brutali, aggressivi, a tratti persino insopportabilmente privi di rispetto. Non tanto e non solo nei confronti degli avversari politici, quanto nei confronti di ogni cittadino, di ogni singola persona. Esagero? Non credo. Anzi. Ma procediamo con ordine, passo dopo passo, iniziando da un'analisi del linguaggio e delle immagini utilizzate, che è sempre il punto di partenza quando si cerca di fare ordine e capire come vengono nominate o rappresentate le cose. Visto che, nonostante si faccia spesso finta di essere vincenti o pienamente realizzati, tutte e tutti noi siamo stati, almeno una volta nella vita, vittime di qualcosa: emarginazione o bullismo, stalking o assenza di riconoscimento, abbandono o malattia, cattiveria o superficialità. Immaginiamo allora, almeno per qualche istante, cosa avremmo provato, da vittime, nel vedere esposto il gesto o l'atto che ci hanno fatto soffrire, attraverso la pubblicazione di un video che ci ritrae mentre piangiamo o gridiamo o restiamo pietrificati dall'ansia e dalla paura. Immaginiamo che a far circolare il video sia stato un genitore o un insegnante o un rappresentante politico. Come ci saremmo sentiti? Non avremmo avuto la sensazione di rivivere mille e mille volte l'umiliazione o la violenza subita? Non ci saremmo sentiti traditi da chi, in teoria, avrebbe dovuto prendere le nostre difese o consolarci? Rivedere la violenza patita, per una vittima, significa subirla nuovamente. Sapere che altri stanno visionando qui video, vuol dire non poter nemmeno avere la possibilità di iniziare a elaborare il lutto della perdita di quell'immagine del sé già martoriata da un carnefice.
Per non parlare poi delle parole dell'ultimo post di Giorgia Meloni indirizzato ai devianti. Leggendolo viene il sospetto che la leader di Fratelli d'Italia viva ancora all'interno di quell'ideologia della normalità idealizzata che, per secoli, ha cercato di imporre un ideale astratto trattando chiunque non corrispondesse alle aspettative come un deviante. Ideologia che poi, durante il Ventennio, si è trasformata in dittatura e razzismo, trattando come devianti le persone omosessuali, gli ebrei, i malati mentali, i portatori di handicap. Anche in questo caso, però, è necessario procedere passo dopo passo. Iniziando da un'evidenza: ognuno di noi è diverso da tutti gli altri, ognuno ha le sue specificità, ognuno ha i suoi pregi e i suoi difetti, ognuno porta in sé la propria norma. Non c'è chi sia "giusto" o "sbagliato", e tante cose, nell'esistenza, sfuggono al controllo. E se è vero che esistono regole da rispettare quando si vive in società, e che una norma come "non uccidere" viene rimessa in discussione solo all'interno di un sistema utilitaristico che ha come scopo quello di massimizzare l'interesse generale anche a costo di sacrificare alcune persone, è anche vero che non si può più commettere l'errore di confondere l'ambito del fare con l'ambito dell'essere. E che nessuno dovrebbe giustificarsi per ciò che è, compresi i sintomi cui ci si aggrappa inconsciamente per permettere alla soggettività di manifestare i propri disagi. I disturbi del comportamento alimentare, ad esempio, sono sintomi di una sofferenza profonda. Esattamente come le dipendenze da alcol o droga. Sintomi che chiedono di essere ascoltati affinché una persona possa ritrovare il bandolo della matassa perso e la gioia di vivere. Ma in questa campagna elettorale, c'è chi strumentalizza e banalizza la sofferenza. Senza rendersi conto che questa brutalità che ci viene buttata addosso non fa altro che alimentare le ragioni per le quali si sta male e si va a cercare qualche sintomo.
C'è chi insiste sull'inutilità di parlare di fascismo quando si commentano alcune posizioni o dichiarazioni di Giorgia Meloni. E, fino ad ora, anche io mi sono astenuta dal farlo nonostante nel suo «la destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni» mancasse una parola autonoma e critica da parte sua. Oggi, però, le cose sono cambiate. E non perché sia io a voler evocare il fascismo. Il fascismo è Giorgia Meloni a lasciarlo trasparire dalle sue parole. Il fascismo è nel voler creare generazioni di italiani sani e determinati, un po' come nel Ventennio si voleva creare "l'uomo nuovo". Il fascismo è nella segregazione di chiunque non sia "sano" e "determinato" nel confino della devianza.
MICHELA MARZANO, La Stampa 24 agosto