venerdì 4 novembre 2022

ALZHEIMER: NUOVI TEST PER SCOPRIRE LA MALATTIA NELLE PRIME FASI

Ecco i marcatori che svelano l’Alzheimer

Per la prima volta nuovi test permettono di scoprire con esattezza la malattia nelle prime fasi. E aprire alle terapie

di Letizia Gabaglio

ROMA. Una malattia devastante, per chi ne soffre e per chi gli sta intorno. L'Alzheimer colpisce in Italia più di 600mila persone, ma se consideriamo anche chi è affetto da altre forme di demenze si arriva a più di un milione di pazienti, assistiti da 3 milioni di familiari e caregiver. Per decenni la ricerca ha brancolato nel buio ma ora sembra che finalmente qualcosa si muova, almeno su tre fronti: la diagnosi, le terapie, gli interventi non farmacologici. «Per la prima volta riusciamo a fare delle diagnosi precise, sulla base di biomarcatori. Una grande novità perché finora la diagnosi nelle prime fasi della malattia era particolarmente difficile e questo generava confusione anche nei pazienti e nei familiari», spiega Giacomo Koch, direttore del Laboratorio di Neuropsicofisiologia sperimentale. Ma dopo una diagnosi servono delle terapie. E se è vero che i risultati degli studi clinici finora non sono stati del tutto esaltanti, è altrettanto e anche vero che molte sperimentazioni sono in corso e gli esperti scommettono che presto o tardi la svolta ci sarà.

Non solo: proprio i risultati deludenti degli studi sui farmaci purtroppo andate male, hanno permesso di capire di più i meccanismi della patologia. «Oggi sappiamo che sono diverse le molecole e i processi responsabili dello sviluppo della malattia e che intervengono in momenti spiega Koch.

La ricerca va avanti quindi, e non solo sul fronte dei farmaci. «È importante sapere che ci sono studi interessanti anche su terapie non farmacologiche, come la stimolazione cerebrale o quella visiva. E che sono molte le cose che i pazienti e i caregiver possono fare per rendere il lungo cammino con la malattia meno pesante», conclude Koch.

I care giver

Adesso bisogna aiutare chi aiuta

Nella cura dell'Alzheimer il caregiver, colui o colei che si prende cura del malato, è fondamentale. Per questo deve essere coinvolto nel rapporto con i medici e aiutato a rendere l'ambiente in cui vive il malato il più stimolante possibile. I risultati scientifici ci dicono infatti che l'arricchimento ambientale, la socialità, gli stimoli possono essere utili anche per i malati. Che devono essere spinti a non lasciarsi andare, a non chiudersi in loro stessi. Oggi purtroppo ci sono pochi centri specializzati nella presa in carico di questi pazienti, i cui bisogni sono complessi e cambiano nel tempo. Tutto allora grava sulle spalle dei soli familiari.

La Repubblica 17 ottobre