Abusi sessuali: la Cei fra complottismi e cultura dell’ insabbiamento
Tratto da: Adista Notizie n° 41 del 03/12/2022
41291 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA.
Erano appena passati due giorni dalla presentazione del I Report sugli abusi della CEI e non si immaginava che la Pontificia Università Lateranense, ospitando un convegno della Diocesi di Roma che nelle intenzioni e nel titolo si schierava “Dalla parte delle vittime”, offrisse il destro a mons. Lorenzo Ghizzoni, presidente del Servizio tutela minori della CEI, di chiarire ulteriormente in modo cristallino la politica CEI in fatto di gestione dei casi di abusi.
Lo ha fatto scagliandosi contro i «giornalisti aggressivi» che alla conferenza stampa di due giorni prima avevano osato chiedere dati, ma soprattutto sparando a zero sulle commissioni indipendenti sul modello di quella francese: «Non faremo proiezioni di dati o campionamenti come si fa in altre realtà ecclesiali, con cifre che piacciono a chi vuole seminare zizzania», ha detto, senza citare la Francia ma alludendo con chiarezza a essa, tanto che il quotidiano cattolico d'Oltralpe La Croix titola “Le critiche frontali alla Ciase del vescovo incaricato degli abusi” (21/11). Ghizzoni ha aggiunto che gli enti indipendenti di ricerca «hanno fatto danni»; ha ribadito che la CEI non costituirà «una commissione nazionale composta da persone che non sanno nulla della vita della Chiesa»; ha ridicolizzato l'iter di verità e giustizia affermando che alla CEI «non interessa mettere alla berlina preti e vescovi». E poi ha stabilito una scala di gravità degli abusi, affermando che il caso di «un prete che abusa una sola volta perché magari ubriaco o perché provocato in situazioni provocanti» (sic!) non è grave quanto quello di un abusatore seriale».
La relazione di Ghizzoni era l'ultima del convegno. È stata preceduta da quella di don Fortunato Di Noto, dell'Associazione Meter contro la pedofilia e la pedopornografia e dall'intervento della psicoterapeuta, referente diocesana e coordinatrice regionale del Lazio Vittoria Lugli, nonché da due testimonianze di vittime: la prima abusata in contesto familiare (dal nonno), la seconda in contesto sportivo (dall’allenatrice).
Di abusi da parte di membri del clero non si parla. Di Noto, riportando dati sulla pedopornografia e sull'utilizzo di internet da parte dei minori a livello globale e nazionale, ha sottolineato che «il problema degli abusi non è nella Chiesa ma è nell'uomo, che non sa gestire le sue pulsioni»: «Non siamo qui a fare denunce, a distruggere il mondo», ha detto, insistendo sul fatto che «non bisogna avere fiducia nelle proprie forze ma in quelle della fede».
La prima testimone, raccontando la sua storia di abuso e il suo percorso spirituale all'interno del cammino neocatecumenale, ha detto che «con l'aiuto di Dio e della psicologa cristiana» ha «imparato a chiedere perdono»; a 35 anni, «ho saputo mettermi nelle mani di una psicoterapeuta, alla quale ho chiesto di essere salvata dal mio dolore e di riuscire a incontrare Dio in maniera intima».
Ha sottolineato l’«incontro con una dottoressa cristiana, che mi ha permesso di sciogliere i miei traumi», e il fatto che «da Dio ho ricevuto il centuplo. Il Signore mi ha scelto tra tanta gente, ha scelto proprio me per essere salvata».
La seconda testimonianza, anonima, è stata affidata a un audio fatto ascoltare in cui la voce di una lettrice presumibilmente esterna raccontava un «rapporto fatto di dipendenza affettiva, basato sul gioco della gelosia», nel quale, da adolescente, ha vissuto «all’ombra di una persona che mi faceva sentire confusa, sbagliata e incompresa».
«Non dobbiamo solo difenderci dagli abusi dei sacerdoti, come vogliono farci credere», ha commentato la psicoterapeuta Lugli nel suo intervento su “La psicoterapia nei casi di abuso: come le neuroscienze possono aprire alla Speranza”. «La Chiesa è un posto sicuro per confidare (sic!) l'abuso del nonno o dell'allenatrice, siamo il Pronto Soccorso».
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