giovedì 10 novembre 2022

GIOVANNI PAOLO II: UN POLITICO FILO USA

 Da Giovanni Paolo II a Francesco: 40 anni e più

José María Castillo

Giovanni Paolo II è stato – dopo Pio IX (sec. XIX) – il papa che ha esercitato un pontificato più lungo (1978 – 2005). A questo pontificato così lungo bisogna aggiungere un altro dato importante: Giovanni Paolo II è stato anche il papa che ha viaggiato di più per il mondo. Già solo per questi due fatti (durata e ampia presenza), Giovanni Paolo II merita un singolare riconoscimento. Inoltre è stato il papa che, secondo il motto del “santo subito”, è stato beatificato e canonizzato dal suo successore, papa Benedetto XVI. E per finire, per quanto riguarda il nostro paese, Giovanni Paolo II è stato il primo papa ad aver visitato lungamente gran parte della Spagna. Abbiamo ragioni (parlando dalla Spagna) per esprimere il nostro riconoscimento e la nostra gratitudine per il 40° anniversario della sua ampia e lunga visita nel nostro paese.

Ma in questi 40 anni la società e i suoi fattori determinanti hanno subito cambiamenti che non potevamo immaginare. 

 

La tecnologia, l’economia mondiale, il potere politico ed altri fattori, che non analizzeremo qui, hanno scatenato trasformazioni così profonde che (40 anni fa) non potevamo nemmeno sospettare. 

 

Basti pensare, ad esempio, al cambiamento climatico che stiamo iniziando a subire.

 

Di fatto, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso il declino della Religione ha iniziato ad avere un’accelerazione nei paesi più sviluppati. 

 

E papa Wojtyla, educato nella religiosa Polonia, pensava – naturalmente – che il potere politico potesse essere decisivo nel contenere il suddetto declino. 

Da qui gli accordi che, tramite il professor Z. Brzezinski di Harvard, si realizzarono tra papa Wojtyla e il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan.

 

Qual è stato il risultato di questi accordi? Una cosa è certa: il potere militare in Centroamerica si è rafforzato. Il potere che aveva ucciso l’arcivescovo Romero (1980), ha ucciso anche sei gesuiti all’UCA (Università centroamericana di San Salvador) (1979).

Entrambe le esecuzioni sono avvenute con l’approvazione dell’ambasciata americana degli Stati Uniti a San Salvador. Logicamente, san Giovanni Paolo II non ha avuto nulla a che vedere con nessuno di questi crimini.

In ogni caso, è indiscutibile che papa Wojtyla riponeva grande fiducia nel potere politico per compiere il suo dovere. Le persone che hanno vissuto quello che sto per raccontare sono già morte: monsignor Romero – quando era arcivescovo di San Salvador – si sfogò con un prete e gli raccontò quello che stava soffrendo a causa del suo rapporto epistolare con il Vaticano. Molto semplicemente, la corrispondenza epistolare di Romero con il Papa era controllata e censurata dall’ambasciata americana. Naturalmente, questo era un comportamento immorale e grave.

Ma la questione è andata oltre. Un bel giorno l’arcivescovo Romero pensò di dover informare urgentemente Giovanni Paolo II di una questione estremamente grave. Poiché non ci si poteva fidare della “valigia diplomatica”, la lettera di Romero al Papa giunse da San Salvador a Roma nella borsa del Provinciale dei gesuiti centroamericani. Il Provinciale la consegnò a padre Arrupe. E lui, tramite p. Dezza, lasciò la lettera sul tavolo dell’ufficio di Giovanni Paolo II.

Ebbene, la cosa sorprendente è che pochi giorni dopo quella lettera così importante, che trattava questioni di enorme gravità, si trovava nell’ambasciata americana a San Salvador.

Non c’è dubbio: san Giovanni Paolo II ha dato motivi di sospettare che si fidasse di più di Ronald Reagan (in quella questione gravissima) che dell’arcivescovo Romero. E per la cronaca, riferisco queste cose, così gravi e delicate, perché negli anni ‘80 sono stato espulso dalla mia cattedra e dalla Facoltà di Teologia di Granada. 

Decisioni che sono state prese senza farmi nessun processo. Anzi, senza spiegarmi perché quelle decisioni sono state prese. Per questo motivo sono potuto andare in America Centrale. Perché l’UCA non era un’Università che dipendeva dalla Chiesa, ma da un Patronato civile. Anzi, non è che “potevo”, ma “dovevo” andare all’UCA. Perché il potere politico-militare aveva assassinato sei gesuiti e due donne. Cinque delle persone uccise erano professori dell’Università.

Tutto questo è solo un esempio – uno di più – di un comportamento che dura da secoli nella Chiesa: la Religione ha confidato più nel potere politico che nell’esemplarità del Vangelo. E ci sorprenderà il fatto che la Religione sia in declino, mentre i poteri di questo mondo sono quelli che ci dominano?


Ma non tutto è perduto, al contrario. Il papa che abbiamo in questo momento, il padre Jorge Mario Bergoglio, papa Francesco, ha guidato la Chiesa lungo un’altra strada. È la via della sconcertante semplicità, della vicinanza ai più umili, agli emarginati ed agli esclusi. “Se non credete in me, credete alle mie opere” (Gv 10, 37-38). Il comportamento di Gesù deve essere il comportamento della Chiesa.  

___________________________________________________

Articolo pubblicato il 2.11.2022 nel Blog dell’Autore in Religión Digital (www.religiondigital.com)

Traduzione a cura di Lorenzo TOMMASELLI