mercoledì 22 febbraio 2023

TROPPO PRESENTE LA PENA DI MORTE PER CHI DISSENTE

 Pena di morte per reprimere il dissenso

Confronti - Febbraio 2023

Da quando sono scoppiate le manifestazioni contro il regime iraniano, in seguito alla morte di Mahsa Amini, avvenuta il 16 settembre scorso, le autorità del Paese hanno giustiziato - tra l'8 dicembre 2022 e il 7 gennaio 2023 - quattro giovani uomini e condannato a morte diversi altri con l'accusa di aver preso parte al movimento di protesta.

Sebbene la Repubblica islamica dell'Iran sia da lungo tempo uno dei Paesi che maggiormente ricorre alla pena di morte (secondo solo alla Cina), l'emittente France24 riporta che l'incidenza di tali condanne fa indubbiamente pensare a un utilizzo della pena di morte per reprimere il dissenso.

In un comunicato stampa pubblicato il 10 gennaio scorso, l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, ha osservato che i procedimenti penali e la pena di morte sono stati <<strumentalizzati dal governo iraniano per punire le persone che partecipano alle proteste e per incutere timore nella popolazione in modo da reprimere il dissenso, in violazione del diritto internazionale dei diritti umani>>.

Da ultima, mentre scriviamo, è la messa a morte tramite impiccagione dell'ex ministro iraniano Alireza Akbari, con l'accusa di essere una spia dell'intelligence britannica. A far scoppiare il caso diplomatico - nonché reazioni sdegnate in tutto il mondo -  è stato il fatto che Akbari fosse cittadino britannico. [ML]