NICARAGUA:
LA REPRESSIONE COLPISCE ANCHE LA CHIESA.
CONDANNATO MONS. ALVAREZ
ADISTA NOTIZIE - 25 febbraio 2023
di Eletta Cucuzza
MANAGUA-ADISTA - Sconfinate, innumerevoli e per ora inarrestabili le manifestazioni di solidarietà verso il vescovo di Matagalpa, mons. Rolando Alvarez,
che giungono da Chiese e istituzioni nazionali e internazionali. Il
vescovo nicaraguense è stato condannato - in seguito a un processo
velocissimo, senza le dovute garanzie, viene detto - a ventisei anni di
reclusione per <<tradimento della patria>>, <<lesione dell'integrità nazionale>> e <<diffusione di notizie false>>. Secondo fonti giudiziarie interpellate da El Pais, la Procura <<fabbrica le prove>> contro il vescovo Alvarez, sulla base delle sue omelie critiche diffuse sui social network al fine di <<destabilizzare>> il governo. Nient'altro che <<un grande cospiratore>>.
Ad Alvarez è stato offerto, in alternativa alla detenzione, l'esilio. Il suo rifiuto di <<abbandonare la patria>>
è stato netto. La sentenza e il suo fermo atteggiamento lo hanno ora
reso il principale simbolo dell'opposizione interna rimasta nel Paese,
nonché della resistente della Chiesa cattolica. Il vescovo sarebbe
potuto salire sull'aereo per Washington come gli altri 222 prigionieri
liberati ma estromessi dal Paese e privati di tutti i diritti politici
(ora il governo di Madrid ha offerto loro la nazionalità spagnola), una
parte delle centinaia di oppositori arrestati nel contesto della
repressione seguita alle proteste scoppiate nel 2018 contro il
presidente Daniel Ortega e la vicepresidenta e moglie, Rosario Murillo, al potere dal 2007 e successivamente rieletto in contestate elezioni.
In queste settimane il Vaticano, che da marzo 2022 non ha un nunzio a Managua dopo l'espulsione di Waldemar Stanislaw Sommertag, <<ha cercato intensamente - scrive Il Sismografo -
una soluzione "modello Baez", vale a dire far uscire dal Paese il
vescovo presentando il suo comportamento come un generoso gesto del
prelato in risposta ad una richiesta del Vaticano, possibilmente del
Papa stesso. Si dice che sarebbe stato un contributo della chiesa per
abbassare le gravi tensioni che sconvolgono da oltre cinque anni la
società nicaraguense. Ma un "ordine" in tal senso non è mai (o ancora)
giunto dalla Santa Sede. Giunse invece nel 2019, va qui ricordato, per mons. Silvio Josè Baez, vescovo ausiliare di Managua, aperto oppositore del regime della coppia Ortega-Murillo, molto attivo nei social network, dove non ha mai smesso di denunciare gli eccessi governativi.
Il 12 febbraio papa Francesco,
cui è stato spesso rimproverato il silenzio sulla crisi del Nicaragua e
sull'attacco che lì subisce la Chiesa cattolica, ha espresso la sua <<preoccupazione>> per <<il vescovo di Matagalpa, monsignor Rolando Alvarez, a cui voglio tanto bene>> e per <<le persone che sono state deportate negli Stati Uniti. Prego per loro e per tutti quelli che soffrono in quella cara nazione>>, chiedendo <<l'intercessione
dell'Immacolata Vergine Maria, perché apra i cuori dei responsabili
politici e di tutti i cittadini alla sincera ricerca della pace che
nasce dalla verità, dalla giustizia, dalla libertà e dall'amore e si
raggiunge attraverso l'esercizio paziente del dialogo>>.
Il calvario del vescovo di Matagalpa è iniziato nell'agosto scorso,
quando è stato costretto dalla polizia a rimanere chiuso in casa sotto
assedio insieme a una decina di suoi collaboratori. 7 di questi - Ramiro Tijerino, rettore dell'Università Juan Pablo II, José Luis Diaz e Sadiel Eugarrios, primo e secondo vicario della cattedrale di Matagalpa, Raul Vega, e i seminaristi Darvin Leiva Mendoza e Melkin Centeno, oltre al diacono Sergio Cardenas -
sono stati processati a porte chiuse il 10 febbraio scorso e condannati
a 10 anni di reclusione (uno fra costoro non ha accettato di riparare a
Washington). Una sentenza bollata, riferisce Avvenire, come una <<aberrazione giuridica>> dal Centro Nicaraguense per i Diritti Umani (Cenidh), che ha denunciato <<la nuova azione repressiva>> svolta da <<vari giudici che stanno aggiungendo l'interdizione politica a sentenze già passate in giudicato>>.
Ortega in altalena con la Chiesa cattolica
Non
c'è forse altro paese al mondo i cui rapporti con il Vaticano sono così
ai ferri corti, e con azioni così decise. Le condanne di questi giorni
sono state peraltro precedute dall'espulsione dal Nicaragua, nel 2018 di
un sacerdote colombiano e un salvadoregno; nel 2022, del nunzio
apostolico Sommertag e di 18 suore dell'ordine delle Missionarie della
Carità, fondato da Madre Teresa di Calcutta; e, sempre l'anno scorso,
dalla chiusura di 9 radio cattoliche e 3 canali cattolici, tolti dalla
programmazione televisiva in abbonamento. E' stato anche posto un alt a
processioni e pellegrinaggi.
Qual era la situazione fra le due istituzioni prima del 2018? <<Ortega ha sempre cercato di approfittare dell'intenso rapporto dei nicaraguensi con la religione - scrive El País -.
Ci ha provato avvicinandosi, con un perfido calcolo politico, al
cardinale Miguel Obando y Bravo, suo acerrimo nemico negli anni Ottanta
[all'epoca della rivoluzione sandinista], quando fu deposto dalla guida
dell'arcidiocesi di Managua [le sue dimissioni, all'età di 79 anni,
risalgono al 2005, la morte al 2018], la principale del Paese, da un
moribondo Giovanni Paolo II. La sua caduta in disgrazia è stata
l'opportunità di Ortega di raggiungere e attirare il favore della Chiesa>>. Tanto che, seguita il quotidiano spagnolo, <<Obando
divenne suo consigliere spirituale, sposò Ortega e Murillo nella fede
cattolica e chiese perdono per gli "errori del passato". Quando Ortega è
tornato al potere nel 2006, il cardinale era parte attiva del governo
come capo della Commissione per la pace e la riconciliazione, le cui
funzioni in Nicaragua non sono mai state chiare. Quell'alleanza andò a
vantaggio dell'ex guerrigliero, ma ben presto all'interno della chiesa
si levarono voci critiche nei confronti del comandante. Dopo la morte di
Obando, il rapporto Stato-Chiesa ha cominciato a deteriorarsi e Ortega
ha iniziato a vessare i vescovi i critici. Sua moglie ha poi cercato il
favore degli evangelici, la cui presenza in Nicaragua sta crescendo
inarrestabile>>.