martedì 18 luglio 2023

ESPULSIONI

L'UNICA PRATICA POLITICA CHE CONOSCE IL MINISTRO

da Il Manifesto del 6 luglio 2023


Con la commissaria Johansson visita l'hotspot di Lampedusa

Piantedosi annuncia: << Tra un mese primo centro per le espulsioni rapide>>

di Giansandro Merli

Il ministro dell’Interno italiano Matteo Piantedosi e la commissaria europea agli Affari interni Ylva Johansson hanno

visitato ieri l’hotspot di Lampedusa. Nei giorni precedenti la struttura gestita dalla Croce rossa italiana (CRI) era stata

debitamente svuotata: centinaia i migranti trasferiti, poco più di 400 quelli rimasti all’interno. Al termine del tour

istituzionale si è svolto un punto stampa.

Piantedosi ha fatto sapere che in un mesetto sarà pronto il primo centro dedicato alle procedure d’asilo accelerate.

Dove il governo, dando seguito a quanto previsto dal «decreto Cutro», vorrebbe trattenere i richiedenti dei paesi

considerati sicuri per espellere più rapidamente quelli a cui non è riconosciuta la protezione.

Il ministro non ha chiarito se una struttura di questo tipo nascerà anche a Lampedusa. «Vedremo», ha detto

sottolineando l’importanza della funzione di hotspot dell’isola e dei trasferimenti rapidi in altri luoghi. Di sicuro dalla

partita ha deciso di tirarsi fuori la CRI: «non ci sarà un nostro impegno nella gestione di eventuali centri di rimpatrio»,

ha detto il presidente dell’organizzazione Rosario Valastro.

La commissaria Johansson ha ribadito che per l’Unione europea la Tunisia è un partner fondamentale con cui cooperare. Il prossimo accordo con lo Stato nordafricano verterà su tre punti: lotta contro i trafficanti; miglioramento

della capacità di Tunisi di proteggere le sue frontiere; sostegno ai rimpatri dei cittadini di altri paesi che risiedono sul

suo territorio. Nessuna menzione, invece, alle recenti violenze xenofobe, ai discorsi d’odio o alle limitazioni democratiche imposte dal presidente Kais Saied, con cui Roma e Bruxelles stanno negoziando.

Intanto è diventata definitiva la sentenza con cui la Corte europea per i diritti dell’uomo (Cedu) ha condannato l’Italia 

per le condizioni inumane e degradanti e i respingimenti collettivi nell’hotspot di Lampedusa: lo Stato non ha fatto appello.