La fragilità non è una colpa
Partiamo da una premessa: non conosco A., la ragazza che ha denunciato per stupro il figlio del presidente La Russa, non sono andata a guardarmi il suo profilo su TikTok e ho letto in maniera trasversale ciò che di lei è stato scritto negli ultimi giorni. Però, di ragazze che, come lei, sembrano un po' perse ne conosco tante, anzi tantissime, anzi posso dire che la maggior parte delle ragazze (ma anche dei ragazzi) della sua età sono persi, e fragili, e disperatamente alla ricerca di un punto di appoggio, di un qualcosa cui aggrapparsi, anche semplicemente di una certezza: "Sono importante".
Inutile, allora, puntare il dito contro questa giovane donna – come ormai accade sempre più spesso ogniqualvolta ci si trovi di fronte a un caso di abuso; inutile dire o anche solo pensare: se l'è cercata, non ha fatto attenzione, come poteva non immaginare che, prima o poi, sarebbe successo? È inutile. E insopportabilmente violento nei confronti di chi, la violenza, l'ha già subita. Visto che la fragilità non solo non è una giustificazione di molestie, abusi e stupri, ma è semmai un'aggravante. E il concetto di "minorata difesa" non è una formula vuota, e significa che quando si è ubriachi si è più indifesi; quando si è sotto l'effetto di una sostanza stupefacente si è più indifesi; quando mancano le parole giuste per spiegare quello che si prova si è più indifesi; quando si postano sui social video o foto di sé in abiti succinti o vistosi si è più indifesi. Punto.
Diciamolo a tutti i benpensanti o alle benpensanti (ché ci sono casi, come le molestie o gli stupri, in cui la differenza di genere sembra quasi scomparire, e c'è sempre quella madre che, pensando alla propria bambina, si rassicura dicendo: a lei, certe cose, non possono accadere): cercare disperatamente attenzione e sguardi è un modo di chiedere aiuto e di rassicurarsi sul proprio valore.
Okay, dall'altezza della nostra età adulta lo sappiamo che non è così che ci si fa valere, ma chi l'ha spiegato a loro?
Chi si è fatto carico dei loro vuoti o della loro disperazione? Chi è stato in grado di far capire, non solo a parole, ma con l'esempio, che non è un "sei bella" che ci rende importanti? C'è stata la rivoluzione sessuale che ha illuso tante donne che, finalmente, pure loro avrebbero potuto essere davvero libere. C'è stato il #MeToo, che ci ha illuso che la parola delle donne venisse finalmente presa sul serio. C'è stata la pandemia, che ci ha costretto a fare i conti con la vulnerabilità della condizione umana. Ma, a conti fatti, si torna sempre al punto di partenza: chi, ragazza o donna, tiene alla propria integrità, deve fare attenzione a come si veste, a quanto beve, a chi frequenta.
Colpevolizzando tutte coloro che sembrano scostarsi dalla norma. Sebbene la norma, per le ragazze e i ragazzi di oggi, non esista più: loro fanno quello che possono per restare a galla, anche quando, invece di galleggiare, affogano; e,oggi, stanno (quasi) tutte e tutti in alto mare. E come capita sempre quando non si sa bene che dire o cosa fare, si ritirano fuori i vecchi pregiudizi, che tengono caldo perché è l'unica cosa cui aggrapparsi, e allora si scivola nel moralismo più bieco: se l'è cercata! Siccome ho bevuto o mi sono drogata allora lui (un lui generico, ché poco importa, oggi, chi sia esattamente lui) può scoparmi? Se ho bevuto, lui deve starmi alla larga. Se mi sono drogata, non si deve nemmeno avvicinare. Se è vero, com'è vero, che il discrimine tra il sesso e la violenza è il consenso – cosa su cui, ormai, chiunque è d'accordo – allora questo benedetto consenso si deve essere in grado di poterlo dare. Poi possiamo (e dobbiamo) discutere su come si può manifestare il consenso, se lo si debba sempre e solo esplicitare oppure si possa anche dare in altro modo – visto che avere un rapporto sessuale ha poco a che vedere con l'assunzione di un farmaco o un'operazione chirurgica. Poi possiamo (e dobbiamo) riflettere su cosa rende oggi i nostri ragazzi e le nostre ragazze così fragili, visto che alcol, droga e dipendenze sono il chiaro sintomo di un malessere profondo che noi adulti non vogliamo prendere sul serio. Poi, dicevo. Perché adesso siamo ancora bloccati in quella fase che precede le discussioni più articolare e dobbiamo solo ribadire l'abc del consenso: non se ne può fare economia, e chi non è in grado di darlo, perché in situazione di fragilità, ha tutto il diritto di essere lasciato in pace. E nessuno dovrebbe nemmeno immaginare di poter approfittare della minorata difesa altrui o, peggio ancora, di buttare in faccia alla vittima la colpa dell'accaduto.
Michela Marzano
La Repubblica, 13 luglio