sabato 20 aprile 2024

RIMANERE NEL SIGNORE (eucarestia della comunità del 21/4/24)

            P.       Saluto all’assemblea

         G. È bello costruire insieme questa celebrazione di lode e di ringraziamento. Portiamo qui un tesoro di gioie, di lacrime, di fatiche, di malattia, di guarigione. Portiamo affanni, speranze, affetti, progetti. Consapevoli e forti della nostra amicizia, avviciniamo i nostri cuori, guardiamo verso il cielo, lodiamo il Signore e riprendiamo con fiducia ogni cammino.

Se dentro di noi vi è rumore occorre fare silenzio per riconoscere e restare fedeli alla nostra ricerca. L’ascolto, e il respiro profondo sono due azioni legate tra loro: bisogna saper respirare, è il respiro che ci porta al silenzio. Non temiamo il silenzio. Cerchiamolo, è un dono.

Momento di silenzio

Letture bibliche:

At 9,26-31

26Venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo. 27Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. 28Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. 29Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. 30Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso.
31La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero.

 

1 Gv 3,18-24

Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità.
In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito.
Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato.  Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

 

 

 Gv 15,1-8:

1 «Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.



Riflessione

Le letture mostrano aspetti diversi. Atti, pone l’accento sulla comunione che il credente vive con il Signore e sul come custodire e conservare tale comunione; la seconda lettura va anch’essa a fondo nella dimensione interiore della relazione con il Signore: interiorità, il dentro profondo, evocata dal termine “cuore”. Il testo della prima lettera di Giovanni propone l’obbedienza ai comandamenti, soprattutto al comandamento nuovo dell’amore vicendevole, come elemento fondante e strutturante della comunità cristiana. Vivere l’amore significa manifestare una fede viva e convinta. Le parole di Gesù “Io sono la vera vite” lo situa in relazione sia con il Padre (il vignaiolo) sia con i discepoli (i tralci). Come è essenziale al tralcio rimanere nella vite per fruttificare, così è essenziale al discepolo rimanere, guardare Gesù, instancabile compagno di viaggio, per dare frutti. O perlomeno provarci con onestà. Che significa rimanere? Per Giovanni indica un evento laborioso in quanto designa la maturità del rapporto di fede e di amore verso il Signore. L’amore non è esperienza di un momento, ma è relazione, è storia, è vita quando in esso si rimane. Custodire l’esperienza di amore conosciuta su di sé è essenziale per sviluppare la propria capacità di amare in modo adulto e convincente. E pazienza se a volte è saltellante o discontinua, ma è un insistente ritornare e rimanere nel Signore.
Questo rimanere nell’amore, a colui che ci ha amato per primo, è il nostro grande tesoro che ci fa rimanere - con gli altri - nella vita comune. L’esperienza di fede, rimanere, è esperienza di interiorità e profondità spirituale, è esperienza di perseveranza e di comunione. Possiamo paragonarla ad un allenamento continuo che si nutre nella e della vicinanza al Signore, con e nella preghiera.  È un verbo impegnativo, rimanere. Senza uno spazio di fatica, di comunione personale con il Signore l’“io” non riuscirà a diventare “noi” in modo libero, convinto e pieno d’amore, e rischierà di piegare il “noi” all’“io”.
“Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5). Analogamente Gesù dichiara: “il Figlio non può far nulla da sé stesso, se non ciò che vede fare dal Padre” (Gv 5,19) e: “io non posso fare nulla da me stesso” (Gv 5,30).

Per portare frutto il tralcio deve essere potato, ridotto e tagliato nell’eccedenza, affinché rinasca. È una scelta che costa molto alle piante, (alcuni esperti dicono che l’odore che si sente dopo i tagli dell’erba è un’autentica catastrofe ormonale). Un filo d’erba conosce la spogliazione, la purificazione, sa rinnovare la propria forza. “Portare molto frutto” è spiegato da Gesù con la frase: “diventare discepoli”. A noi che troppo spesso pensiamo di essere già discepoli, di essere già a posto, il vangelo ricorda che ogni giorno è un giorno di cammino rimanendo ancorati alla nostra fonte.

 

Riflessioni comuni

Spezziamo il pane

G. Dio, nella fiducia che vogliamo riporre in Te, oggi noi rinnoviamo il nostro impegno a camminare sulla strada di Gesù, a farci simili a tralci, e ripetiamo il gesto che egli compì con i suoi amici e le sue amiche, prima di essere processato e poi crocifisso. Egli prese nelle sue mani il pane e dopo aver alzato gli occhi al cielo per benedire il Tuo nome, lo divise dicendo: “Prendete e mangiatene tutti. Questo pane che spezziamo e mangiamo, sotto lo sguardo di Dio, è il segno della mia vita, il significato della mia esistenza. Se ogni giorno voi condividerete i doni che Dio vi ha fatto, sarete il mio corpo, la mia vita nel mondo”.

 

          Preghiera di condivisione

          Momento di silenzio

          Preghiere spontanee

          Padre nostro

1) Siamo piccole creature sparse nell’immensità: ci affidiamo a Te, Dio che ami chi è debole. Come Aronne vorremmo dire: “Manda un altro”, ma è proprio ad ogni cuore piccolo che Tu rivolgi l’invito a muoversi verso l’amore. Tu tieni in gran conto ogni nostro piccolo passo.

 

2) Tu, o Dio, hai la pelle diversa dell’emigrato, hai il volto disperato della bimba abusata,

Tu ascolti il grido di chi è abbandonato, Tu sei vicino a chi abita una terra straniera.

 

1) Aiutaci, o Dio, a non spegnere nessuna fiamma, a non tagliare le ali a chi vola verso la felicità, a non vanificare mai il seme della Tua parola.

 

2) insegnaci a seminare anche tra le pietre, a salutare

ogni giorno che ci viene concesso come

un nuovo tempo di fiducia e di costruzione.

Saluto finale

Amiche e amici,

accogliamo con serenità questa giornata. Abitiamo le vie del mondo custodendo nel cuore la promessa di Dio. Accogliamo i doni che ci vengono dati aiutandoci vicendevolmente.

 

 

Gilda Pozzati - Comunità Cristiana di Base di Via Città di Gap, 13 – Pinerolo

Domenica 21 aprile 2024