P. Saluto all’assemblea
G. È bello costruire insieme questa
celebrazione di lode e di ringraziamento. Portiamo qui un tesoro di gioie, di
lacrime, di fatiche, di malattia, di guarigione. Portiamo affanni, speranze,
affetti, progetti. Consapevoli e forti della nostra amicizia, avviciniamo i
nostri cuori, guardiamo verso il cielo, lodiamo il Signore e riprendiamo con
fiducia ogni cammino.
Se dentro di noi vi è rumore occorre fare
silenzio per riconoscere e restare fedeli alla nostra ricerca. L’ascolto, e il
respiro profondo sono due azioni legate tra loro: bisogna saper respirare, è il
respiro che ci porta al silenzio. Non temiamo il silenzio. Cerchiamolo, è un
dono.
Momento di silenzio
Letture bibliche:
At 9,26-31
26Venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai
discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un
discepolo. 27Allora Bàrnaba lo
prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il
viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva
predicato con coraggio nel nome di Gesù. 28Così egli poté stare con loro e andava e veniva
in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. 29Parlava e discuteva con quelli di lingua greca;
ma questi tentavano di ucciderlo. 30Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero
partire per Tarso.
31La Chiesa era
dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria: si consolidava e
camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo,
cresceva di numero.
1 Gv 3,18-24 Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti
e nella verità. |
Gv 15,1-8:
1 «Io sono la vite vera e il Padre mio è
l'agricoltore. 2Ogni tralcio che
in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota
perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non
può portare frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se
non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta
molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il
tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in
voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che
portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
Riflessione
Le letture mostrano aspetti diversi. Atti, pone l’accento sulla comunione
che il credente vive con il Signore e sul come custodire e conservare tale
comunione; la seconda lettura va anch’essa a fondo nella dimensione interiore
della relazione con il Signore: interiorità, il dentro profondo, evocata dal
termine “cuore”. Il testo della prima lettera di Giovanni propone l’obbedienza
ai comandamenti, soprattutto al comandamento nuovo dell’amore vicendevole, come
elemento fondante e strutturante della comunità cristiana. Vivere l’amore
significa manifestare una fede viva e convinta. Le parole di Gesù “Io sono la
vera vite” lo situa in relazione sia con il Padre (il vignaiolo) sia con i
discepoli (i tralci). Come è essenziale al tralcio rimanere nella vite per
fruttificare, così è essenziale al discepolo rimanere, guardare Gesù,
instancabile compagno di viaggio, per dare frutti. O perlomeno provarci con
onestà. Che significa rimanere? Per Giovanni indica un evento laborioso in
quanto designa la maturità del rapporto di fede e di amore verso il Signore.
L’amore non è esperienza di un momento, ma è relazione, è storia, è vita quando
in esso si rimane. Custodire l’esperienza di amore conosciuta su di sé è
essenziale per sviluppare la propria capacità di amare in modo adulto e convincente.
E pazienza se a volte è saltellante o discontinua, ma è un insistente ritornare
e rimanere nel Signore.
Questo rimanere nell’amore, a colui che ci ha amato per primo, è il nostro
grande tesoro che ci fa rimanere - con gli altri - nella vita comune.
L’esperienza di fede, rimanere, è esperienza di interiorità e profondità
spirituale, è esperienza di perseveranza e di comunione. Possiamo paragonarla
ad un allenamento continuo che si nutre nella e della vicinanza al Signore, con
e nella preghiera. È un verbo
impegnativo, rimanere. Senza uno spazio di fatica, di comunione personale con
il Signore l’“io” non riuscirà a diventare “noi” in modo libero, convinto e
pieno d’amore, e rischierà di piegare il “noi” all’“io”.
“Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete
far nulla” (Gv 15,5). Analogamente Gesù dichiara: “il Figlio non può far nulla
da sé stesso, se non ciò che vede fare dal Padre” (Gv 5,19) e: “io non posso
fare nulla da me stesso” (Gv 5,30).
Per portare frutto il tralcio deve
essere potato, ridotto e tagliato nell’eccedenza, affinché rinasca. È una
scelta che costa molto alle piante, (alcuni esperti dicono che l’odore che si
sente dopo i tagli dell’erba è un’autentica catastrofe ormonale). Un filo
d’erba conosce la spogliazione, la purificazione, sa rinnovare la propria
forza. “Portare molto frutto” è spiegato da Gesù con la frase: “diventare
discepoli”. A noi che troppo spesso pensiamo di essere già discepoli, di essere
già a posto, il vangelo ricorda che ogni giorno è un giorno di cammino
rimanendo ancorati alla nostra fonte.
Riflessioni comuni
Spezziamo il pane
G.
Dio, nella fiducia che vogliamo riporre in Te, oggi noi rinnoviamo il nostro
impegno a camminare sulla strada di Gesù, a farci simili a tralci, e ripetiamo
il gesto che egli compì con i suoi amici e le sue amiche, prima di essere
processato e poi crocifisso. Egli prese nelle sue mani il pane e dopo aver
alzato gli occhi al cielo per benedire il Tuo nome, lo divise dicendo:
“Prendete e mangiatene tutti. Questo pane che spezziamo e mangiamo, sotto lo
sguardo di Dio, è il segno della mia vita, il significato della mia esistenza. Se
ogni giorno voi condividerete i doni che Dio vi ha fatto, sarete il mio corpo,
la mia vita nel mondo”.
Preghiera
di condivisione
Momento di silenzio
Preghiere
spontanee
Padre
nostro
1) Siamo piccole creature sparse nell’immensità:
ci affidiamo a Te, Dio che ami chi è debole. Come Aronne vorremmo dire: “Manda
un altro”, ma è proprio ad ogni cuore piccolo che Tu rivolgi l’invito a muoversi verso
l’amore. Tu tieni in gran conto ogni nostro piccolo passo.
2)
Tu, o Dio, hai la pelle diversa dell’emigrato, hai il volto disperato della
bimba abusata,
Tu ascolti il
grido di chi è abbandonato, Tu sei vicino a chi abita una terra straniera.
1)
Aiutaci, o Dio, a non spegnere nessuna fiamma, a non tagliare le ali a chi vola
verso la felicità, a non vanificare mai il seme della Tua parola.
2)
insegnaci a seminare anche tra le pietre, a salutare
ogni giorno che ci viene
concesso come
un nuovo tempo di
fiducia e di costruzione.
Saluto finale
Amiche e amici,
accogliamo
con serenità questa giornata. Abitiamo le vie del mondo custodendo nel cuore la
promessa di Dio. Accogliamo i doni che ci vengono dati aiutandoci
vicendevolmente.
Gilda
Pozzati - Comunità Cristiana
di Base di Via Città di Gap, 13 – Pinerolo
Domenica 21 aprile
2024