mercoledì 15 maggio 2024

Il cacao dal gusto meno amaro

Il piacere del cioccolato sta diventando più costoso. Di recente il prezzo del cacao ha raggiunto il record di 12.000 $ alla tonnellata. Ma questo non porta benefici ai coltivatori, che vivono una situazione molto difficile. Le cause principali sono la scarsità di raccolti in Africa occidentale (dove si produce il 70% delle fave), le malattie delle piante e le condizioni metereologiche avverse dovuta al fenomeno del Nino.  Dietro la crisi, però, ci sono anche problemi di lungo corso, dai cambiamenti climatici ai salari dei coltivatori, troppo bassi per permettergli di investire nella produzione. 

Il costo del cacao incide per appena un decimo sul costo di produzione di una tavoletta di cioccolato. In Africa nove coltivatori di cacao su 10 hanno piantagioni piccole, mentre il mercato dei prodotti confezionati è dominato dalle multinazionali. Secondo un rapporto dell'ong Oxfam, nel 2023 la Lindt, la Mondelez e la Nestlé insieme hanno ricavato 4 miliardi di dollari dalla vendita del cioccolato, mentre la Hershey ha guadagnato 2 miliardi. Tra i due capi della filiera operano trader e speculatori, in un sistema estremamente complicato, instabile e opaco.

Anche se la situazione sembra poco incoraggiante, l'attenzione attirata dal prezzo del cacao e l'introduzione di normative europee sul disboscamento e la trasparenza rappresentano un'opportunità. Le difficoltà dei coltivatori evidenziano un problema sistemico, paragonabile a quello che minaccia il futuro dell'industria del caffè. Davanti al riscaldamento globale, ai tanti conflitti e ai prezzi altalenanti dell'energia, affidarsi al libero mercato è una scelta sbagliata.

Trattare i prodotti alimentari come strumenti finanziari impoverisce gli agricoltori, distrugge le foreste e rende instabili le forniture. La soluzione è fissare un prezzo minimo da pagare ai coltivatori di cacao con contratti a lungo termine. Produrre in modo etico e sostenibile è fondamentale. Ma non lo si può fare affidandosi al libero mercato. 

“The Guardian”, Regno Unito

                                     (tratto da “Internazionale” del 03/05/2024)