La famiglia nell’Antico Testamento
1. La famiglia nei primi capitoli della Genesi
Le prime pagine della Genesi cercano di porre le fondamenta dell'esistenza nel nostro universo. Fra i molti messaggi di testi polivalenti, alcuni trattano della vita umana e, in particolare, della famiglia. Tutti conosciamo i versetti dedicati alla creazione della prima coppia umana in Gn 1,27: "E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò”. Alcuni elementi sono essenziali per il resoconto della creazione attribuito al racconto sacerdotale. Primo, Dio non crea un individuo, bensì una coppia. La vita umana, così come per tutti gli “esseri viventi” è vita dialogale ed è, in gran parte, orientata verso la perpetuazione del genere umano. Lo specifica subito il versetto seguente: “Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra»” (Gn 1,28). Creazione e procreazione vanno di pari passo, almeno di primo acchito. È il messaggio del racconto sacerdotale, certo, scritto in un momento delicato della storia d’Israele, e legato all’esperienza dell’esilio. La terra è vuota, la prima coppia è sola sulla terra. Dio ripete lo stesso messaggio dopo il diluvio in una situazione simile, quando Noè e la sua famiglia escono dall’arca e scoprono un mondo svuotato da tutti i suoi abitanti (Gn 9,1.7).
Un testo meno caonosciuto si trova nel libro di Geremia ove il contesto è nuovamente simile. In una lettera ai primi esiliati, quelli deportati in Babilonia dopo il primo assedio di Gerusalemme nel 597 a.C. e la resa della città decisa del re Yoyakîn (2Re 24,10-17), il profeta trasmette un messaggio divino piuttosto sorprendente: “Costruite case e abitatele, piantate orti e mangiatene i frutti; prendete moglie e mettete al mondo figli e figlie, scegliete mogli per i figli e maritate le figlie, e costoro abbiano figlie e figli. Lì moltiplicatevi e non diminuite. Cercate il benessere del paese in cui vi ho fatto deportare, e pregate per esso il Signore, perché dal benessere suo dipende il vostro” (Ger 29,5-7). “Moltiplicatevi e non diminuite” - era - di-prima-importanza per il profeta Geremia che il popolo deportato non sparisse. In effetti, per Geremia così come per Ezechiele che faceva parte della prima deportazione, i primi esiliati sono quelli che saranno incaricati di ricostruire Gerusalemme e di formare l'Israele del futuro (Ger 29,10-14). Coloro che sono rimasti a Gerusalemme con Sedecia, invece, sono condannati, secondo lo stesso Geremia (29,15-20; cf. Ez 33,23-29).
L’importanza della procreazione è legata, in tutti i tre contesti, a una situazione precaria ove il futuro è incerto. La situazione dell’umanità in Genesi 1 e 9, nel momento della creazione e subito dopo il diluvio si ritrova, con molte sfumature, durante l’esilio: era essenziale, in questo caso, assicurare il futuro del popolo d’Israele.
Aggiungiamo un solo elemento alla nostra riflessione: all’inizio della creazione, troviamo un uomo e una donna, non troviamo due donne o due uomini. Nel mondo biblico, era difficile immaginare qualcosa di diverso e per motivi abbastanza evidenti: la procreazione suppone un maschio e una femmina.
Il secondo racconto della creazione in Genesi 2-3 non aggiunge molto a quanto abbiamo scoperto finora. L’essere umano è “completo” e la vita diventa possibile solo dopo la creazione della donna (Gn 2,18-24). É importante tener conto del contesto letterario ed esistenziale dei primi capitoli della Genesi. Si tratta dell'inizio della vita, e gli inizi hanno un significato fondamentale, nel senso proprio della parola. L'inizio, tuttavia, non esclude ulteriori sviluppi.
2. La famiglia patriarcale degli antenati d’Israele
“Renderò la tua discendenza come la polvere della terra: se uno può contare la polvere della terra, potrà contare anche i tuoi discendenti” (Gn 13,16; cf. 12,2; 15,5; 17,4-6.16.20; 22,17...). La promessa di una numerosa discendenza espressa nell’oracolo divino di Gn 13,14-17 fa parte di un altro contesto che permette di capire meglio la funzione della famiglia nei racconti patriarcali.
Nel libro della Genesi, gli antenati d’Israele “erano in piccolo numero, pochi e stranieri in quel luogo” (Sal 105,12). Una discendenza, e una numerosa discendenza, era pertanto una necessità vitale. Ciò permette di spiegare alcuni tratti delle famiglie patriarcali. Ad esempio, la poligamia non sembra essere un problema. Sara è la moglie di Abramo, però non è l’unica sebbene occupi un rango superiore a tutte le altre. Ismaele è figlio legittimo di Abramo e Agar, secondo Gn 16,1-16. In seguito, Abramo prenderà una terza moglie, Keturà (Gn 25,1-4) e forse altre concubine (Gn 25,5-6).
Isacco, invece, avrà una sola moglie, Rebecca, al contrario di Giacobbe che genera dodici figli e una figlia con due mogli, Lia e Rachele, e le loro due serve, Zilpa e Bila (Gn 29,24.28-29). Tutto sembra perfettamente lecito secondo le usanze del mondo patriarcale. I testi non contengono alcun giudizio nega- tivo in merito. Notiamo, tuttavia, che il problema della sterilità è frequente (Gn 11,30; 16,1; 17,17; 18,11; 25,21; 29,31; 30,1.9). Una causa della sterilità è probabilmente la consanguineità perché gli antenati d’Israele si sposano all’interno della stessa famiglia, e gli sposi sono spesso cugini di primo grado.
Più tardi, Elkanà, il padre di Samuele, avrà anch’egli due mogli, Anna e Peninnà. In questo caso, impariamo che una di esse, Anna, è sterile (1Sam 1,1-2). In tutti questi casi, il contesto è simile: la necessità assoluta di avere una discendenza e l’ostacolo è rappresentato dalla sterilità. Il contesto è, quindi, assolutamente essenziale per interpretare nel modo giusto i tratti particolari della famiglia patriarcale.
3. Il matrimonio in epoca monarchica
Un altro caso, quello della poligamia dei re d’Israele, in particolare Davide e Salomone, può essere spiegato grazie al contesto culturale del tempo. Davide ebbe più mogli (15am 25,43-44; 25am 3,2-5; 5,13-16; 11,27) e il numero delle mogli di Salomone è leggendario: mille (1Re 11,1-3). In questo caso entrano in gioco diversi elementi, in particolare la politica estera. Non meraviglia di sapere che la prima moglie di Salomone è una figlia del faraone d’Egitto (1Re 3,1; 9,24). Le altre mogli di Salomone sono straniere (1Re 11,1-3) e il fatto è condannato dalla Bibbia. Tuttavia, ogni matrimonio significa un’alleanza con un'altra nazione secondo le usanze del tempo. Per Davide, si trattava, in particolare, di unire le diverse parti del suo regno. Il suo matrimonio con Mical, figlia di Saul, dava certamente a Davide un certo diritto a essere uno dei potenziali successori di Saul (1Sam 18,20-27). Infine, in un mondo ove la mortalità infantile era molto elevato, era anche necessario assicurarsi di avere più candidati alla successione sul trono.
5. I due tipi di appartenenza al popolo eletto
Senza entrare nei particolari, osserviamo che il Pentateuco, che rappresenta qualche cosa come la “costituzione”’ del popolo d’Israele, definisce in due modi complementari l’identità di tale popolo. In primo luogo, il libro della Genesi insiste sui legami naturali, i legami di sangue, e quindi sull’appartenenza a una “famiglia ebraica”, vale a dire una famiglia che può dimostrare di discendere da Abramo, Isacco e Giacobbe, ad esclusione di Ismaele, Fsaù, Ammon o Moab, ad esempio. In secondo luogo, a partire dal libro dell’Esodo e fino alla conclusione del libro del Deuteronomio, assistiamo a un altro tipo di relazione basata sull’alleanza con Dio. In questo caso, i legami non sono più “naturali”, sono frutto di una scelta libera e dipendono dall'osservanza fedele della legge. 1 legami famigliari sono certamente ancora essenziali, però non sufficienti per far parte del popolo d’Israele.
ESODO DICEMBRE 2024 La famiglia nell’Antico Testamento, Jean Louis Ska. Biblista