lunedì 31 marzo 2025

La crisi del Servizio sanitario nazionale mette a rischio il rapporto medico-paziente


Oltre il 72% dei cittadini ha verificato un peggioramento del Servizio sanitario nazionale nel tempo. È questo uno dei dati più significativi contenuti nel III Rapporto della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri – FNOMCeO e del Censis, “Centralità del medico e qualità del rapporto con i pazienti per una buona sanità. Alle origini della criticità della condizione dei medici nel Servizio sanitario”.

Per quanto riguarda la percezione dei cittadini, i dati mostrano il gap tra aspettative ed esperienze concrete, il cui esito inevitabile è un’incrinatura nel rapporto medico-paziente.
In concreto, tale rapporto è sempre più schiacciato dai tempi ristretti che gli operatori sanitari possono dedicare all’interazione con pazienti, familiari o caregiver. E origine importante è la carenza di personale, tanto che il 66,4% dei cittadini ha verificato la forte carenza di medici e infermieri e, in particolare, il 64,8% dei residenti nel Nord Ovest, il 61,9% nel Nord Est, il 64% nel Centro e il 71,9% nel Sud e Isole.

Un rapporto incrinato anche dalle esperienze negative vissute dai cittadini nei luoghi essenziali della sanità: al 52,2% dei cittadini è capitato di avere, per sé o per un parente, una brutta esperienza in un Pronto Soccorso (lunghissime attese, carenza di informazioni, ecc.). È capitato in particolare al 45,4% dei residenti al Nord Ovest, al 49% al Nord Est, al 50,4% al Centro, al 60,5% al Sud e Isole. Gli accessi al Pronto Soccorso erano 22,7 milioni nel 2003, 20,6 milioni nel 2013 e 18,4 milioni nel 2023; tuttavia il numero medio di accessi per Pronto Soccorso è aumentato da 34.463 del 2003 a 41.941 del 2013 a 42.386 del 2023. In venti anni quindi si registra un incremento del carico medio teorico per punto di Pronto Soccorso di 7.923 unità annue pari a +23%: dato che mostra plasticamente, sia pure sulla base di un indicatore statistico teorico, l’incremento del carico assistenziale sugli operatori del Pronto Soccorso.

Anche sul territorio, si registra una diminuzione del numero dei medici di medicina generale, con conseguente aumento del numero degli assistiti e dei carichi di lavoro: gli attuali 37.983 medici di medicina generale (Mmg) sono in numero inferiore di oltre 9 mila unità rispetto a 20 anni fa e di oltre 7 mila rispetto a 10 anni fa. Il restringimento della rete di Medici di medicina generale è un processo di lunga deriva, largamente preventivabile. Infatti, per 10 mila abitanti erano 8,2 nel 2003, 7,5 nel 2013 e 6,4 nel 2023. I medici con più di 1.500 assistiti erano meno del 16% nel 2003, il 28,3% nel 2013 e addirittura il 51,7% nel 2023. Sono i numeri di una scarsità crescente di professionisti che raccontano della rarefazione di una rete di tutela sul territorio che, sinora, è stata colmata dall’impegno crescente e dalla buona volontà dei Medici di medicina generale in attività. Impegno che è apprezzato e premiato dai cittadini.

In un contesto di crisi conclamata del Servizio sanitario nazionale il rapporto medico-paziente si va sempre più incrinando. Da santuari inviolabili del bene a luoghi di paura: è questo il rischio evidente per le strutture sanitarie italiane, stando ai numeri dell’inaccettabile violenza che da qualche tempo circonda il sistema sanitario. Sono stati 18.213 gli operatori sanitari coinvolti in aggressioni in un anno: il 26% sono state aggressioni fisiche, circa il 68% verbali e il 6% contro la proprietà. Tra gli operatori sanitari coinvolti, il 64% è di genere femminile e il 36% maschile. Il 60% delle aggressioni ha riguardato infermieri, il 15% medici chirurghi, il 12% operatori sociosanitari e il 3% altri come personale non sanitario. Le aggressioni sono state perpetrate nel 69% dei casi da pazienti, nel 28% da parenti, caregiver e nel 3% da una persona non legata a pazienti. Il 78% delle aggressioni ha avuto luogo in ospedali e il 22% nella sanità del territorio.

Una violenza che porta ad una crescente paura dei medici sul posto di lavoro: il 41,2% dei medici non si sente più sicuro nello svolgere il suo lavoro a cause delle violenze, il 18% ha paura di lavorare di notte, l’11,8% ha paura di recarsi nel suo luogo di lavoro. Per il 91,2% dei medici è sempre più difficile e stressante lavorare nel Servizio sanitario. Inoltre, il 74,6% dei medici sente di lavorare troppo e si sente psicologicamente a rischio burn-out (il 78,4% tra chi lavora negli ospedali).

Il Rapporto mette nero su bianco che senza investimenti, in primis sul personale, tutto peggiorerà, con medici che continueranno sempre più a sentirsi “capro espiatorio” di una situazione in cui sono invece delle vittime.

Medici che si abbandonano all’irresistibile tentazione di fuga dal Servizio sanitario nazionale: il 51,4% di loro dichiara esplicitamente di avere la tentazione di andare a lavorare in un altro Paese. È il 53% tra medici ospedalieri e oltre il 68% tra coloro che lavorano in ospedale e in ambulatorio. Inoltre, il 32,6% vorrebbe cambiare posto di lavoro, ed è oltre il 38% tra chi lavora solo negli ospedali. D’altro canto, l’84,8% dei medici (l’89,5% tra i medici ospedalieri) ritiene di non guadagnare abbastanza per quel che fa e si è vittime.

Giovanni Caprio - Pressenza, 16 marzo 2025