venerdì 14 marzo 2025

FRAGILI, MA SEMPRE CON DIO

 

‘Annuncia un messaggio!’:

e io domando: ‘Che cosa devo annunziare?'.

‘Annunzia che ogni uomo è come l'erba,

la sua consistenza è come il fiore del campo:

secca l’erba, il fiore appassisce

quando il Signore

fa soffiare il vento su di essi.

Sì, l’uomo è come l'erba:

secca l'erba e il fiore appassisce,

ma la Parola del nostro Dio

dura per sempre” (Isaia 40,6-8).

Qui, come già nel salmo 103, avviene la svolia. La fragilità  non viene affatto occultata e mascherata: tutt'altro! Nello  stesso tempo, però, la fragilità va vissuta mettendoci in  relazione con la Parola di Dio, il Suo amore e la Sua fedeltà.  Ancora una volta la fede ebraica ribadisce che tutto sta al  cospetto di Dio, anche le situazioni in cui esperimenùamo  radicalmente la nostra debolezza.

Non si tratta di pensare una vita in cui eliminiamo la nostra  condizione di creature fragili, ma di lasciarci donare la  Parola del Dio fedele, così come Caino si lasciò imprimere  un segno, secondo il mito della Genesi.

La fede mi dice che quando mi vivo come ombra che passa,  cormie erba che fiorisce e subito secca, proprio allora Dio  mi dona la possibilità di accogliere il dono della Sua Parola  e di lasciarmi invadere, consolare, accompagnare e scuotere  dalla Sua promessa. Forse questa parola ci aiuterà a  gustare il breve momento in cui l’erba germoglia, cresce e  fiorisce senza subito imprigionarci nell’ossessione  dell’'imminente rinsecchimento.

 

Fragilità: paralisi o opportunità?

Se non ci lasciamo paralizzare quando scopriamo i nostri  limiti, essi possono rappresentare una opportunità per  ripensare la nostra vita e la nostra sequela di Gesù. Una    =vita [ragile può essere una esistenza aperta al dono di Dio,  alla Sua voce.

 L’importante è che, dentro le nostre I(ragilità, sappiamo  bene in chi confidare, a chi rivolgerci. su chi fare  affidamento. Possiamo riporre la fiducia in idoli vani o  attingere a sorgenti inquinate, come successe ad Israele.

Il profeta Osea muove al popolo questo severo rimprovero:  “Efraim ha chiesto aiuto a chi non poteva dargli niente...  Quando Efraim ha visto le sue malattie e Giuda le sue  piaghe, allora entrambi si sono rivolti al grande re d’Assiria.  Ma egli non ha potuto né aiutarli, nè guarire le loro piaghe”  (Osea 5,11-13).

Dio sa nutrire ibl nostro cammino: non era composta di  ervi quella “grande folla di testimoni” (Ebrei 12,1) che “per  fede” impresse una svolta alla propria vita e ora ci invita a  “correre decisamente la corsa che Dio ci propone” (Ebrei 12,1). Non a caso l'Autore della lettera agli Ebrei ripete ad  ogni riga “per fede”, cioè per la forza che viene da Dio, solo  da Dio.

 

Ancora “per fede”

Tutto oggi ci porta a concentrarci su di noi, sui nostri  problemi, sulle angosce del mondo, oppure a  “imprigionarci” nei nostri affari, nei nostri progetti, nei  nostri cammini.

L'originalità ebraico-cristiana, il tratto irrinunciabile della  nosira fede ci dice che noi siamo la creatura che cresce se ci aggrappiamo alle mammelle di Dio, se ci nutriamo del  latte della Sua Parola, se ci mettiamo in relazione con Lui,  sorgente di vita. Anzi, se ci lasciamo “invadere” dall'amore  di Dio, diventiamo noi stessi “sorgivi” per altri, come è detto  di Gerusalemme. Davvero tempi travagliati quelli del dopo  esilio! La voce profetica non vuole semplificare i problemi:

vuole piuttosto indicare il “luogo” da cui attingere le energie per affrontarli: “Rallegratevi con Gerusalemme, esultate in essa quanti la amate... Così succhierete e vi sazierete alle mammelle delle sue consolazioni: popperete, ristorandovi, alle sue mammelle turgide. Poichè così dice l’Eterno: ...come una madre consola il figlio così io consolerò voi a Gerusalemme. Voi vedrete e il vostro cuore gioirà. le vostre ossa riprenderanno vigore come erba fresca” (Isaia 66,10-14).

Non facciamoci illusioni sui decantati “cammini interiori” oggi tanto di moda. Io “tiro” fuori dalla mia interiorità solo le acque profonde che mi sono state donate da Dio.

La preghiera, come appello a Dio, è la grande e radicale via d’uscita dalla prigionia dell’io.

Se noi ci fidiamo di Dio non otterremo la “miracolosa” liberazione dai mali che minacciano la nostra vita personale, collettiva e sociale, ma sapremo a chi far riferimento per poggiare la nostra esistenza e non dimenticheremo che “Dio solleva il popolo oppresso su ali d'aquila” (Esodo 19,4) e lo porta in braccio.

 

Signore, Dio del mondo e dei cuori,

da quando ho cominciato a conoscermi e amarmi

ho anche cessato di illudermi.

Senza di Te il mondo non troverà la pace,

senza di Te le cose diventano idoli,

senza di Te il divertimento diventa sballo,

senza di Te il potere diventa dominio,

senza di Te la povertà diventa degrado,

senza di Te un oceano diventa uno stagno.

Terrò lo sguardo fisso su Gesù.

seguirò le sue tracce, o Dio,

perchè mi parlano di Te.

Il maestro e profeta di Nazareth

davvero alimentava il suo cuore

e si rivolgeva a Te, Sua sorgente di vita.

Per questo, o Dio, da lui usciva

una corrente di speranza, di gioia

che diffondeva vita, salute, fiducia, amore.

Signore, devo succhiare, poppare alle Tue mammelle

il latte della vita per crescere, amare

e spargere i semi d'amore.

1971