venerdì 14 marzo 2025

speranza e politica

Enrico Peyretti

 

La politica deve «organizzare la speranza», diceva Ossicini. Ma metà degli italiani non spera nella politica, e non vota. Negli Usa molti hanno sperato nell'Imperatore dell'Oro, che promette tutto, e il suo primato su tutto. Ma la speranza politica è prenderce il potere, o favorire relazioni giuste nella “polis” di tutti? Se una società è solo arena di rivali, non è un luogo per vivere. Occorre che le parti non siano fazioni rivali, ma proposte diverse, anche dialettiche, per convergere più avanti di quel che ognuno vede e vuole da solo, Quando Enrico Berlinguer pensava un “compromesso storico” tra cattolici è comunisti sognava un confronto civile, più sicuro e avanzato delle due proposte divise.

Se una società è come la folla di una stazione ferroviaria, un mucchio di individui, con tante direzioni, è solo un coagulo temporaneo. Però, se in quella stazione accade un incidente, e molti accorrono a salvare chi è colpito, si forma una temporanea società, perché l’avversità fa riconoscere ciò che accomuna: la vita umana. La folla diventa società, appare la socialità, come nel Samaritano della parabola: il dolore dell'altro «ti torce le viscere» (dice il testo greco), perché lui è come te, e tu ti fai prossimo a lui, e allora siamo “polis”. I pericoli di oggi possono farci cittadini del mondo?

La diversità di speranze è orientamenti, vale ed è utile in una grande società. Ma non è società se non c'è ciò che unisce. La retorica angusta parlerà di patria, di nazione, di storia, persino di sangue, di razza, e di impero, ma una società è davvero umana se riconosce i valori umani universali, nell’apertura e accoglienza, nella sorte ormai comune di tutti i popoli umani. In Italia, dopo le vergogne e i dolori del fascismo e della guerra, questo valore è stato felicemente formulato nella Costituzione del 1948. Oggi la nostra speranza comune può essere solo l'adempimento politico del dovere assegnato dalla Costituzione al governo eletto dal voto popolare: «È compito della Repubblica» (...), favorire «il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti alla vita del Paese (...) e la pace e la giustizia fra le Nazioni» (art 3 e art. 11). Questo obiettivo va attuato storicamente, anche in modi vari, ma non tradito. Non sei messo a guidare un bus per andare a casa tua, ma per condurre i viaggiatori alla meta comune stabilita. C'è giusta politica se è viva l'etica sociale, comunitaria, nelle circostanze storiche.

Nella gestione della “polis” pluralista si incontrano anche scelte alternative: è necessario, saper decidere, anche in tali casi, col metodo democratico: contare le teste, e non tagliarle. Ma il metodo non è tutto: l’omicidio di guerra votato democraticamente rimane un delitto. Bobbio definiva la democrazia “regole del gioco”, procedura, però affermava che questa concezione è minima, ma “non è affatto avalutativa” (Autobiografia, Laterza 1997, pp- 142-143), ed anzi implica forti valori sociali. La democrazia “si può suicidare”, quando rinnega i valori umani. Hitler fu nominato nella democrazia, poi fece autocrazia violenta. Possiamo sperare di educarci nella saggezza popolare?

Un sistema politico che permetta di sperare insieme, anche dialetticamente, un migliore compimento di ciò che è umano, riconosce anzitutto il valore. universale della persona umana. Se la politica scarta persone o categorie, non è luogo di speranza. Oggi le maggiori politiche non danno speranza davanti ai gravissimi rischi planetari! E grave il fallimento dell’attuale politica. E le promesse magiche di Trump sono volgare potenza. Dunque, la speranza oggi è che il dovere civile sappia disegnare di nuovo impegni comuni, morali e intelligenti, adeguati ai pericoli e alle possibilità umane planetarie. Resistere, lavorare insieme, è speranza attiva.

Rocca, 1 marzo 2025