LA DONNA KAMIKAZE
Sono la donna nera.
la donna senza volto,
la donna non più donna.
Sono la donna strega
che ha sul ventre la morte,
che divora i bambini,
che non prova pietà.
Ma di che cosa parlate?
Che ne sapete, voi?
Nella scuola di Beslan
c'erano due bambini,
seduti accanto a me.
Avevano l'età dei miei gemelli,
la stessa età di Antòn
quando bruciò.
Bruciò il mio bimbo dai capelli neri,
il figlio mio più dolce.
il figlio mio più bello.
Bruciò nella casa,
nel villaggio bruciato,
urlando “Mamma, aiuto...”
ed io sentivo...
Ero a far legna,
quando vennero e bruciarono il paese.
Ero lontana, con l'ascia, come un uomo.
Poiché il mio uomo era già stato ucciso,
tormentato e fatto a pezzi.
Vidi le fiamme e sentii gli urli
e come pazza corsi verso casa.
senza arrivare mai...
Quando arrivai,
Antòn il dolce non gridava più.
E davanti alla porta,
bianco nel sangue rosso,
con la gola tagliata,
stava il gemello suo, Jan Zabulòn,
il gemello più forte e più gagliardo,
e mia madre pendeva dal balcone,
corme un tappeto sopra la ringhiera...
Nella scuola di Beslan
stavano zitti e buoni
i due bambini.
Cercavano i miei occhi.
ma non ebbi pietà:
quando arrivò la fine,
in nome del mio Antòn,
in nome di Jan Zabulòn,
li strinsi a me, come fossero i miei figli,
poi tolsi la sicura sul mio ventre
e gridando li partorii alla morte,
figli della vendetta, del lutto, del dolore.
Anna Maria Bermond