venerdì 14 marzo 2025

Quel pazzo profeta di Nazareth

 

Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era  gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da  tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di  Sidone, che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle  ioro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti  immondi, venivano guariti, Tutta la folla cercava di toccarlo,  perché da lui usciva una forza che sanava tutti.

Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:

«Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.

Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati.

Beati voi che ora piangete, perché riderete.

Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.

Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione.

Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame.

Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.

Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.

Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti (Luca 6, 17-26).

 

Fuggire?

Questa pagina del Vangelo è in qualche modo quasi illeggibile. E' talmente fuori dalle logiche correnti di ieri e di oggi che risulta impossibile commentarla. Eppure non ci è data via di fuga. Davanti a questa pagina “‘sconvolgente” ogni discepolo di Gesù deve sostare. Che si legga il testo di Matteo o quello di Luca, il messaggio è sostanzialmente identico.

Dietro a queste parole ci deve essere un “pazzo” come Gesù, uno che vede il mondo e le persone dal punto di vista di Dio. Forse abbiamo fatto l’orecchio a questo brano, lo abbiamo ascoltato infinite volte e l’abitudine ci priva della capacità di coglierne la paradossalità.

Imparare a leggere con cuore nuovo questo brano, significa riconsiderarlo non come la proposta di una morale impossibile o come un volo poetico, ma come ciò che diventa possibile se noi ci affidiamo interamente a Dio: Si tratta, dunque, di “entrare nel cammino delle beatitudini”, di accoglierle come un dono e una possibilità.

 

Beati, felici, in cammino

Intanto Gesù ci dice che noi siamo figli e figlie di un Dio che ci vuole “felici”. Dio vuole che le Sue creature possano trovare la strada che dà senso ai loro giorni. Per questo le beatitudini si occupano di tutte le dimensioni dell’esistenza. Ci vuole il “pane necessario” per vivere, ma... non di solo pane vive l’uomo. Gesù in tutta la sua vita testimonia con le parole e con le azioni questa volontà di Dio. Felicità: una parola da “maneggiare” con cautela in un tempo in cui si sbandierano le felicità del denaro, del successo, della forza. La società del mercato propone e predica altre “beatitudini”.

 

I tre miti da abbattere

Oggi avere ricchezza significa “essere qualcuno”, contare, possedere sicurezza. La beatitudine non ha il sapore di un invito a restare nella miseria (quanta devastante predicazione ha insegnato la rassegnazione di qua per poter godere di là). I deboli, i poveri sono il segno della presenza partigiana di Dio. Egli è con loro perché si liberino dalla miseria. Ma questa beatitudine con il “guai” del versetto 24 rappresenta uno schiaffo alla vita incentrata sulle ricchezze e per ciascuno di noi una messa in guardia contro il rischio dell’accumulo.

“Se uno, in un mondo di fame e di miseria, riesce, nonostante tutto, a diventare ricco, vuol dire che, dal punto di vista cristiano, in lui deve esserci qualcosa che non va. Ma è evidente che aspettarsi che un ricco accumuli denaro e poi lo distribuisca ai poveri è la stessa cosa che aspettarsi che un cane faccia una bella provvista di salcicce per distribuirle nell’inverno ai lupi affamati. Chi in questo mondo ha la stoffa per diventare un uomo d’affari, potrà affannarsi fino alla fine della vita nella routine del capitale senza rendersi conto di quanto lo separino da tutti i poveri della terra la sua proprietà, la sua casa, la sua villetta in campagna, il suo meritato confort, il suo diritto naturale ad acquisire possessi e proprietà. Nel migliore dei casi riuscirà a dare appena una briciola del suo superfluo, perché è proprio la logica razionale dell’accumulazione del capitale a non consentirgli qualcosa di diverso" (E. DREWERMANN, Dal discorso della montagna, Queriniana pagg. 82-83).

 

La forza

L’altro “mito” che le beatitudini colpiscono frontalimente è quello della forza. Sono quelli che ora se la ridono sprezzanti, la fanno da padroni, che hanno tutto a loro disposizione, che sghignazzano sulle tragedie e, per dirla con le parole del profeta Abacue, “costruiscono una città sul sangue” (2, 12), “rapinano a vantaggio della propria casa per mettere molto in alto il loro nido” (2, 9).

Chi vara in Parlamento leggi che negano i diritti fondamentali delle donne come chi “inventa” armi inesistenti per scatenare una guerra è a servizio della violenza, della volontà di schiacciare e di vincere.

Il teologo Eugen Drewermann nell'opera già citata riflettendo sul “dogma della superiorità statunitense” cita una delirante espressione del presidente Wilson, successore di Roosevelt: “Perché Gesù Cristo non ha saputo dare fino ad ora al mondo l’occasione di seguire la sua condotta? Per quale motivo concepì un ideale, ma non indicò le vie pratiche per mezzo delle quali andare a lui? Per questo motivo io propongo uno schema pratico atto a perseguire i suoi scopi... Io so che tutto il mondo perde il cuore, se l'America si rifiuta di mostrargli la strada... La scena è pronta, la meta è chiara. Non siamo noi ad averla fissata, ma è la mano di Dio a guidarci. Non possiamo tornare indietro. Non possiamo che andare avanti, lo sguardo proteso verso l’alto, lo spirito rinfrancato. Noi seguiamo la visione. Questo è ciò di cui sognavamo fin dalla nostra nascita: in verità l’America deve mostrare la strada... L'America è stata creata per guidare il mondo”. I frutti di questi deliri sono sotto gli occhi di tutti.

Penso che in questi giorni molti “bravi/e cristiani/e” si scandalizzeranno per i baci di migliaia di gay e lesbiche che a Roma, sabato 14 febbraio in occasione del  “Kiss2pacs”, esprimono con questo gesto audace e “provocatorio” il loro diritto ad amarsi alla luce del sole.

Forse questi stessi cristiani non gridano allo scandalo davanti alle violenze quotidiane contro la libertà di espressione, davanti ai licenziamenti, davanti all’impunità di chi fa votare in Parlamento leggi per proteggersi dalla prigione.

 

Contro corrente

Sono parole dure quelle che annunciano opposizioni, persecuzioni e peggio. Il discepolo andrà contro corrente. Gesù non ha insegnato una lezione, ma ha aperto una strada. Chi diventa suo discepolo non può non condividere anche il suo “insuccesso”. Non doveva certo essere troppo allettante per Pietro, Andrea, Maria di Magdala e tutto il gruppo che seguiva Gesù, sentire queste “anticipazioni” del loro maestro, ma il nazareno non nascose mai ai suoi seguaci l’insuccesso che li avrebbe attesi.

Quando Luca e Matteo scrivono il Vangelo hanno già davanti agli occhi questa realtà: se ti metti davvero alla sequela di Gesù non avrai vita facile e dovrai fare i conti con alcune opposizioni e con altrettante emarginazioni. Siamo avvertiti: se cerchiamo il successo, il buon nome, la “benedizione” dei ben pensanti forse è il caso di preoccuparci... Stiamo sbagliando strada.

Franco Barbero, per il Pride di Roma, giugno 2000; su Viottoli 2001