Verso la luce della fede
(Mt 25,1-13)
12.1. Una traduzione
«Il regno dei cieli è simile a dieci ragazze giovani che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di loro erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle ragazze sì destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: ‘Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono’. Ma le sagge risposero: ‘No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene’, Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le ragazze che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre ragazze e incominciarono a dire: 'Signore, signore, aprici!. Ma egli rispose: ‘In verità vi dico: non vi conosco'. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».
12.2. Linee di analisi e d’interpretazione
L'attesa intelligente della venuta del Regno è il tema essenziale della prima delle tre parabole che occupano Mt 25. Un'intelligenza che non ha in sé alcun riferimento di alto profilo speculativo, ma che consente a coloro che la esercitano di vivere da individui responsabili secondo una corretta relazione con Dio, il «partner» decisivo della propria esistenza. Il testo è, in proposito, del tutto eloquente. Esso presenta certamente alcune incongruenze, alcuni aspetti chiaramente inverosimili:
• si parla esplicitamente di nozze e di uno sposo, senza che si faccia cenno alla sposa;
• si evoca la possibilità, in sé assurda, che le cinque fanciulle imprevidenti acquistino dell'olio oltre la mezzanotte;
• si chiudono le porte del luogo della celebrazione nuziale, facendo qualcosa che non ha riscontri nella cultura ambiente di questi testi.
D’altra parte, quello che una parabola offre ai suoi lettori non è anzitutto la logicità ferrea di tutti i suoi elementi, ma un’indicazione di senso fortemente simbolico, che qui è legata, senza equivoci, all'atteggiamento di fondo che l’essere umano è chiamato ad avere dall’hic et nunc sino alla fine del tempo. Un atteggiamento che è sottolineato almeno da due caratteristiche fondamentali:
• l’acume di prepararsi attentamente all'instaurarsi definitivo dell'amore divino, non pensando soltanto all'immediato, ma gettando lo sguardo anche all'avvenire, così da mantenere una virtù solida, capace di affrontare le immancabili prove della stanchezza, dell’illusione, della fretta ansiosa, della distrazione quando l’attesa della parusia si prolunga al di là del previsto;
• l’individualità personale dell’attesa e l'impossibilità di intervenire nell’ambito di un altro: ciascuno deve pensare alla propria situazione, perché, in definitiva, sarà solo lui il responsabile della sua vita di fronte alla «resa dei conti» finale.
La stoltezza (la radice dell’aggettivo môrai = stolte è la stessa del verbo di Mt 5,14 circa la perdita di sapore dei discepoli che non seguano i valori delle beatitudini) o l'assennatezza di cui la parabola parla sono dimensioni etiche connesse ad una prospettiva che non fa riferimento ad una preveggenza di tipo magico.
Si tratta di una sintonia interiore con lo Sposo e di una vigilanza tale da cogliere l’esistenza cristiana nel suo divenire e da collocarla sempre di nuovo sotto il segno della vocazione ricevuta e della responsabilità che tale chiamata e l'attesa conseguente implicano. Il tutto nella consapevolezza, ribadita anche in questo passo matteano, che «non basta essere tra quelli che vanno incontro al Signore, ma il suo arrivo deve essere preparato con perseveranza e costanza, senza delegare niente a nessuno. Infatti il giudizio è personale, e nel momento finale non è più possibile rimediare ad alcuna negligenza». Gesù ha già affermato tutto questo in Mt 7,21-27, alla fine del suo primo discorso nella versione matteana, mettendo a confronto due modi, l'uno intelligente, l'altro stolto di costruire la casa della propria vita. In questa parabola, che apre l’ultimo capitolo dell’ultimo discorso del Nazareno matteano, non si fa altro che realizzare un parallelismo progressivo rispetto a quelle affermazioni del cap. 7.
In che cosa consiste il progresso in termini di contenuto? Nell'approfondimento significativo del rapporto che fonda tali “costruzioni” esistenziali: quello con lo Sposo, con il Dio di Gesù Cristo.
12.3. Spunti di approfondimento formativo
Cercate i passi evangelici in cui Gesù invita i suoi discepoli e gli esseri umani in generale a “vigilare/stare svegli" e delineate le conseguenze etiche quotidiane di tale atteggiamento.
• Cercate i passi evangelici e, più in generale biblici, in cui la “stupidità/stoltezza” è trattata e criticata. Che cosa significa, a partire da tali brani, non essere “stupidi/stolti” nella vita quotidiana?