Pubblichiamo da “Pressenza” del 4/7/25 la prima parte dell’articolo “Ma quale casa?”. La seconda parte sarà pubblicata domani
“Ma quale casa?”
la campagna per introdurre il diritto
all’abitare in Costituzione
(PRIMA PARTE)
Avere un tetto
sopra la testa è giusto, no?
Per questo non
abbiamo un’unica bandiera. Proveniamo da mondi diversi, abbiamo età differenti,
a qualcuno piace il mare, altri non si muovono dalla montagna. Ma una cosa ci
accomuna: crediamo che la casa debba essere riconosciuta concretamente come un
diritto fondamentale della persona.
Alcuni di noi hanno
dato corpo alla protesta delle tende contro il caro affitti, altri si battono
per la giustizia abitativa in associazioni, sindacati o amministrazioni locali.
Da queste esperienze abbiamo imparato che alzando la voce si attira l’attenzione,
ma è parlando piano che si cambiano le cose. Le nostre esperienze, però, sono
solo un piccolo mattone in questo enorme tema che, se ci pensi, riguarda tutte
e tutti. Riduciamo ai minimi termini il problema italiano dell’abitare: nei
centri maggiori le case sono inaccessibili; nei piccoli comuni molte sono
vuote.
Cambiare la
Costituzione significa modificare le regole del gioco. Vuol dire tracciare una
linea netta tra ciò che è lecito, possibile e ciò che è invece inapplicabile.
Occuparsi di casa oggi non implica solo parlare di studenti, caro affitti,
caro-bollette o case popolari. Ma tutte queste e altre cose, insieme. In
sintesi, la nostra proposta vuole introdurre il riconoscimento del diritto
all’abitazione in Costituzione e l’attuazione delle politiche pubbliche
necessarie a tutelarlo. Se approvata, ogni altra norma dovrà adeguarsi a un
principio tanto semplice quanto disarmante: avere un tetto sopra la testa è
giusto.
La proposta di
iniziativa popolare
La presente
proposta di legge di iniziativa popolare mira a modificare la Costituzione al
fine di introdurre elementi per il riconoscimento e la promozione del diritto
all’abitazione e per l’articolazione delle politiche volte a rendere effettivo
il godimento di tale diritto. La codificazione di tale diritto nel testo della
Costituzione italiana rappresenterebbe un passo decisivo per la creazione di
una società più equa, giusta e solidale, in cui ogni individuo possa godere di
una vita dignitosa, che non solo vede l’accesso a un’abitazione adeguata come
bene primario e diritto della persona, ma che pone la stessa come principio in
grado di orientare l’ordinamento e per la futura produzione normativa.
Con la pandemia si
è compreso che la casa può divenire molto più di un luogo fisico: essa può
diventare ufficio, scuola, spazio sociale, ma può anche trasformarsi in una
gabbia. Garantire una casa sicura, dignitosa, e accessibile è il primo passo
per garantire il pieno benessere della persona. Senza una casa, non possiamo
immaginare una vita. Il riconoscimento giuridico del diritto, pur non essendo
espressamente sancito dalla nostra Costituzione, è stato riconosciuto in via
interpretativa dalla Corte dalla Corte costituzionale con un orientamento ormai
risalente e consolidato.
Le sentenze nn.
49/1987, 217/1988, 404/1988 e 119/1999 della Corte Costituzionale, infatti,
hanno rappresentato momenti cruciali per la definizione e il riconoscimento di
tale diritto, creando un percorso interpretativo che ha ispirato la
formulazione di questa proposta. La sentenza n. 217 del 1988, ad esempio, ha
posto l’accento sulla necessità di tutelare la persona in ogni sua dimensione,
qualificando l’abitazione come diritto sociale e riconoscendo che “contribuire
a che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto
l’immagine universale della dignità umana, sono compiti cui lo Stato non può
abdicare in nessun caso”. A questo riguardo, un’altra importante sentenza, la
n. 49 del 1987, aveva già precisato che fosse oltretutto “doveroso da parte
della collettività intera impedire che delle persone possano rimanere prive di
abitazione”, rafforzando anche la rilevanza della sussidiarietà orizzontale,
principio al quale, tra gli altri, questa proposta si ispira individuando nella
Repubblica il titolare dell’obbligo di garantire e promuovere il diritto
all’abitazione.
La sentenza n. 404
del 1988 ha ulteriormente rafforzato tale impostazione, consolidando il
contenuto delle due precedenti sentenze. In tale decisione, la Corte metteva in
evidenza le differenze rispetto alla ’previsione di cui all’art. 47 Cost, il
quale tutela il solo “accesso del risparmio popolare alla proprietà
dell’abitazione”. Nella motivazione si evidenziava come le precedenti pronunce
della Corte avessero invece “una portata più generale”, trattandosi, in quei
due casi, del “fondamentale diritto umano all’abitazione” il quale,
evidentemente, prescinde dal solo profilo della proprietà dell’abitazione
medesima. La Corte rimarcava, nel contesto di un’ordinata gestione del
territorio e della proprietà, che lo Stato deve “impedire che delle persone
possano rimanere prive di abitazione”, ricavando in via interpretativa “un
diritto sociale all’abitazione collocabile fra i diritti inviolabili dell’uomo
di cui all’art. 2 Cost.”. Si affermava inoltre che “indubbiamente l’abitazione
costituisce, per la sua fondamentale importanza nella vita dell’individuo, un
bene primario, il quale deve essere adeguatamente e concretamente tutelato
dalla legge”, con ciò riprendendo una nozione – quella di “bene primario” – già
presente nella giurisprudenza fin dalla sentenza n. 3/1976 e che la presente
proposta di legge intende inserire espressamente nel testo costituzionale.
Ancora, in modo analogo, la sentenza n. 119 del 1999 ribadiva l’importanza del
diritto all’abitazione nel contesto delle politiche pubbliche, sollecitando un
intervento statale che risponda ai bisogni dei cittadini più svantaggiati e che
riesca a sostenere situazioni di emarginazione sociale.
La Corte ha
evidenziato l’esigenza di adottare misure adeguate ad evitare l’’esclusione
abitativa, riconoscendo implicitamente che tale diritto costituisce un elemento
fondamentale del benessere individuale e collettivo. L’importanza di un
riconoscimento forte del diritto all’abitazione è anche ampiamente condivisa a
livello internazionale. La Dichiarazione universale dei diritti umani (art.
25), il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (art.
11) e la Carta sociale europea (art. 31) stabiliscono inequivocabilmente che
l’accesso a un’abitazione adeguata è parte integrante dei diritti umani
fondamentali. Questi trattati e convenzioni internazionali impongono agli Stati
di garantire politiche abitative che assicurino il diritto di ogni individuo ad
una abitazione dignitosa.
Inoltre, diversi
Stati membri dell’Unione europea hanno già esplicitamente riconosciuto tale
diritto nelle loro Costituzioni. Ad esempio, la Costituzione portoghese
all’articolo 65 stabilisce che lo Stato garantisce il diritto ad “un’abitazione
di dimensione adeguata, in condizioni di igiene e conforto, e che preservi
l’intimità personale e la riservatezza familiare”. E ancora, la Costituzione
spagnola afferma al suo articolo 47 che tutti i cittadini hanno diritto a
godere di un’abitazione degna e che la pubblica autorità promuove le condizioni
necessarie per questo. D’altra parte, se si allarga lo sguardo al più vasto
panorama delle Costituzioni mondiali, ci si avvede non soltanto del fatto che
il diritto all’abitazione è riconosciuto in una ampia serie di Costituzioni –
più o meno risalenti – ma sussistono alcune consolidate linee di orientamento
sia sul piano della definizione di tale diritto che sulla sua collocazione
sistematica che, infine, sulla presenza di disposizioni dirette a organizzare e
articolare concrete politiche per l’abitare… (CONTINUA DOMANI)