martedì 8 luglio 2025

 Pubblichiamo da “Pressenza” del 4/7/25 la prima parte dell’articolo “Ma quale casa?”. La seconda parte sarà pubblicata domani

 

“Ma quale casa?”

la campagna per introdurre il diritto

all’abitare in Costituzione


(PRIMA PARTE)

 

Avere un tetto sopra la testa è giusto, no?

Per questo non abbiamo un’unica bandiera. Proveniamo da mondi diversi, abbiamo età differenti, a qualcuno piace il mare, altri non si muovono dalla montagna. Ma una cosa ci accomuna: crediamo che la casa debba essere riconosciuta concretamente come un diritto fondamentale della persona.

Alcuni di noi hanno dato corpo alla protesta delle tende contro il caro affitti, altri si battono per la giustizia abitativa in associazioni, sindacati o amministrazioni locali. Da queste esperienze abbiamo imparato che alzando la voce si attira l’attenzione, ma è parlando piano che si cambiano le cose. Le nostre esperienze, però, sono solo un piccolo mattone in questo enorme tema che, se ci pensi, riguarda tutte e tutti. Riduciamo ai minimi termini il problema italiano dell’abitare: nei centri maggiori le case sono inaccessibili; nei piccoli comuni molte sono vuote.

Cambiare la Costituzione significa modificare le regole del gioco. Vuol dire tracciare una linea netta tra ciò che è lecito, possibile e ciò che è invece inapplicabile. Occuparsi di casa oggi non implica solo parlare di studenti, caro affitti, caro-bollette o case popolari. Ma tutte queste e altre cose, insieme. In sintesi, la nostra proposta vuole introdurre il riconoscimento del diritto all’abitazione in Costituzione e l’attuazione delle politiche pubbliche necessarie a tutelarlo. Se approvata, ogni altra norma dovrà adeguarsi a un principio tanto semplice quanto disarmante: avere un tetto sopra la testa è giusto.

La proposta di iniziativa popolare

La presente proposta di legge di iniziativa popolare mira a modificare la Costituzione al fine di introdurre elementi per il riconoscimento e la promozione del diritto all’abitazione e per l’articolazione delle politiche volte a rendere effettivo il godimento di tale diritto. La codificazione di tale diritto nel testo della Costituzione italiana rappresenterebbe un passo decisivo per la creazione di una società più equa, giusta e solidale, in cui ogni individuo possa godere di una vita dignitosa, che non solo vede l’accesso a un’abitazione adeguata come bene primario e diritto della persona, ma che pone la stessa come principio in grado di orientare l’ordinamento e per la futura produzione normativa.

Con la pandemia si è compreso che la casa può divenire molto più di un luogo fisico: essa può diventare ufficio, scuola, spazio sociale, ma può anche trasformarsi in una gabbia. Garantire una casa sicura, dignitosa, e accessibile è il primo passo per garantire il pieno benessere della persona. Senza una casa, non possiamo immaginare una vita. Il riconoscimento giuridico del diritto, pur non essendo espressamente sancito dalla nostra Costituzione, è stato riconosciuto in via interpretativa dalla Corte dalla Corte costituzionale con un orientamento ormai risalente e consolidato.

Le sentenze nn. 49/1987, 217/1988, 404/1988 e 119/1999 della Corte Costituzionale, infatti, hanno rappresentato momenti cruciali per la definizione e il riconoscimento di tale diritto, creando un percorso interpretativo che ha ispirato la formulazione di questa proposta. La sentenza n. 217 del 1988, ad esempio, ha posto l’accento sulla necessità di tutelare la persona in ogni sua dimensione, qualificando l’abitazione come diritto sociale e riconoscendo che “contribuire a che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana, sono compiti cui lo Stato non può abdicare in nessun caso”. A questo riguardo, un’altra importante sentenza, la n. 49 del 1987, aveva già precisato che fosse oltretutto “doveroso da parte della collettività intera impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione”, rafforzando anche la rilevanza della sussidiarietà orizzontale, principio al quale, tra gli altri, questa proposta si ispira individuando nella Repubblica il titolare dell’obbligo di garantire e promuovere il diritto all’abitazione.

La sentenza n. 404 del 1988 ha ulteriormente rafforzato tale impostazione, consolidando il contenuto delle due precedenti sentenze. In tale decisione, la Corte metteva in evidenza le differenze rispetto alla ’previsione di cui all’art. 47 Cost, il quale tutela il solo “accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione”. Nella motivazione si evidenziava come le precedenti pronunce della Corte avessero invece “una portata più generale”, trattandosi, in quei due casi, del “fondamentale diritto umano all’abitazione” il quale, evidentemente, prescinde dal solo profilo della proprietà dell’abitazione medesima. La Corte rimarcava, nel contesto di un’ordinata gestione del territorio e della proprietà, che lo Stato deve “impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione”, ricavando in via interpretativa “un diritto sociale all’abitazione collocabile fra i diritti inviolabili dell’uomo di cui all’art. 2 Cost.”. Si affermava inoltre che “indubbiamente l’abitazione costituisce, per la sua fondamentale importanza nella vita dell’individuo, un bene primario, il quale deve essere adeguatamente e concretamente tutelato dalla legge”, con ciò riprendendo una nozione – quella di “bene primario” – già presente nella giurisprudenza fin dalla sentenza n. 3/1976 e che la presente proposta di legge intende inserire espressamente nel testo costituzionale. Ancora, in modo analogo, la sentenza n. 119 del 1999 ribadiva l’importanza del diritto all’abitazione nel contesto delle politiche pubbliche, sollecitando un intervento statale che risponda ai bisogni dei cittadini più svantaggiati e che riesca a sostenere situazioni di emarginazione sociale.

La Corte ha evidenziato l’esigenza di adottare misure adeguate ad evitare l’’esclusione abitativa, riconoscendo implicitamente che tale diritto costituisce un elemento fondamentale del benessere individuale e collettivo. L’importanza di un riconoscimento forte del diritto all’abitazione è anche ampiamente condivisa a livello internazionale. La Dichiarazione universale dei diritti umani (art. 25), il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (art. 11) e la Carta sociale europea (art. 31) stabiliscono inequivocabilmente che l’accesso a un’abitazione adeguata è parte integrante dei diritti umani fondamentali. Questi trattati e convenzioni internazionali impongono agli Stati di garantire politiche abitative che assicurino il diritto di ogni individuo ad una abitazione dignitosa.

Inoltre, diversi Stati membri dell’Unione europea hanno già esplicitamente riconosciuto tale diritto nelle loro Costituzioni. Ad esempio, la Costituzione portoghese all’articolo 65 stabilisce che lo Stato garantisce il diritto ad “un’abitazione di dimensione adeguata, in condizioni di igiene e conforto, e che preservi l’intimità personale e la riservatezza familiare”. E ancora, la Costituzione spagnola afferma al suo articolo 47 che tutti i cittadini hanno diritto a godere di un’abitazione degna e che la pubblica autorità promuove le condizioni necessarie per questo. D’altra parte, se si allarga lo sguardo al più vasto panorama delle Costituzioni mondiali, ci si avvede non soltanto del fatto che il diritto all’abitazione è riconosciuto in una ampia serie di Costituzioni – più o meno risalenti – ma sussistono alcune consolidate linee di orientamento sia sul piano della definizione di tale diritto che sulla sua collocazione sistematica che, infine, sulla presenza di disposizioni dirette a organizzare e articolare concrete politiche per l’abitare… (CONTINUA DOMANI)