da Confronti di novembre 2025
BRASILE
di Teresa Isenburg (docente di Geografia economico-politica all’Università di Milano)
Con il processo a Bolsonaro non solo è stata spezzata la secolare pratica di impunibilità per esponenti dell’élite, ma neppure i militari hanno più la garanzia di potere sfuggire al rispetto delle leggi.
L’incursione di Bolsonaro nel massimo livello del potere ha tentato di imporre un modello particolarmente rozzo di questo progetto e con il declino del velenoso carisma del leader (accresciuto anche da un suo comportamento molto poco eroico nella sconfitta) si può ritenere che indebolirà il lascito concettualmente debole di quello che schematicamente si chiama “bolsonarismo” e che si collega alla rete internazionale di settori statunitensi ed europei come Vox in Spagna, Chega in Portogallo, parti della Lega in Italia e che non va sottovalutato per la sua impudica forza di esprimere parole d’ordine primitive e quindi di successo. Sul piano internazionale sembra difficile che il Brasile rinunci all’avvicinamento all’insieme di relazioni culturali, economiche e politiche con il cosiddetto Sud globale, relazioni che consentono anche di sostenere materialmente l’economia. Ma in Brasile come altrove il nodo rimane il decadere della “politica” intesa come arte elevata per condurre una società verso progetti di inclusione sociale e miglioramento culturale e scientifico con la partecipazione consapevole di porzioni consistenti della società nel suo insieme. Forte è l’esigenza di programmi e progetti che volino alto, andando oltre alla costruzione del modesto algoritmo elettorale.