Dove sono i pacifisti? Lettera aperta a Domenico Quirico
Egregio dott. Quirico,
abbiamo
letto il suo articolo su La Stampa di ieri, 17 febbraio 2022, sulla
“scomparsa” dei pacifisti che riproduce un interrogativo più volte
sentito quando si sollevano venti di guerra imminente: Dove sono i
pacifisti?
A questa domanda già Bertha von Suttner aveva risposto nel 1908:
«…i
loro sforzi vanno nel senso di dare un altro fondamento all’intero
sistema di rapporti tra i popoli. Il mondo civilizzato ha bisogno di un
edificio più sicuro contro gli incendi. Ma finché esso persevera nel
fare tetti di paglia e nel versare, per di più, petrolio sugli impianti
di legno, esso sarà per forza preda delle fiamme: quando poi le fiamme
divampano è troppo tardi…».
Nel 2003 le oceaniche manifestazioni
pacifiste, che fecero definire dal New York Times il movimento per la
pace come la “seconda potenza mondiale”, non impedirono le terribili
guerre che hanno devastato interi paesi negli anni successivi,
dall’Afghanistan alla Libia.
Questo significa che non bisogna più
manifestare contro la guerra? Certo che no! E anche oggi, in molte parti
d’Italia e del mondo, si moltiplicano i presidi, gli appelli ai
governi, le manifestazioni contro il pericolo di guerra in Ucraina. Se i
media fossero più attenti a “vedere” e segnalare queste iniziative,
aiuterebbero anche a renderle più efficaci e a moltiplicarsi.
Ma,
soprattutto, il movimento per la pace ha capito che intervenire solo
quando la guerra sta per scoppiare è troppo tardi e dunque pochissimo
utile. Per questo, da anni il lavoro per la pace si sviluppa in mille
impegni quotidiani, a diversi livelli, come testimoniano i siti dei
movimenti pacifisti e nonviolenti, tra cui quello della Rete Italiana
Pace e disarmo, per citarne solo uno, che raccoglie buona parte del
movimento per la pace italiano.
Esso è volto a recidere le radici
della guerra, ovvero a contrastare la produzione e il commercio degli
armamenti nonché la quota destinata alla spesa militare da parte dei
governi, settori per i quali sono costantemente cresciuti gli
investimenti e si sono destinate risorse negli ultimi anni, anche in
tempo di pandemia, senza che i media mainstream, con qualche lodevole
eccezione, quasi se ne siano accorti.
Che cosa pensa, dottor Quirico,
ad esempio, del fatto che lo “sviluppo” di Torino sia affidato
all’industria aerospaziale? Questo significa in gran parte industria
militare, al punto che si prospetta di fare di Torino la seconda sede
europea «per l’insediamento dell’ufficio regionale Nato in Europa», come
si evince dal resoconto ufficiale dell’incontro avvenuto a gennaio tra
le massime autorità civili, accademiche e militari piemontesi e David
van Weel, Assistant General for Emerging Security Challenges della Nato?
È questo lo “sviluppo” di cui abbiamo bisogno?
Infine, un maturo
movimento per la pace sa che essa si costruisce non solo contrastando le
guerre, ma lavorando per la difesa dei diritti umani di tutti. A
partire dai più deboli, dai migranti, dai popoli espropriati delle loro
terre e dalle economie di rapina che deforestano, estraggono risorse e
materie rare per le nostre società dei consumi, alimentando gli
squilibri degli ecosistemi che stanno conducendo verso il disastro
climatico. Una pace positiva significa anche lottare a 360 gradi contro
le intollerabili diseguaglianze e per società più eque, sostenibili e
nonviolente. Per questo il movimento pacifista si vede forse di meno, ma
non è affatto “scomparso”…
Di questo ci farebbe piacere parlare con
Lei, persona che la guerra l’ha conosciuta da vicino. Ci potrebbe
aiutare a rendere più forte ed efficace il nostro impegno per una pace
vera e duratura.
Con viva cordialità, nella speranza di incontrarLa.
Centro Studi Sereno Regis