giovedì 19 novembre 2009

DIVENTARE TESTIMONI DEL REGNO

Giovanni 18,33 - 37
 
Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: "Tu sei il re dei Giudei?". Gesù rispose: "Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?". Pilato rispose: "Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?". Rispose Gesù: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno  fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perchè non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù". Allora Pilato gli disse: "Dunque tu sei re?". Rispose Gesù: "Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce".
 
 
Questa pagina del Vangelo, a parte la pessima abitudine di voler ricavare da una citazione biblica un universo teologico, ha il sapore di un gioco condotto molto abilmente da Gesù.
Gesù è portato davanti al governatore romano. Pilato cerca di fare in modo che Gesù si definisca "re", ma Gesù elegantemente elude la sua domanda: "Sei tu che lo dici". Gesù imprime una svolta a questo botta e risposta e, anzichè definirsi, enuncia con chiarezza la sua funzione: "io vivo per essere tesimone della verità e questo è il compito che ho ricevuto dal padre mio".
 
ORIGINE DELLA FESTA DI CRISTO RE
 
La liturgia cattolica ritaglia oggi per la meditazione questi pochi versetti perchè in questa domenica in tutte le eucarestie viene celebrata la "Festa del Cristo Re".
Come si popssa fondare su questi versetti biblici una certa concezione della "regalità" di Gesù è uno dei tanti "misteri" cattolici che forse possiamo tentare di "svelare".
Ma quando e come nacque nella chiesa cattolica la festa di Cristo Re?
L'iniziativa è assai recente.
Nel 1925, in un momento in cui la cultura, la politica e le masse stavano prendendo distanza dal fenomeno e dal potere religioso, il Papa Pio XI volle affermare "l'universale sovranità di Cristo in tutti i settori" della vita e della storia anche fondando la festa di Cristo Re. Con questa festività religiosa il Papa volle allora esprimere il suo totale disaccordo dal profilarsi di una realtà statuale che non riconoscesse la sovranità della chiesa, sposa del Cristo Re. Egli, anche con questa riaffermazione della centralità e sovranità di Cristo, si preparava a stipulare da posizione forte - come poi avvenne - i "Patti lateranensi e il Concordato tra stato italiano e chiesa" con Benito Mussolini nel 1929.
 
POLVERE IMPERIALE
 
Ovviamente questa festa è stata sopratutto ripresa e rilanciata da papi come Pio XII e Giovanni Paolo II perchè si presta particolarmente a dare forza e prestigio alla chiesa cattolica. Se Cristo è "Re universale", la chiesa acquisisce e gestisce nel suo nome un "potere universale", una posizione regale che la colloca oltre e sopre tuttti i poteri di questo mondo. Per una chiesa che ha un'anima imperiale non è poco poter "legittimare" in questo modo questo suo stile.
E' utile e liberante conoscere questi retroscena che ci forniscono una diversa chiave di lettura.
Sovente l'appiattimento sul presente, senza la conoscenza dei percorsi storici, ci priva di elementi preziosi per una attenta valutazione di fatti ed eventi e dei loro significati.
E' chiaro che una chiesa che si concepisce in termini di regalità e di gloria imperiale, non si fa troppi scrupoli a promuovere quello spettacolo indecente che è stato il giubileo dei militari e l'elogio della "guerra giusta". In fondo i "regni di questo mondo" trovano spesso le loro prime risorse nella forza degli eserciti. Che la mia chiesa, nella sua gerarchia abbia questo cuore imperiale e militarista è qualcosa che non posso scrivere e dire senza profondo dolore, ma, tutto sommato, è un dato di fatto che ha una tragica coerenza. Se vuoi stare al mondo nello stile e nei panni delle grandi potenze, le parate militari e le legittimazioni della guerra, gli incontri tra ufficiali degli eserciti e ufficiali della chiesa sono naturale conseguenza di quella scelta.
 
GESU' SENZA TRIONFALISMI
 
Ma, se torniamo alla pagina evangelica, anche oggi essa riscalda il nostro cuore. Gesù, in quella sovrana libertà che Dio gli ha dato, non si lascia ingabbiare in una definizione, non si lascia attrarre da un titolo glorioso. La polvere imperiale non si è depositata su Gesù. Egli ha percorso le strade della Palestina e ha vissuto l'incontro con le persone (quelle che nei palazzi dei grandi non vengono solitamente ascoltate) come un fratello, un "servitore", un profeta, un testimone dell'amore di Dio.
"Cristo Re" è un immaginario che è l'opposto di Gesù di Nazareth: "sono in mezzo a voi come colui che serve" (Luca 22,27). "Il figlio dell'uomo, ci attesta Matteo 20,28, non è venuto per essere servito, ma per servire". E quante "lezioni" Geù impartisce ai suoi discepoli che spesso erano tentati di comportarsi come i "capi di questo mondo". Lui, il maestro che lava i piedi, non ha ceduto di un palmo alla tentazione del trionfalismo, della carriera, del potere.
Ma c'è di più. Il Vangelo di Giovanni, dopo la narrazione del segno della condivisione dei pani e dei pesci, dice che "Gesù, saputo che stavano per venire e rapirlo per farlo re, si ritirò nuovamente sul monte da solo" (6,15).
 
DIO E I POVERI
 
Per Gesù esiste un solo regno col quale si identifica, al quale aderisce con tutto il cuore. Il "suo" regno è il compimento della volontà del Padre, di "Colui che lo ha mandato". Gesù vive totalmente in riferimento a questa realtà. Il teologo cattolico E. Schillebeeckx dice che Gesù traspone sistematicamente l'epicentro della sua vita in direzione di Dio. Egli, anzi, con la predicazione, con l'esempio della sua vita, con l'insegnamento delle parabole non è semplicemente un maestro che parla di Dio, ma il testimone che cerca di coinvolgere chi lo ascolta perchè si affidi all'azione di Dio. Questo orientamento totale della vita di gesù, questa sua radicale disponibilità alla volontà di Dio, ne fanno per noi il testimone per eccellenza del suo regno.
In questi giorni, di fronte ad una gerarchia cattolica che parla di tutto, lo studioso Umberto Galimberti scrive: "Resta da capire se il cristianesimo ha ancora un anelito di trascendenza o non sia divenuto semplicemente evento mondano..... Incapace ormai di parlare di Dio" (Repubblica 21/11).
Le nostre chiese rischiano proprio di predicare se stesse, di occuparsi della propria immagine, presenza ed efficienza, del loro castello istituzionale e dogmatico. Siamo davvero esposti anche noi, tutti noi, a occuparci d'altro rispetto al "regno di Dio".
 
UNA COMPAGNIA SOLIDALE
 
Il richiamo di Gesù, la puntualizzazzione che egli rivolge a Pilato, il suo vivere per rendere "testimonianza alla verità" sono parole che possono andare diritte al mio, al nostro cuore.
Il senso della nostra fede ha forse il suo centro qui: essere vivi e presenti nel mondo, partecipare alle vicende "mondane" con le nostre responsabilità e con i nostri "talenti" cercando, come singole e come comunità, di testimoniare, cioè di operare in conformità alla sequela di Gesù senza strombazzamenti, senza imporre vernici cristiane, senza grandi comparse, ma anche senza fuggire dall'impegno.
Gesù ha vissuto in pubblico senza farsi pubblicità.
Proprio sulla strada di Gesù, alla sua scuola, dobbiamo imparare come singole persone e come chiese un diverso stile di vita e di presenza nel mondo.
Ma, se siamo attenti/e ai segni dei tempi, al grido di Dio che si esprime in tante voci umane, se prestiamo ascolto alla testimonianza delle scritture, se teniamo il nostro sguardo fisso sul Gesù storico e sulle sue scelte di vita, non avremo difficoltà a vedere quali sono le priorità e gli spazi in cui collocare e seminare amore, impegno, fiducia.
O Dio, che hai seminato nel mondo tanti testimoni del Tuo Regno, aiutaci a cercare vie semplici, povere, umili per incarnare, come ha fatto Gesù, la Tua Volontà.
Libera i nostri cuori e le nostre chiese dall'idolatria di sè, dal potere, dal compromesso.
 
L'ALTRA DIMENSIONE
 
Detto questo, per me regno di Dio significa anche interiorità, capacità di trasformare i nostri cuori, di nutrirli, di "collegarli" alla sorgente che è Dio. Si tratta, a mio avviso, di svestirci delle superficialità, di riscoprire il cammino della preghiera, della meditazione personale, del silenzio profondo. Se non nutriamo le radici, l'albero secca.
Senza nutrimento interiore le parole diventano chiacchiere e l'azione diventa attivismo.
Quando c'è interiorità e calore interiore tutto acquista un significato diverso. Perchè Dio "regni nei nostri cuori" riscopriamo il valore dello stare in silenzio, di riaprire una pagina del vangelo, di ascoltare un racconto di sapienza, di fare un pò di vuoto, di contemplare un fiore, guardare il cielo, deporre un pò di fretta.....
Mentre già s'avverte nell'aria e compare nelle vetrine il frastuono del mercato natalizio, questo affannarsi dietro al nulla, propongo a me e a te una cosa semplice: prendiamoci l'impegno di creare dentro la nostra vita quotidiana tanti momenti di pausa, di silenzio, di ascolto, di interruzione.
 Questo è collirio per i nostri occhi, miele per la nostra bocca, pace per i nostri cuori perchè la vita non diventi un correre dietro al vento.
 
TI BENEDICO O DIO,
 
perchè nella mia vita troppo affannata mi hai sempre regalato, tra una corsa e l'altra, momenti di pausa, di preghiera, di pace.
Tu sei per me il "silenzio che parla", il pozzo verso il quale muovo i miei passi, la sapienza che bussa alla porta del mio cuore.
Tu mi hai sempre fatto incontrare delle persone in cui ho visto brillare un raggio della Tua luce e del Tuo calore, vite semplice dal sapore dell'autenticità con cui ho potuto umilmente scambiare pensieri, esperienze, frammenti di saggezza.
Nella mia piccolezza di creatura accolgo fin dal profondo delle mie viscere il mistero della Tua sottile presenza.
E Ti dico GRAZIE.  Franco Barbero
 
 
 

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