giovedì 30 agosto 2012

COMMENTO ALLA LETTURA BIBLICA

                                                                           DALLA RELIGIONE ALLA FEDE


«Allora si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con le mani immonde, cioè non lavate - i fari sei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi, e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame - quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto:
Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano essi mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E aggiungeva: «Siete veramente abili nell'eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre, e chi maledice il padre e la madre sia messo a morte.  Voi invece dicendo: Se uno  dichiara al padre o alla madre: È Korban, cioè offerta sacra, quello che ti sarebbe dovuto da me, non gli permettete più di fare nulla per il padre e la madre,  annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».

Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e intendete bene: non c'è nulla fuori dell'uomo che entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo».

Quando entrò in una casa lontano dalla folla, i discepoli lo interrogarono sul significato di quella parabola. E disse loro: «Siete anche voi così privi di intelletto? Non capite che tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può contaminarlo, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella fogna?». Dichiarava così mondi tutti gli alimenti. Quindi soggiunse: «Ciò che esce dall'uomo, questo sì contamina l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo». (Marco 7,1-23)



Questa pagina del Vangelo di Marco compare, un po’ contratta e con alcune varianti, anche nel testo di Matteo.

Il redattore del Vangelo sembra, alla prima lettura, dimenticare che non si tratta in primo luogo di un conflitto tra Gesù e quelli venuti da Gerusalemme, ma di una questione molto dibattuta all’interno del giudaismo del tempo.

Gesù si inserisce in questo dibattito tutto interno a Israele e,imparando dai profeti, riferendosi al loro insegnamento, mette in allerta rispètto al pericolo che l’insistenza sul valore della tradizione oscuri l’essenziale che è la volontà di Dio. “ Con la sua critica Gesù prosegue la linea dei profeti” (J. Gnilka).

Come tanti altri profeti e maestri in Israele, Gesù di Nazareth rilegge la storia passata e presente del suo popolo, che spesso è tentato di accontentarsi di tranquillizzanti tradizioni umane a tal punto da invalidare il “comandamento di Dio”.

Questa pagina, dunque, non oppone il gruppo dei discepoli e delle discepole a tutto Israele, ma inserisce Gesù e i suoi seguaci in una posizione precisa, quella che da secoli avevano sostenuto Isaia,Geremia, Ezechiele,Osea…

Sulla scia dei profeti, Gesù ha riportato al centro il “comandamento di Dio”, aiutandoci a capire che,con il pretesto delle nostre tradizioni,noi possiamo “mettere da parte”(versetto 8), “respingere o trascurare” (versetto 9) e addirittura “annullare o invalidare la parola di Dio” (versetto 13).

I tre verbi che il testo greco del Vangelo di Marco usa sono, come ho cercato di tradurre in modo espressivo, molto forti, molto efficaci. Essi sostanzialmente ci dicono che spesso la nostra fede fa naufragio in uno stagno di pie abitudini, tanto rituali quanto quelle di natura biologica.

LA TRAPPOLA

Dentro le insicurezze dell’oggi, con le sue frette e le sue superficialità, le sue ansie e le sue fatiche, siamo tentati di cercare “riposo” e rifugio in comportamenti, idee, mode, istituzioni che troviamo già “pronte per l’uso”. La tentazione di cercare rifugio in tradizioni conosciute e riconosciute dai più ci porta ad intrupparci nella maggioranza e a dispensarci da ulteriori ricerche e dalla fatica di “inventare” nuove risposte.

Oggi, non solo nella chiesa cattolica, soffia un vento tradizionalista e restauratore che invita a guardare al futuro soprattutto come ripetizione del passato.

Non si tratta affatto di buttare a mare tutta la tradizione e le tradizioni, ma di concepirle in maniera storica, come pagine da rileggere, reinterpretare,proseguire.

Nel mio libro “Il dono dello smarrimento” scrivevo: “La tradizione è un oceano mosso e vitale, attraversato da mille correnti: farne una “specchio immobile” significa non riconoscere la vitalità cristiana nei secoli, la sua fioritura plurale, il bisogno di arricchire il tesoro ricevuto e di cambiare molte parole e di spostare molti accenti nella canzone della fede”.

UN’OPERAZIONE PERFIDA E SOTTILE

Anzichè puntare a mettere al centro la pratica di vita e il messaggio di Gesù, in questa Italietta si fa una “macedonia “ di sacro e di profano che è uno degli aspetti più subdoli della “religione civile”.

Che si inauguri una nuova nave, che si apra al traffico un’autostrada, che si consegni un’autoambulanza o una caserma dei carabinieri, che si apra un aeroporto o un centro commerciale….. ecco che arriva qualche prete con l’aspersorio.

In ogni sagra del peperoncino o del carciofo, del tartufo o del pomodoro, del fungo porcino o del formaggio di capra, delle nocciole o delle erbe aromatiche….si infila un santo, un patrono, una madonna, una processione, un prete o un vescovo con la stola. E così non manca nulla. A Siena si benedicono i cavalli del palio cittadino, in mille piazze si benedicono gli asini.

A Pinerolo sul piazzale di San Maurizio il vescovo benedice le auto. Una spruzzatina d’acqua benedetta tranquillizza… Contento il parroco, contento il sindaco, contenti quasi tutti. Il collante sacro della “tradizione popolare” funziona, fa comodo.

In fondo una statua di padre Pio, un rosario appeso in auto, un santino nel portafoglio…..non danno un gran disturbo. In genere i mafiosi avevano stanze piene di madonne statuariamente impassibili a tutti i crimini lì organizzati.

TOGLIERCI LA MASCHERA

Con questa vernice religiosa, con questa patina devozionale ci si sente a posto, persone perbene, in regola. Il formalismo dell’apparire si pone al posto dell’essere. In realtà questa nostra maschera nasconde tanto vuoto. Vedo feste di battesimo o di prima comunione al ristorante dove la coerenza con un percorso di fede è totalmente assente. E’ la chiesa dei certificati, degli atti di battesimo…..

Il Vangelo oggi interpella il nostro vivere quotidiano. Se non coinvolgiamo il nostro cuore nel sentiero di Gesù, fatto di impegno per le persone più deboli ed escluse, possiamo dirci cristiani? La “religione” e queste ritualità verniciate di sacro sono vie maestre dell’ipocrisia.

La fede è una realtà profonda, ci cambia dal di dentro. Io ogni giorno vivo a contatto con le Scritture, ne parlo, prego…ma sono così sicuro di lasciarmi toccare e cambiare la vita fin dal profondo del cuore?

La domanda può valere anche per te, caro fratello, cara sorella che leggi queste righe.