Nel
silenzio assoluto presso il Pa lazzo di vetro di New York si sta
consumando un passo impor tantissimo per la storia
dell’uma nità. Se ne parla sottotraccia, quasi clandestinamente,
soprat tutto in Italia perché a quanto pare que sta linea del
silenzio è stata adottata dal le potenze nucleari cui l’Italia è
fedelmen te allineata ospitando sul proprio suolo depositi di
armamento nucleare statuni tense in ambito Nato e di cooperazione
militare.
Le
grandi potenze sono assolu tamente contrarie a quanto sta avvenen do
in sede Onu ma, non essendo materia del Consiglio di Sicurezza, non
possono nemmeno opporre il diritto di veto. Pe raltro giova ricordare
che le nazioni che possono giocare
quell’incomprensibile Jolly antidemocratico
del diritto di veto corrispondono esattamente alle potenze storiche
che producono e detengono ar mamenti nucleari.
Comunque
la sessio ne, che terminerà il 7 luglio, vuole dare compimento a una
Risoluzione dell’As semblea Generale del 23 dicembre scor so che
stabilisce di avviare negoziati col compito di adottare «uno
strumento le galmente vincolante per proibire le armi nucleari e
volto alla loro totale proibizio ne». Peraltro resta incomprensibile
come sia stato possibile che, pur all’indomani di Hiroshima e
Nagasaki, in cui le armi nucleari si rivelarono come le uniche armi
realmente di distruzione di massa, ci si sia concentrati (pur
lodevolmente) sulle armi batteriologiche (messe al bando nel 1972) e
quelle chimiche (1993), sulle mine antipersona (1997) e sulle cluster
bombs (2008). Ma – giova ribadirlo – le armi nucleari sono le più
devastanti di tutte, le più inumane perché in grado di colpire aree
molto vaste, in maniera indiscrimi nata, ovvero senza discriminare
l’obiettivo e procurando effetti e conseguenze de leterie anche per
il futuro degli uomini e dell’ambiente.
Per
tutte queste ragioni l’obiettivo della discussione in corso
al l’Onu meriterebbe le prime pagine di tut te le testate. È un
appuntamento storico: «Diventeranno legge internazionale
di sposizioni come il divieto di stazionare armi nucleari in Paesi
terzi che è stato incluso nel nuovo testo – fa notare Ange lo
Baracca, docente di Fisica all’universi tà di Firenze e storico
militante della non violenza -. Tali disposizioni creeranno
dif ficoltà per i Paesi Nato che, come l’Italia, ospitano sistemi
nucleari americani sul proprio territorio. I Paesi non nucleari, e
l’opinione pubblica mondiale, avranno co munque a disposizione un
fortissimo strumento di pressione giuridica e mora le e potranno
stigmatizzare di fronte alla storia l’atteggiamento criminale di
colo ro che non si adegueranno ali’ obbligo di eliminare le armi
nucleari».
Una
grande soddisfazione se si pensa che l’iniziativa di mettere al
bando le armi nucleari non è nata da qualche governo ma
dall’opinio ne pubblica, a cominciare da un piccolo gruppo di
esperti, l’IPPNW (International
Physicians for the Prevention of Nuclear War)
che nel 2006 lanciò l’iniziativa glo bale ICAN (in
inglese «Io posso», ma acro nimo di International
Campaign to Abo lish Nuclear Weapons),
che ha coinvolto più di 440 organizzazioni in un centinaio di Paesi,
e ha esercitato una forte pres sione sui rispettivi governi,
approdando il 7 dicembre 2015 alle Nazioni Unite, fa cendo proprie le
finalità della campagna e istituendo un apposito organismo
(Open-ended Working Group). Noi con tinueremo a strappare questo tema
cru ciale e vitale al silenzio perché il maggior numero di persone
sappia.
(Tonio
Dall'Olio, Rocca 1 luglio)