NOI SIAMO CHIESA
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La prolusione di Bassetti al Consiglio Episcopale Permanente: forse ora il
vertice dei vescovi potrebbe facilitare una svolta nella Chiesa
italiana nella direzione del nuovo corso di papa Francesco
La
prolusione del Card. Gualtiero Bassetti al Consiglio Episcopale
Permanente era attesa con particolare interesse per capire se
effettivamente un nuovo corso può avviarsi anche nella Chiesa italiana
senza più i vertici CEI abituati alle vecchie pratiche e alle
discutibili simpatie degli ultimi trent’anni. Quali esse siano state
l’abbiamo detto e scritto un’infinità di volte. La nostra è stata una
critica costante e- ci sembra- sempre motivata . A volte è stata una
vera e propria denuncia.
Ciò
premesso, la prima constatazione è la differenza della prolusione di
Bassetti dagli interminabili interventi di Ruini, autoritari e senza
spazi di possibile dialogo e sempre su una linea poco conciliare (aldilà
di belle parole) . Ugualmente è stata distante dalle relazioni
angosciate di Bagnasco spesso tese solo ad affermare identità e a
indicare antagonisti della Chiesa o a proporre “campagne”. Bassetti non
ha fatto cenno alle unioni civili, al gender, alla legge sul fine vita.
Non ha neanche parlato di due temi caldi di questi giorni, la nomina di
papa Giovanni a patrono dell’esercito e della possibile ripresa della
stagione dei Watileaks in Vaticano e neppure del problema dei preti
pedofili nel nostro paese (argomento all’ordine del giorno della
riunione). Io penso e spero che ciò sia stato perché Bassetti
preferisce che il Consiglio Permanente discuta veramente su questi punti
specifici, senza che si veda scodellata una posizione già definita. Se
così fosse sarebbe una innovazione di metodo importante. Comunque noi,
ora, ci attendiamo posizioni esplicite, chiare dal Consiglio Permanente,
non condivideremo alcun pasticcio o belle parole, come in passato, sul
problema della pedofilia.
Bassetti
ha iniziato riprendendo molto esplicitamente temi caratterizzanti il
messaggio generale di papa Francesco: lo spirito missionario, la
conversione pastorale, il Vangelo sine glossa. Quello di Francesco è “un
messaggio profetico”; esso, per quanto riguarda la Chiesa italiana è
soprattutto contenuto nel suo intervento al convegno di Firenze del
novembre 2015. Il cammino va accelerato: “ è assolutamente necessario un
deciso impegno per rivitalizzare le realtà che già esistono al nostro
interno, ma che forse hanno smarrito la tensione e la capacità di
animazione sul territorio”. E via di questo passo.
Secondo
punto è stata la constatazione della “multiformità” della Chiesa in
Italia, è una ricchezza ma ci vuole dialogo, comprensione reciproca,
collegialità e poi, aggiunge Bassetti, anche una “spiritualità
dell’unità”. Cosa ciò possa essere di diverso dalla pesante struttura
gerarchica di ora non è facile prevedere . Bassetti non parla mai dei
laici, del loro ruolo ecc… ma ciò potrebbe essere un fatto positivo se
lo si intende come rifiuto della tanta demagogia parolaia che si fa su
questa questione da troppo tempo, senza che nulla cambi.
Bassetti
parla poi dei poveri, citando Mazzolari e sponsorizzando la Giornata
mondiale per i poveri indetta per la prima volta dal papa per il 19
novembre, parla dei giovani citando don Milani e La Pira, con
indicazioni non originali ma fortemente sentite. Egli dice “non bisogna
ripetere ad oltranza una serie di frasi mielose e senza sostanza. Sui
giovani, infatti, c’è una drammatica e stucchevole retorica, che
purtroppo non viene sempre supportata dai fatti”. Sulla famiglia non si
ferma su tutte le questioni etiche e giuridiche di cui si discute da
anni ma descrive con efficacia la situazione in cui essa si trova a
vivere (precarietà del lavoro, mobilità sociale, scarso tempo per la
vita famigliare, condizione della donna…) e chiede alle istituzioni
“politiche innovative e concrete” ( vecchie rivendicazioni che forse
hanno ora un segno diverso perché su di esse si concentra l’attenzione,
prima e al di fuori delle solite litanie sulla morale famigliare).
Sulle migrazioni- la questione più delicata-Bassetti è esplicito: “promuovere una pastorale per i migranti significa, prima di tutto, difendere la cultura della vita in almeno tre modi:
denunciando la «tratta» degli esseri umani e ogni tipo di traffico
sulla pelle dei migranti; salvando le vite umane nel deserto, nei campi e
nel mare; deplorando i luoghi indecenti dove troppo spesso vengono
ammassate queste persone.” Poi propone i corridoi umanitari, infine
riprende la linea moderata di Francesco di ritorno dalla Colombia
“salvaguardando i diritti di chi arriva e i diritti di chi accoglie e
porge la mano”. Il punto più interessante di Bassetti mi sembra però un
altro: è quello dove parla di fronteggiare da un punto di vista
pastorale e culturale la diffusione di una cultura della paura e della
xenofobia. Enfatizzare ed alimentare queste paure non è un comportamento
cristiano, egli afferma. E naturalmente la linea favorevole alla
legge dello jus soli è affermata con convinzione. Tutta la destra e i media relativi sono sistemati per bene!
Bassetti
conclude la prolusione riflettendo sul diffuso rifiuto della politica
e, indirettamente, anche sulla vasta opinione di protesta presente nel
paese nel voto e fuori. Il suo è un appello ai cattolici perché
facciano politica, citando La Pira e Paolo VI. “Il vero problema è come portare in politica, in modo autentico, la cultura del bene comune.
Non basta fare proclami. La proclamazione di un valore non ci mette con
la coscienza a posto. Bisogna promuovere processi concreti nella
realtà”. Populismi e qualunquismi di vario tipo sono messi al bando.
La
relazione di Bassetti, per quello che non dice e per quello che
sottolinea (basta con la paura diffusa , sì alla politica buona) mi
sembra crei le premesse per un percorso diverso dal passato della Chiesa
italiana, che non trovi ostacoli nel vertice dei vescovi ma invece
esplicite sollecitazioni. Molto dipenderà anche dalle dinamiche dal
basso e dalla possibile mobilitazione di energie di ispirazione
“conciliare” messe ai margini per anni e ora con le potenzialità di
attivarsi senza timidezze.
Roma, 25 settembre 2017 Vittorio Bellavite, di “Noi Siamo Chiesa”