Newsletter n. 137 del 14 febbraio 2019
LO SGABELLO
Care amiche ed amici,
Ancora una volta si sta sbagliando diagnosi e prognosi rispetto a ciò
che è avvenuto domenica con le elezioni in Abruzzo. Sembra che il tema
sia quello della competizione in atto tra Lega e 5 Stelle, e che tutta
la domanda riguardi il futuro, su come continuerà la gara, se i 5 Stelle
riusciranno a rimontare lo svantaggio in vista delle elezioni europee, o
saranno le opposizioni a trarne vantaggio.
Invece l’Abruzzo ha dimostrato ciò che è già successo e ciò che
certamente avverrà se non sarà interrotto l'attuale corso delle cose.
Ciò che sta per accadere è quanto segue:
- Le
autonomie differenziate che si stanno per concedere alle regioni del
Nord esacerberanno lo squilibrio tra Regioni e Stato, divideranno il
Paese rompendo la condizione di eguaglianza in base al censo, renderanno
più povero ed emarginato il Sud, creeranno disparità di diritti e di
tutele tra chi abita in un luogo o in un altro del nostro Stato
unitario;
- Le
riforme costituzionali in corso trivialmente motivate dal rapporto
costi-benefici, come se fossero la TAV, e dalla lotta contro “la casta”,
revocheranno la centralità del Parlamento, svuoteranno la
rappresentanza, guasteranno il processo legislativo e se approvate con
la probabile maggioranza dei due terzi, saranno sottratte al vaglio del
referendum popolare;
- La
riforma del Codice penale trasformando da eccezione a regola la
violenza esercitata per “legittima difesa” armerà i cittadini,
potenzierà le lobby dei fabbricanti d’armi e indurrà una sempre più
diffusa cultura da Far West;
- Il
passaggio alla fase esecutiva del “decreto sicurezza”creerà folle di
stranieri vaganti per l’Italia senza controlli, negherà loro il nome
all’anagrafe e il diritto a un’esistenza legittima e renderà precaria la
stessa cittadinanza, che ai non meritevoli potrà essere revocata a
discrezione del governo;
- La
perdita di credibilità sul piano internazionale finirà per paralizzare
la politica estera dell’Italia e la speranza stessa di un suo ruolo nel
mondo. Sta già accadendo con la rinunzia alla neutralità nella crisi
venezuelana, che avrebbe dovuto indurre le parti al dialogo, non a
qualunque dialogo ma a quello, come ha scritto il papa a Maduro, “che si
intavola quando le diverse parti in conflitto mettono il bene comune al
di sopra di qualsiasi altro interesse e lavorano per l’unità e la
pace”. Invece l’Italia si è rapidamente riallineata all’ideologia
occidentalistica sempre pronta a interventi violenti nelle sovranità
altrui, con le conseguenze ben note dal Cile di Pinochet al Brasile dei
generali, da Saddam Hussein a Gheddafi, dall’Afghanistan alla Siria, per
ricordare le recenti grandi devastazioni della politica mondiale.
Ciò che è già successo domenica in Abruzzo, non parla dell’Abruzzo, ma
parla dell’Italia. E proprio perché Salvini non c’entra niente con
l’Abruzzo, dovrebbe essere chiaro che la questione è l’Italia.
Ciò che è successo è che si sta compiendo il processo per cui una
minoranza prende il potere, ma non per virtù propria, bensì perché il
sovrano glielo consegna, e si fa sgabello di tale alienato potere.
È accaduto quando il sovrano consegnò il potere a Mussolini, venuto in
vagone letto da Milano mentre le sue comparse facevano la marcia su
Roma; era a capo di una minoranza residuale, reduce dall’interventismo, e
con le idee confuse, ma il sovrano lo mise sul piedistallo e gli lasciò
la scena, senza avvedersi di segnare così la sua fine, il suicidio del
regno.
La Lega era una minoranza in declino, il più vecchio partito tra quelli
esistenti, come è stato ricordato in questi giorni, e mai era stata
capace di egemonia e di dominio: fino a quando il sovrano, ossia il
popolo sovrano, mediante le due forze uscite vittoriose dalle elezioni
del 4 marzo, 5 Stelle e Partito democratico, l’ha messa al potere, le ha
consegnato l’interno, e non solo l’interno, del Paese, le ha dato lo
sgabello di una base parlamentare e di massa e ha portato tutta
l’informazione a farsene eco.
Le elezioni in Abruzzo (non c’è bisogno di aspettare le europee) sono
forse l’ultimo avviso per fermare in tempo la resistibile ascesa. Prima
che le cose più gravi, già annunziate, accadano. Non c’è nessuna
rivoluzione da fare: della mente, certamente sì, ma dal punto di vista
istituzionale basta una crisi di governo. Per molto meno nella
precedente fase della Repubblica la forza di maggioranza, la DC, faceva
le crisi di governo, e fu così che quel partito non si suicidò
anzitempo, e governò per quarant’anni, e fece sì che reggesse l’impianto
democratico e costituzionale, con vantaggio di tutti. Così dovrebbe
fare, oggi non domani, la forza di maggioranza; se è movimento si
muova, faccia politica, rivendichi grandi valori democratici e
nazionali, acquisendo il merito storico di interdire la restaurazione
impietosa della nuova destra.
Il Paese è solido, i sindacati sono di nuovo uniti. Basta togliere lo
sgabello, e comincerà una transizione in vista di costruire poi,
finalmente, il nuovo.
Pubblichiamo nel sito www.chiesadituttichiesadeipoveri.it una puntualizzazione del cardinale Kasper
in merito al cosiddetto “Manifesto della fede” che l’ex Prefetto del
Sant’Uffizio card. Gerard Müller ha divulgato in evidente polemica col
Papa, un triste capitolo del dramma che sta vivendo la Chiesa, su cui
dovremo tornare. Pubblichiamo anche un approfondito esame del
giuslavorista prof. Giuseppe Bronzini sul reddito di cittadinanza,
ai fini di una miglior comprensione dell’istituto, al di là delle
polemiche più contingenti e della stessa sua sorte parlamentare.
Confermiamo che l’assemblea di
“Chiesa di tutti Chiesa dei poveri” sul tema dei popoli frantumati e le
altre urgenze messianiche si terrà il 6 aprile a Roma, nella Sala
Congressi Frentani, in via dei Frentani 4, a partire dalle ore 9. Tutti
possono partecipare e contribuire all’assemblea nelle forme indicate
nella nostra precedente newsletter. Il nostro indirizzo per ogni evenienza è notizieda@chiesadituttichiesadeipoveri.it
Con i più cordiali saluti
www.chiesadituttichiesadeipoveri.it
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