giovedì 18 aprile 2019

Gesù: la preghiera e il corpo
"«E al mattino, quando era ancora buio si alzò e andò in un luogo deserto, là pregava» (Mc 1,35). Nulla ci è detto della preghiera uscita quella mattina dalla bocca di Gesù. Sappiamo solo che era una tefillah jachid, non una preghiera liturgica. Non conosciamo nulla del suo contenuto, ma, dalla tradizione biblica apprendiamo che questo tipo di preghiera è caratterizzata innanzitutto dal grido, dall'invocazione, dal lamento. La radice ebraica e biblica per pregare (pll) non indica mai l'«ufficiale» intercessione sacerdotale, tende piuttosto a esprimere una preghiera di invocazione e di lamento individuale (cfr. ad es. 1Sam 1,10-27; 2 Re 19,15-20; 20,2; 2Cr 32,24; 33,12; Gio 2,2; 4,2; Sal 5,3; 32,6) o collettiva (cfr. ad es. 1Re 8,32-44; Is 16,l2; Dn 9,4). Anzi nei salmi la preghiera (tefillah) si presenta addirittura come il «termine tecnico» per indicare il genere letterario del lamento individuale (Sal 17,1; 86,1; 102,1; 144,1; cfr. Ab 3,1): «Le mie parole ascolta, o Signore, comprendi il mio gemito. Sii attento alla voce del mio grido, o Signore. Al mattino ascolta la mia voce» (Sal 5,2-3). «Preghiera (tefillah) di un afflitto che è stanco e sfoga il suo lamento davanti a Dio» (Sal 102,1) La preghiera è solitaria, non silenziosa. Nel mondo biblico anche la supplica individuale è formulata ad alta voce; tant'è che una preghiera sussurrata come quella di Anna nel santuario è considerata una vera e propria stranezza (1Sam 1,13). La voce, il grido, l'invocazione, i gesti sono le forme di una preghiera che passa attraverso il corpo. Il corpo è quanto ci consente di entrare in contatto con gli altri. Nessuno di noi può entrare in relazione con chi c'è accanto senza passare attraverso la fisicità del corpo, della voce, dello sguardo, dell'abbraccio. Nella preghiera solitaria non si abdica alla fisicità del corpo, la preghiera infatti è posta tutta all'insegna della relazione, dell'incontro. Si è soli, ma si compiono gesti e si innalzano voce e grida per entrare in rapporto con l'Altro che, pur presentandosi anche come distante, è pure colui che si vuole incontrare, e incontrare anche attraverso il proprio corpo, anzi attraverso quel corpo che per le spine della carne in esso infisse, diviene non di rado luogo di abbandono e di prostrazione."

Piero Stefani, La Parola e il commento, Giuntina, Firenze 1993.
Il libro contiene 12 letture bibliche.