L’ora più buia
13-03-2020 - Domenico Gallo da Volerelaluna
L’ora
più buia è il titolo del film di Joe Wrigh che racconta i dilemmi di
Winston Churchill alle prese con la fase più drammatica della guerra,
quando nel maggio del 1940 l’esercito inglese, sconfitto dai nazisti,
stava per essere sopraffatto a Dunquerke.
L’ora
più buia è quella in cui è precipitato il nostro Paese dopo il
drammatico annuncio del Presidente del Consiglio, nella notte di
mercoledì 11 marzo, di ulteriori misure restrittive, quando soltanto due
giorni prima era stato esteso a tutt’Italia il regime più severo
previsto per la Lombardia e le altre zone rosse del Centro-Nord. Non
abbiamo mai vissuto una situazione simile, neanche durante le guerre che
per ben due volte nel secolo scorso hanno sconvolto la nostra vita
collettiva e i destini individuali.
È vero che oggi non ci dobbiamo
confrontare con il carico di morte, di fame e di distruzioni proprio
delle guerre, però siamo in presenza di un male che affligge l’intera
comunità nazionale e impatta sulla vita di ciascuno come negli eventi
bellici. Non era mai accaduto, neanche durante l’ultima guerra che
venissero chiuse tutte le scuole sul piano nazionale, che venissero
chiusi tutti i bar, che venissero chiuse tutte le chiese e non si
celebrasse più messa, che un regime di isolamento simile agli arresti
domiciliari (con facoltà per alcuni di recarsi al lavoro) venisse
imposto a tutta la popolazione italiana.
In
queste ore stiamo sperimentando la fragilità di un sistema economico
sociale fondato sulla potenza della tecnologia e sulla competizione
esasperata a livello globale.
È
chiaro che le misure draconiane (seppur necessarie) adottate possono
funzionare se ci sarà una forte disciplina che può nascere soltanto da
un profondo sentimento di solidarietà nazionale. In altri versanti
drammatici della storia (pensiamo all’8 settembre) il popolo italiano ha
saputo superare i particolarismi, le divisioni, gli egoismi individuali
e trovare una straordinaria capacità di resistenza collettiva. Anche in
questo tornante della storia confidiamo che il popolo italiano darà
prova di impegno solidale nel perseguimento del bene comune.
Questa
epidemia, come tutte le pestilenze passerà, e dopo ci troveremo di
fronte alla necessità di rimboccarci le maniche e di ricostruire il
tessuto economico-sociale lacerato dal virus. Il vero problema è la
risposta che noi sapremo mettere in campo e la lezione che saremo capaci
di trarre da questi eventi. L’esperienza umana ci insegna che da un
male può nascere un bene, il problema è come si reagisce. Dal male
assoluto della seconda guerra mondiale e della Shoà, abbiamo saputo
trarre il bene del ripudio della guerra, della dichiarazione universale
dei diritti umani, delle nuove costituzioni democratiche. E se oggi
l’orizzonte internazionale è diventato di nuovo buio e il male della
guerra è divenuto di nuovo endemico in tante parti del mondo, ciò è
accaduto perché i principali attori della politica internazionale si
sono completamente svincolati da quel sistema di valori generato dalla
lezione della guerra.
Adesso,
per fortuna in modo molto meno drammatico di una guerra, l’epidemia ci
costringe a confrontarci con l’insostenibilità del main stream e dei
miti che ci hanno reso così fragili. A cominciare dall’illusione che si
possa fare a meno di un tessuto di solidarietà sacrificandolo al
predominio degli interessi particolari e che ci possano essere vie di
salvezza individuali che prevalgano sul bene comune. Ha dichiarato il
prof. Marcello Tavio presidente della Società degli infettivologi: «la
grande lezione che ci dà già ora il Coronavirus è che questa sanità si
deve rinforzare. La sanità pubblica non si tocca, se non con gravi
rischi per la popolazione e, come si vede, anche per l’economia. Si vada
a privatizzare qualcos’altro, non la salute».
Il
tema della sanità si incrocia con quello del dissennato progetto di
dividere l’Italia in tanti staterelli, separando i vagoni del Nord dal
resto del Paese. Se c’è una cosa che insegna il dramma dell’epidemia di
COVID-19 è che anche le Regioni “forti” sono deboli, che hanno bisogno
delle Regioni del Sud, come queste hanno bisogno delle Regioni del Nord,
come l’Italia intera ha bisogno del sostegno dell’Europa, perché
nessuno, grande o piccolo che sia, si può salvare da solo.
Dobbiamo
guardare il mondo con occhi diversi per far sì che, uscendo
dall’epidemia, si possano ricomporre le fratture e ricostruire un
tessuto di solidarietà recuperando il primato dei beni pubblici
repubblicani sull’individualismo accecato dal profitto. Solo così
potremo scrutare nella notte oltre quest’ora buia e affrontare
l’interrogativo che pone il profeta Isaia: «sentinella quanto resta
della notte?».