VIGILANTI CONTRO LA BARBARIE
Luca
21, 25 - 36
Vi
saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra
angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti,
mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che
dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno
sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube
con potenza e gloria grande.
Quando cominceranno ad accadere
queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra
liberazione è vicina.
E disse loro una parabola: "Guardate
il fico e tutte le piante; quando già germogliano, guardandoli
capite da voi stessi che ormai l'estate è vicina.
Così pure,
quando voi vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di
Dio è vicino.
In verità vi dico: non passerà questa
generazione finché tutto ciò sia avvenuto.
Il cielo e la terra
passeranno, ma le mie parole non passeranno.
State bene attenti
che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni,
ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi
addosso improvviso;
come un laccio esso si abbatterà sopra tutti
coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra.
Vegliate e
pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a
tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio
dell'uomo".
Come
abbiamo già notato domenica scorsa, i liturgisti cattolici che
hanno individuato le letture bibliche per ogni anno, continuano a
tagliare i passi del Vangelo come fossero parmigiano reggiano.
Vi
suggerisco perciò di leggere l'intero brano, anzi, l'intero
capitolo.
Tra
desolazione e disperazione
Lo
scenario storico al quale più si fa riferimento è quello della
caduta di Gerusalemme ad opera delle truppe romane. Il contesto
spirituale è quello al quale accennavo commentando Marco
13 domenica
scorsa. Tutto sembrò loro crollare e l'orizzonte si fece
cupo.
Adottando un linguaggio apocalittico, l'evangelista vuole
aiutarci a comprendere in quale "clima" i discepoli
del nazareno fossero venuti a trovarsi. E non fu un'impresa da poco
riprendere fiato e rimettersi in cammino quando tutte le speranze di
Israele, di cui si sentivano forti, sembravano svanite, dileguate,
scomparse nel nulla.
Per loro diventa essenziale rifarsi
all'insegnamento ed ancor più al vissuto di Gesù: davanti ai
"crolli", alle delusioni, agli sconvolgimenti più
profondi, Gesù aveva prima di tutto approfondito la sua fiducia
radicale in Dio, aveva approfondito le sue radici nel silenzio,
nella preghiera.
Non era fuggito dalla realtà e non si era
lasciato paralizzare. Luca riflette sul passato e scrive al futuro,
ma in realtà parla e scrive per la sua comunità che vive ancora
tramortita ed incapace di guardare avanti con fiducia. Egli
sintetizza l'insegnamento di Gesù in poche parole: "Drizzatevi
e alzate le vostre teste".
Si trattava di uscire dalla
paralisi, dalla prigionia del passato e dagli incubi del presente,
assumendosi la responsabilità di guardare avanti.
Dentro
questo oggi
Non
possiamo comporre facili equivalenze, ma anche il nostro tempo
registra molti "crolli", molte cadute di orizzonti. Forse
possiamo dire che il nostro cristianesimo, se non si rimette
fortemente in discussione e in stato di conversione, si riduce
sempre più ad una setta spiritualista, madonnara, miracolista,
reazionaria, nostalgica del tempo che fu.
Abbiamo una grande
responsabilità: se ripetiamo semplicemente ai nostri figli le
formule del "Catechismo della Chiesa Cattolica", possiamo
diventare i becchini della loro fede.
Siamo eredi di una
tradizione cristiana in cui esistono anche "pagine"
stupende scritte e vissute da quelle donne e da quegli uomini che
hanno sempre tentato di rinnovare la loro fede, la loro presenza nel
mondo, di reinventare il linguaggio della loro testimonianza.
Oggi
forse ci siamo molto impigriti: ci ripetiamo, trasmettiamo
formulette fuori dal tempo, senza che esse coinvolgano i nostri
cuori.
"Alzatevi": l'invito è forte. Non possiamo
vivere la nostra vita "sdraiati", cioè passivi, o davanti
al televisore, ai teatrini di certi politici o alle prediche di
molti parroci o vescovi.
Se stiamo lì in attesa dell'imbeccata,
se non impariamo a cercare, a documentarci, a farci idee nostre,
siamo cittadini passivi e credenti abitudinari. Tutto sommato,
uomini e donne monotoni, più robot che persone vive e vere.
Certo,
alzarsi, non essere gente che si inchina al capetto, mantenere alta
la nostra dignità è difficile, ma costituisce anche una fonte di
gioia profondissima. E' tempo di dircelo chiaramente: contro la
barbarie bisogna che la fede diventi lotta anche in questa
Italia. In questi giorni siamo chiamati/e a coinvolgersi in ogni forma di lotta rispetto alla violenza contro le donne, assumendo questa cultura delle relazioni paritarie nella chiesa, nella società e nel mondo delle nostre relazioni. Questo significa concretamente rialzare le nostre teste e sapere che si possono fare tanti piccoli passi verso "cieli nuove e terre nuove".
Coraggio
e dignità
Ci
vuole dignità nella vita per non lasciarsi menare per il naso dai
signori di turno.
Per nostra fortuna nella chiesa risuonano anche
tante voci umili e quotidiane che ci richiamano, ci invitano ad
alzarci, ad assumere le nostre responsabilità.
C'è ancora
un'altra stimolante "pennellata" evangelica: "alzate
le vostre teste", cioè guardate avanti, rimettevi in viaggio,
non guardate solo nell'orto di casa vostra.
Se vogliamo davvero,
se non ci nascondiamo dietro montagne di difficoltà reali ed
immaginarie, ognuno di noi può fare qualcosa sul sentiero
dell'onestà, della solidarietà, della pace, del superamento dei
pregiudizi. Papa Francesco, pur con tutti i suoi limiti, è un
testimone di questo spirito evangelico.
Chiamati e chiamate alla responsabilità
Come
si fa a dire che di fronte ai soprusi di chi vuole un "processo
breve" per sottrarsi alla giustizia o di fronte a chi vuole
"purificare" il proprio paese dagli stranieri, non c'è
niente da fare?
Ognuno può dire la sua parola, prender parte a
momenti collettivi di protesta. E voi, cari confratelli, che cosa
aspettate a tuonare dal pulpito contro queste bestemmie?
Troppa
gente nella società e nella nostra chiesa tiene la bocca chiusa e
la schiena curva oppure batte le mani ai venditori di
illusioni.
L'esortazione delle Scritture è consegnata ai nostri
cuori. Possiamo rifiutarla o possiamo lasciarci "rialzare"
per un cammino più consapevole e più fiducioso.
Se ci
arrendiamo, se ci diciamo che "intanto non cambia nulla",
che "io non posso farci niente", ci siamo cercati un alibi
tanto di moda e abbiamo buttato nel cestino o nella pattumiera
questa pagina del Vangelo.
Ma il nostro cuore è più felice se
accoglie l'invito di Dio e si lascia coinvolgere. Non
possiamo attendere che qualcuno risolva i problemi se non ci
mobilitiamo insieme. A Taranto come in Toscana e in Liguria
constatiamo i frutti della devastazione del territorio, dello
sfruttamento delle risorse, del disprezzo della salute dei
lavoratori. Chi ci governa vuole ridurre la vita delle donne e degli
uomini a lavoro e mercato. La crisi
produce disoccupazione , disperazione senza fine e colpisce sempre i
più deboli. Come unico farmaco ci propongono ogni giorno un mercato
di infinite illusioni.
La predicazione del Vangelo non può lasciarci neutrali o indifferenti. Si può essere discepoli del nazareno senza alzare la fronte contro questi soprusi?
Tutti gli Hitler di questo mondo sono arrivati nel tempo dell'addormentamento delle coscienze. Se non alziamo la fronte oggi davanti alla distruzione etica della solidarietà, alla persecuzione dello straniero, alla chiusura dei porti ai migranti….è segno che ci siamo già rassegnati a tutto. La barbarie ha già trovato accoglienza nei nostri cuori.
Ma il Vangelo è un invito al gioioso impegno di coinvolgimento. La gioia più profonda delle nostre vite, la gioia che è a portata di mano per ciascuno e ciascuna di noi, sta nel prendere sul serio il fatto che Dio ci accompagna nel nostro cammino di impegno e di lotta per la giustizia.